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MATERA – Appello a tutela della salute di tutti i cittadini e, principalmente, dei bambini, delle donne in stato interessante e degli anziani, di non concedere autorizzazioni alla Cementeria di Matera, finalizzate a incrementare la quantità di rifiuti da bruciare rispetto a quelle previste, se non prima di aver svolto una seria, capillare e affidabile Vis (Valutazione d’impatto sanitario) su tutto il territorio del Comune di Matera. A chiederlo è il Comitato “No inceneritore a Matera”, insieme alle associazioni Legambiente e Wwf, al presidente della Regione, Pittella, e al sindaco di Matera, De Ruggieri.
Una questione, quella dei rifiuti a Matera, che sta diventando sempre più articolata: dall’aumento esponenziale della Tari, alle discariche, sino alla questione dell’incenerimento. Ebbene, i rifiuti che dovrebbero essere una risorsa, si trasformano invece in emissioni tossiche oltre che in un vero e proprio business.
«I cementifici sono fabbriche di soldi, oltre che di veleni e polveri inquinanti», ha dichiarato Pio Acito di Legambiente Matera durante la manifestazione che si è tenuta ieri in piazza Vittorio Veneto, per contestare lo stabilimento Italcementi, che intende quintuplicare la quantità dei rifiuti che già usa come combustibile.
Una filiera dei rifiuti, che potrebbe essere gestita al meglio, ad esempio vendendo ai consorzi nazionali che si occupano di riciclaggio di rifiuti come vetro o la plastica e che, quindi, porterebbe anche dei vantaggi al Comune anziché un problema persistente dei costi per lo smaltimento/incenerimento.
«I cittadini pagano per essere avvelenati, e Italcementi è solo l’ultima parte della filiera che gestisce male i rifiuti», ha commentato Mimmo Genchi del comitato No inceneritore a Matera. Un impianto, quello di Italcementi, posizionato a circa 7 chilometri dal centro abitato, che ha un interesse non indifferente per il territorio, grazie al fatto che beneficia di una situazione geologica favorevole per la produzione di cemento: la presenza sia di argilla che di calcare. «Ormai Italcementi ha meno interesse a produrre cemento, perché ha capito che bruciando i rifiuti si guadagna di più», ha affermato Acito. Eppure negli ultimi anni lo stabilimento di Matera ha rinnovato i propri impianti grazie ai quali, come si legge sul sito, è possibile «ridurre i costi di produzione e un radicale abbattimento delle emissioni». Ma per il presidente del Nim, la riduzione delle emissioni non è reale come invece è quella dei costi di produzione: «I vapori di mercurio o arsenico, non possono essere trattenuti in nessun modo e sono stati catalogati dallo Iarc come cancerogeni. Per non parlare delle ceneri che vanno a finire nel clinker, componente base per il cemento. Quindi le cementerie recuperano tutto, e il problema è il nostro perché ci avveleniamo non solo respirando, ma anche con le stesse costruzioni in cemento che hanno residui tossici al loro interno. In oltre 40 anni non è mai stata effettuata una valutazione di impatto sanitario sui residenti del comune di Matera».
Anche l’intervento del dottor Agostino De Ciaola ha constatato come le cementerie siano tra gli impianti più inquinanti per la salute, soprattutto perché hanno dei limiti tarati su uomini adulti e non sui bambini; lo stabile di Matera, nel 2013, ha emesso circa 450mila tonnellate di monossido di carbonio e 427mila tonnellate di ossidi di azoto. Inoltre l’ultima proposta di Italcementi, presentata l’8 ottobre 2015, richiede di moltiplicare la quantità di rifiuti bruciati fino a 60mila tonnellate all’anno (oggi se ne bruciano 12mila, oltre a pet coke che è un derivato del petrolio, pneumatici e altro ancora). Ma se la popolazione materana è composta da circa 60mila abitanti, ogni persona (dai bambini agli anziani) dovrebbe fornire circa 1 tonnellata di rifiuti l’anno, quindi circa 3 chili di rifiuti al giorno a Italcementi?
«I materani non producono questa quantità di rifiuti, quindi vuol dire che i rifiuti arriveranno anche da fuori», ha chiarito Pio Acito di Legambiente. Ma il paradosso più grande è che per una cementeria i limiti di emissione sono più alti che per un inceneritore vero e proprio.
Per questo che ieri mattina, in piazza Vittorio Veneto, si è parlato di un inceneritore mascherato da cementificio e gli attivisti hanno anche indossato maschere bianche per indicare tale situazione. La controproposta è stata illustrata da Genchi così: «È possibile bruciare gas e biogas che inquinano molto meno; delle agevolazioni da parte della Regione potrebbero permettere anche un approccio diverso e favorevole di Italcementi in merito». Quella del Comitato di Matera non è una lotta isolata, perché anche altri Comuni quali Firenze, Barletta, Venaria, portano avanti la loro battaglia contro i cementifici presenti nei territori limitrofi.
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