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VIBO VALENTIA – Niente applicazione della misura cautelare così come aveva in precedenza deciso il gip distrettuale. Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha infatti proseguito lungo il solco tracciato dal giudice per le indagini preliminari Abigail Mellace rigettando il ricorso presentato dalla Procura Antimafia di Catanzaro che aveva chiesto un aggravamento della misura nei confronti di Gaetano Scalamogna, noto avvocato del Foro di Vibo, finito nell’inchiesta “Purgatorio III” dello scorso 20 luglio relativamente alla presenza di una presunta un’associazione mafiosa dedita al traffico illegale di reperti archeologica al cui vertice vi sarebbe stato, in qualità di finanziatore occulto, il defunto boss Pantaleone Mancuso, alias Vetrinetta. Secondo i giudici del Riesame (presidente Giuseppe Valea, a latere Teresa Guerrieri e Federico Zampaoli) non sarebbero emersi i gravi indizi di responsabilità al delitto di concorso esterno in associazione mafiosa a carico del penalista vibonese assistito dagli avvocati Paola Stilo e Vincenzo De Fina. «Invero – è riportato nelle motivazioni – la contestazione, emergente dalle conversazioni telefoniche dell’esistenza di contatti diretti di Scalamogna con Pantaleone Mancuso, come pure il suo intervento finanziario per la realizzazione dello scavo nel sottosuolo di Vibo Valentia o ancora la messa a disposizione di Giuseppe Braghò di un suo appartamento, e il successivo allontanamento, per disposizione di Mancuso, non fa assumere allo stesso indagato, in relazione alla consorteria mafiosa di Limbadi, il ruolo di concorrente esterno». Il Tdl spiega ancora come ciò che «risulta assente nella vicenda», sia la «dimostrazione, o quanto meno la sussistenza di gravi indizi, che Gaetano Scalamogna, con la sua condotta di partecipazione all’attività di estrazione e reperimento, ai fini della successiva vendita ed esportazione, di reperti archeologici, abbia fornito al sodalizio Mancuso un contributo, anche minimo, ma comunque idoneo allo scopo, finalizzato a garantire la conservazione o anche a potenziale le strategie operative o la concreta capacità di attuazione del programma delittuoso».
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