L’Italia sta subendo le scelte di Intel che preferisce location al Nord
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LA GUERRA sui microchip fra Usa e Cina rischia di coinvolgere anche l’investimento che Intel vuole fare in Italia, insieme agli altri due mega impianti europei di Francia e Germania. Il problema è quello di non fare arrivare, né direttamente né attraverso i propri clienti, microchip alla Cina. Il programma europeo prevede il 40% di aiuti di Stato per aumentare la produzione dell’Europa anche attraverso l’aiuto all’investimento in Italia per fornire i microchip all’industria europea. Circa 20 miliardi di euro alla Germania, un investimento da 15 alla Francia e un investimento da circa 10 miliardi in Italia (più di quanto serva per il ponte di Messina) che ancora non è chiaro se dovranno andare a Chivasso in Piemonte o a Vigasio in Veneto.
LA CONTRADDIZIONE
Si tratta di un investimento rivoluzionario, un lavoro di altissimo livello per migliaia di ingegneri, la nascita di un nuovo distretto. Il presupposto la vicinanza di buoni istituti politecnici di ingegneria e professionalità di alto livello e Intel ancora non ha deciso.
La decisione precedente veniva da un negoziato e una interlocuzione diretta tra Mario Draghi e Vittorio Colao, mentre adesso è tutto in mano al nuovo ministro Adolfo Urso. Quando si dice predicare bene e razzolare male. Tutti a riempirsi la bocca del Mezzogiorno, tutti a dire che bisogna che gli “occupabili” devono essere mandati a lavorare perché non è giusto che chi ha capacità e possibilità di lavorare poi rimanga a casa a poltrire, tutti a dire che il Mezzogiorno deve diventare la batteria dell’Europa, collocando rigassificatori, pale eoliche, impianti solari (quelli sì, perché servono a dare energia all’industria del Nord), ma quando si tratta di portare un impianto fondamentale per implementare quel distretto tecnologico di Catania, allora è meglio Vigasio, dove ovviamente di ingegneri non se ne trovano nemmeno adesso, altro che averne a disposizione migliaia.
Ma può il ricco Veneto farsi scappare un boccone così ghiotto, considerato che nel governo ha la golden share con i suoi ministri leghisti? Eppure esiste un distretto tecnologico a Catania, strettamente legato alla storia della StMicroelectronics, a due passi, meno di un chilometro, da un aeroporto internazionale. Già negli Anni Sessanta la StMicroelectronics, che allora si chiamava Sgs Microelettronica, collaborava con i dipartimenti di Fisica e di Chimica dell’Università di Catania, ma la svolta vera fu l’insediamento nell’area catanese, nel 1997, di uno stabilimento della ST a seguito della fusione tra l’italiana Sgs con la francese Thomson Semiconducteurs avvenuta nel 1987. Da allora si è sviluppata una vasta area industriale, comunemente denominata Etna Valley, densa di imprese operanti prevalentemente nel comparto high-tech. Impresa dominante dell’area è ancora ST, azienda leader nel campo dei componenti a semiconduttore e loro combinazioni per l’elettronica e l’elettrotecnica nonché in campi connessi e affini. In Italia, con i suoi tre siti produttivi di Catania, Agrate e Castelletto, ST resta la realtà industriale più importante nel settore della microelettronica, essendo il maggiore fornitore nazionale, con la più ampia gamma di tecnologie e la più vasta tipologia di prodotti.
REGALO AL NORD
Il 50% delle risorse sarà regalato alla Intel da risorse europee e nazionali, eppure la vulgata è che Intel preferisce localizzazioni nel Nord perché è collegato meglio al centro dell’Europa. E che il governo italiano non è in condizione di fare quello che ha fatto il governo tedesco, che ha indicato come localizzazione quella di Dresda, nell’est della Germania, perché lì c’è bisogno di nuova occupazione. Noi invece subiamo, viene detto, la scelta della società americana che antropizza ulteriormente un territorio già con piena occupazione e sovrappopolazione.
Ma questo è il filetto dell’industria. Lo si può fare andare al Sud? Certamente no. E nel silenzio degli organi della comunicazione, anche meridionale, con la collusione dei governatori meridionali cloroformizzati come al solito, si perpetra uno scippo epocale che va in controtendenza rispetto a tutte le dichiarazioni di volontà di tutti i governi precedenti e di quello attuale. Grida che non hanno mai alcun collegamento con le decisioni vere per le quali c’è sempre una motivazione valida per andare nel bulimico Nord. Come già accaduto, dal boom economico in poi certamente, per non collegarle a vere realizzazioni. Eppure sono state create al Sud le Zes, ma tanto al momento opportuno all’Intel si danno tutte le favorevoli condizioni anche in Veneto, rendendo inutile la normativa di vantaggio che si era costruita per attrarre investimenti dall’esterno dell’area.
LE DECISIONI DEI GOVERNI COLONIALI
È l’ora di gettare la maschera e di evidenziare, così come non è stato mai fatto, che il sottosviluppo del Mezzogiorno non dipende da condizioni astrali, non deriva da un fato cinico e baro. Ma da decisioni precise di governi coloniali succedutisi, che decidono in continuità che l’autostrada del Sole si ferma a Napoli, che l’alta velocità ferroviaria si ferma a Salerno, che il ponte sullo stretto si cancella con una gomma da parte di Monti e che, come ha detto Letizia Moratti anche recentemente, non è utile perché bisogna fare prima la Cremona-Milano, che l’alta velocità nel Mezzogiorno non non va fatta per prima come la Siviglia- Madrid e si contesta anche di farla per ultima, perché bisogna continuare con l’alimentazione infinita della locomotiva del Nord che, come si vede da anni a questa parte, trascinerà poi, (nel sottosviluppo?) tutto il Paese. E il Mezzogiorno, attonito, sta a guardare come le stelle di Cronin.
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