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“Puozza venì nu terramot ‘o mes”. A metà strada della stretta via che va dalla Calvello Marsico Vetere,tagliando il paese, fino alla piazza, al belvedere ed al castello, sento scoppi di risate e,raggiunto il gruppetto dal quale proviene tanta allegria,ascolto la frase che mi lascia di sasso. L’uomo che l’aveva pronunciata nota la mia perplessità e cinicamente mi fa: “ Eh,il terremoto porta lavoro a tutti, ai costruttori ed anche alle pompe funebri!”. Aveva intuito che stavo per obiettare che però c’erano stati tanti morti e mi ha anticipato la risposta. L’ultimo terremoto è stato 35 anni fa,e di quella tragedia oggi in Basilicata,a voler essere cinici come il nostro, affievolito il ricordo dei tanti morti,restano le opere di ristrutturazione,qualche volta stravolgenti il preesistente, qualche altra volta invece cercando di conservarlo,come a Marsico Vetere ed in tantissimi altri comuni. Qui hanno tolto l’antico selciato per mettere lastre di pietra,quasi accettabili anche se non originali,in altri paesi lo hanno sostituito con piastrelle di cemento! Proseguo fra palazzotti e casette accuratamente rimessi a nuovo,passando sotto archi che, ormai ho constatato,sono caratteristica comune di ogni paesino lucano. Sulla sinistra,piccoli varchi fra le case,giusto quel che serve per far posto a scalinate atte a far passare una persona per volta ( vicoletti meglio difendibili in caso di attacco) o al massimo un asino con strette ceste sul basto,proiettano improvvisamente il mio sguardo su Villa d’Agri e sull’omonima valle. Quella fertile valle dove sorgeva la romana Vertina,prima che venisse distrutta nel VII secolo e prima che i suoi abitanti trovassero rifugio sull’altura di circa mille metri ove oggi sorge Marsico Vetere,che conta 5500 abitanti, frazioni comprese. In realtà la “frazione” Villa d’Agri è quella che tiene in vita la cittadina,la cui popolazione oscillò fra il migliaio di persone nel medioevo, le ben 4000 del XVI secolo sotto i Caracciolo,per scendere di nuovo alle mille dei primi del secolo scorso arrivando oggi,grazie appunto a Villa d’Agri,alle attuali 5500.All’imbocco di una strada di fronte al castello due bei cani bianchi,incroci con prevalenza di pastore maremmano, riposano placidamente, indifferenti a quello che succede nella piazza,dove degli operai stanno predisponendo il palco per la conclusione della tre giorni di festa dell’Assunta. Alcune persone siedono all’interno del castello,accanto alla prima porta sulla sinistra dopo il portale d’ingresso. Mi spiegano che quella porta, che oggi immette nella casa di una loro parente,conduceva alle antiche prigioni. La mia mente vola alle vite,alle storie,dei tanti prigionieri ospitati,dei poveri, degli sfortunati, alle storie dei signori che si sono succeduti,che hanno accumulato fortune sulla pelle dei contadini,che hanno edificato palazzi,che hanno talvolta anche fatto anche del bene come Nicola Caracciolo che nel testamento dispose lasciti per far sì che si desse possibilità anche ai poveri di istruirsi. Penso alle storie dei briganti che qui hanno fatto scorrerie,penso agli eroi coinvolti nei moti rivoluzionari e che magari hanno conosciuto le celle delle carceri,penso ai tanti terremoti,da quello del 1857 a quello dell’80.Chissà quante storie, tramandate di generazione in generazione, hanno da raccontare gli anziani del paese! Andate a trovarli,andate a trovare quelli del castello, li renderete sicuramente felici.
*Presidente sezione Vulture Alto Bradano di Italia Nostra
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