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VIBO VALENTIA – Tanto tuonò che piovve. Le denunce, le proteste, gli articoli di stampa sulle gravi e consolidate carenze di anestesisti nella rianimazione dello Jazzolino non hanno raggiunto l’obiettivo di incrementare l’organico medico del reparto guidato dal primario Oppedisano.
Ed oggi la prospettiva della chiusura di questa strategica divisione ospedaliera non è più tanto remota. Non è insomma un mero esercizio retorico ma uno scenario drammaticamente realistico. La situazione, infatti, è diventata davvero insostenibile, basti pensare che, a quanto si è appreso da fonti dirette dell’ospedale, oggi in servizio sono rimasti solo il primario e un collega.
È vero che, sulla carta, ci sono un paio di altri anestesisti ma, appunto, solo sulla carta perché, come riferiscono le stesse fonti, sono da tempo a casa per malattia. Sicché Oppedisano e il collega devono farsi carico, giocoforza, di turni davvero massacranti. Una situazione, come si vede, molto precaria che porta ad un autentico e preoccupante paradosso: all’ospedale di Vibo gli anestesisti coprono gli interventi operatori
programmati ma lasciano quelli urgenti restano scoperti.
«Sicché – commenta infuriato un funzionario dell’Asp – se un utente ha, poniamo, un infarto o un’altra emergenza, non può essere operato ma lo si deve trasferire a Catanzaro». Com’è possibile? Semplice: essendo risultata sostanzialmente vana la via dei concorsi ed avvisi (per lo più andati deserti), l’Asp ha siglato una convenzione con l’ospedale di Catanzaro per l’utilizzo di alcuni dei suoi anestesisti. Ne arrivano un paio al giorno, al costo di 100 euro lorde all’ora.
Il fatto però è che essi non coprono i turni e così se ci fosse un’urgenza nel pomeriggio o di notte il paziente dovrà essere caricato in ambulanza e trasportato a Catanzaro. Piccola parentesi: sarebbe interessante, a tale riguardo, sapere quanto questi professionisti costano mensilmente all’azienda. I conti sono presto fatti, sia pure a spanne: a 100 euro l’ora, due anestesisti al giorno per una media di 20 giorni al mese, per 12 mesi, si superano abbondantemente i 200mila euro.
Un paradosso, evidentemente, che, stando almeno ad alcuni medici del luogo, non è certo involontario ma risponderebbe ad una ben precisa intenzione: depotenziare ulteriormente il nosocomio vibonese a vantaggio del polo ospedaliero catanzarese. Una volontà, naturalmente non espressa, attribuita alla classe politica e sanitaria del capoluogo di regione, che evidentemente ha un “peso specifico” molto più alto di quella vibonese.
E, comunque, non è tanto in discussione il costo quanto l’utilizzo di questi medici: «Routine sì, urgenze no: l’azienda non privilegia le priorità – accusa un amministrativo della sede ex Inam -. Invece che per la routine dovrebbe utilizzare i catanzaresi per i turni, così da coprire le eventuali urgenze». Da via Alighieri filtra infine un’indiscrezione: per cercare una “diagnosi”, mercoledì mattina è in programma un consulto alla sede aziendale tra il management e i dirigenti di settore. Sull’incontro aleggerà come un fantasma la
chiusura della rianimazione. La speranza è che non si trasformi in realtà.
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