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Annunziata Giordano detta Tina

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POTENZA – Non luogo a procedere per l’avvenuto decesso dell’imputato. Si è chiuso così ieri mattina il processo al 54enne siciliano Luigi Costa per la morte della convivente Tina Giordano, l’allora 54enne di Policoro deceduta il 29 settembre 2019 all’ospedale San Carlo di Potenza, dove era stata ricoverata in coma irreversibile, due settimane prima. Con una grave emorragia celebrale, un braccio rotto, e diverse ecchimosi su tutto il corpo.

A dare atto del decesso di Costa, che viveva con Giordano a Policoro da appena due mesi quando è avvenuto l’irreparabile, è stato il presidente della Corte d’assise di Potenza, Rosario Baglioni, che ha anche assolto il figlio di Tina Giordano, Luca Mantaque, da un’imputazione per tentata violazione del domicilio della madre scaturita da alcune querele dello stesso Costa. Assoluzione che era stata richiesta, poco prima in aula, anche dal pm di Matera, Annafranca Ventricelli.

Stando alle poche informazioni trapelate, Costa sarebbe stato trovato privo di vita il 14 dicembre all’interno di un cantiere edile a Roma, dove viveva di espedienti, da senza fissa dimora, dopo aver lasciato la Basilicata. L’insieme delle circostanze del ritrovamento, ad ogni modo, farebbe propendere gli investigatori per un suicidio.

«Sono molto soddisfatta per assoluzione mio assistito, che è stato ritenuto estraneo a tutti i fatti contestati, in base a quanto emerso dall’istruzione dibattimentale sulle accuse che sono nate dalle querele di Costa». Così l’avvocato di Mantaque, la materana Maria Pistone.

«Chiaramente – ha aggiunto il legale – c’è amarezza per non aver potuto ottenere una sentenza di condanna di Costa rispetto a delle prove più che evidenti, ma ci si deve arrendere di fronte agli eventi della vita. La cosa importante è che il mio assistito sia stato mandato assolto perché già il suo rinvio a giudizio aveva costituito una beffa rispetto al danno ricevuto con la perdita della madre, e un processo in Corte d’assise non è una cosa piacevolissima».

Ha spiegato di non avere notizie ufficiali sulle cause del decesso del suo assistito, invece, il difensore di Costa, Giuseppe Rago, che si è riservato per un momento successivo anche una valutazione sugli effetti della pressione mediatica scatenatasi sulla vicenda.

Un tema particolarmente caldo, quest’ultimo, dopo le discussioni suscitate da un altro suicidio clamoroso, avvenuto agli inizi di novembre: quello del 64enne di Forlì, Roberto Zaccaria, smascherato 4 giorni prima dalla trasmissione televisiva di Italia1, Le Iene, come l’uomo che aveva finto di essere una ragazza, su internet, con un 24enne residente del posto, che dopo aver scoperto la verità si era tolto la vita settembre del 2021.

Il processo a Costa era partito un anno e mezzo dopo i fatti, nella primavera del 2021, quando la procura di Matera ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti per l’accusa di maltrattamenti aggravati dall’evento morte. Pur senza chiedere l’emissione di alcuna misura restrittiva nei suoi confronti. Prima ancora dell’inizio dell’udienza preliminare, però, il caso era finito all’attenzione della trasmissione televisiva di Italia1, Le Iene, che aveva “braccato” Costa, a Roma, strappandogli la sua versione dei fatti davanti a una telecamera nascosta, dopo averlo agganciato con lo stratagemma di una finta passante interessata a fare conoscenza. Per poi chiedergli conto direttamente dei presunti maltrattamenti a Giordano e ad altre donne che avevano segnalato i suoi atteggiamenti violenti e opportunistici.

Soltanto qualche mese fa, invece, era stata Rai 3 con la trasmissione Chi l’ha visto a riportare la vicenda alla ribalta nazionale, dopo aver rintracciato e accusato apertamente il 54enne siciliano – in evidente difficoltà sotto l’occhio delle telecamere – di essersi approfittato di «donne deboli e sprovvedute». Con tanto di annuncio sulla disponibilità della trasmissione ad andare a prenderlo e portarlo in Tribunale a Potenza a sue spese per le udienze del processo in corso.

Tina Giordano, separata e madre di un figlio grande che vive nel Milanese, aveva conosciuto Costa nella chat di incontri “Badoo” poco prima che il cinquantenne siciliano si presentasse a Policoro stabilendosi nel suo appartamento e fissando lì la sua residenza, a luglio del 2019. Secondo varie testimonianze inclusa quella del fratello di lei, il sindacalista Ugl Pino Giordano, che viveva nell’appartamento al piano inferiore, quella tra la sorella e Costa sarebbe stata una convivenza burrascosa fin dai primi giorni.

Lui si sarebbe distinto per gli atteggiamenti possessivi e i litigi sarebbero stati molto frequenti anche di notte. Fino al 28 agosto, quando al pronto soccorso di Policoro è stato diagnosticato un trauma importante sul cranio della donna, che però ha chiesto di essere dimessa e ha liquidato il tutto come il risultato di una caduta accidentale. Lo stesso trauma, secondo il consulente della procura di Matera, che a distanza di un mese l’avrebbe portata alla morte non essendo stato curato per tempo e in maniera adeguata.

Con i giornalisti che lo avevano avvicinato Costa si era sempre dichiarato innocente per la morte della compagna, aggiungendo di confidare nell’esito del processo in corso a Potenza.

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