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POTENZA – Martedì l’unico franchising che si è unito alla serrata ha dovuto farlo per forza maggiore: «ha chiuso». Succede anche ai grandi marchi, non solo alle insegne più o meno piccole. E il foglio A4 appeso all’ingresso di Bottega Verde da qualche giorno riporta un commento aggiunto a penna: «Peccato, era un bel negozio». Che sia stato o meno di un ex cliente, quel «peccato» incarna al meglio la sensazione di spoliazione che – già prima del 17 – avvolge via Pretoria. Peccato.
Sui social si confrontano ancora più cittadini di quelli che scivolano sul corso principale del centro. Al netto del cazzeggio e della superficialità, a volte ne escono idee che, tra serio e faceto, forse dovrebbero essere prese in considerazione anche nel cosiddetto “Palazzo”. Molte amministrazioni interagiscono, alcune hanno addirittura una figura “social” addetta ai commenti su fb e twitter. Il Comune di Potenza, a fronte della foga comunicativa della Regione, (anche) in questo latita. E certo il dissesto non conta: per mantenere questo minimo di contatto nell’agorà basterebbe poco. Una politica accusata spesso di rifugiarsi nella propria torre d’avorio, “abbassandosi” al livello orizzontale del web scoprirebbe che ci sono potentini che ancora amano la propria città e hanno voglia di farla rinascere. Non c’è solo antipolitica, qualcuno vuole dialogare davvero.
Allora facciamoci un giro nel corso virtuale, il dibattito è aperto e magari lo si potrà prima o poi trasferire in una piazza reale. Come quella che martedì s’è riempita per tutto il giorno grazie alle proteste dei commercianti.
e.furia@luedi.it
PARTE tutto da un costruttivo j’accuse di Rosario Angelo Avigliano, residente e amante del centro storico tanto da esserne guida e cicerone anche per le nuovissime generazioni, e non solo nel periodo di San Gerardo: «Vivo da trent’anni qui e quelle persone le ho viste sempre dietro le vetrine dei negozi. L’altra sera, per la prima volta, quelle vetrine spente e loro lì in quel corteo a prendersela con qualcuno. Un corteo contro tutto ciò che non va! Gli affari che non vanno, il degrado imperante, l’incuria incalzante. Come se ci fosse qualcuno altrove che può fare e non fa. Qualcuno in grado di risolvere tutti i nostri problemi. Che cancelli le scritte sui muri. Che porti flotte di acquirenti a spasso per le vie del centro. Un qualcuno che si occupi. Ecco la parola magica: “occuparsi”! Perché occuparsi è agire. E forse tutti noi non ci occupiamo abbastanza del mondo che cambia. Com’è veloce il mondo che cambia! Non possiamo permetterci di non pensare, di non occuparci delle cose da fare per adeguarci ai rapidi cambiamenti. E, se riuscissimo poi a farlo guardando lontano, ancor meglio! Qualcuno la chiamerebbe con uno straordinario nome: Visione! Ecco chiedo stasera al protettore di tutti i Potentini di mandarci più menti che si occupino anziché preoccupino. Più menti che pensino velocemente e lontano. Un tuo devotissimo fedele, ti chiede un miracolo da terzo millennio: trasforma tutti noi che viviamo qui in persone che si “occupino”. San Gerardo Salvaci!». Un centinaio di like e tantissimi commenti.
Faustino si sofferma sulla desertificazione dei servizi e sull’inerzia di chi la subisce: «Una volta ci tolgono la caserma militare, poi la Telecom, l’Enel, si sta zitti, meno cose ci sono, meno gente circola». Rosario: «Un diffuso spopolamento non ci esime dal fare le cose. Mi riferisco a chi in generale non si impegna abbastanza nel fare qualcosa per il luogo che vive e senza puntare il dito e accusare nessuno. Ma occuparsi significa proprio questo».
Susy polemizza: «Le scritte sui muri sono opera degli stessi figli che sfilano in questa “parata” che hai fotografato?»; ma poi è ottimista: Potenza «deve farcela. Avete un bel carro da traino ora. La Basilicata non è più una regione sconosciuta. Tanti, sono ora, coloro che sanno quanto è bella. Potenza potrebbe diventare un centro interessantissimo con fantastici satelliti (Acerenza, Vaglio, Rionero, Barile, Lagopesole, ecc. ecc.). A un’ora di macchina Matera. Serve uno stratega in ambito di marketing turistico e questo dovete pretenderlo da cittadini. L’amministrazione deve chiamare persone competenti. Dimenticavo, avete un museo archeologico meraviglioso che in pochi conoscono».
Per Maria Teresa «ci vorrebbe un atto rivoluzionario che parta dai privati, sì. E delle flebo di orgoglio e di dignità ai potentini». Poi tocca un nervo scoperto: «Non si sfruttino le collaboratrici, diversamente chiamate commesse. I loro contratti sono l’espressione della mentalità schiavista: a fronte di una giornata intera di lavoro viene dichiarato il part time. E nel 90% dei casi il magro stipendio non viene neppure erogato per mesi. Non chiediamo i miracoli, ma che si vigili onestamente».
Vincenzo: «Quello che Rosario ha metaforicamente chiamato miracolo è possibile basta cambiare quella che lui definisce visione in missione… e quella può essere portata avanti da tutta la città perché il Centro storico è della città non solo dei commercianti…». Pronta la replica di Avigliano: «La missione è la stretta conseguenza di una visione. La visione è sapere dove stiamo andando, la missione è porre in essere azioni per competere. Tutto qui il mio scoramento per riportarlo al contesto che viviamo. Non vedo Visione e Missione. (…) Nelle bande musicali ci sono i “fiatisti”, sono coloro i quali fanno finta di suonare. Ecco meno fiatisti e più bandisti di buona volontà». Gerardo ironizza («Caro Angelo, nella Banda potentina sono tutti fiatisti e direttori di orchestra. mi meraviglia però il fatto che una banda di soli fiatisti non trovi il successo che merita! Forse sono scadenti anche i direttori!»), poi propone il suo «piccolo aiutino ai pretoriani», ovvero una serie di «consigli per svoltare: 1) Un albero di Natale di almeno 100 mt. (o, comunque, il più alto d’Italia); 2) Piazza 18 agosto senza quella segnaletica orrenda, inaccettabile; 3) Il caffè in via Pretoria al costo di 40 centesimi, per tutto il periodo delle ferie natalizie (la differenza offerta dal comune con parte dei proventi delle… prebende); 4) Qualche politico alla gogna nei punti nevralgici di Via Pretoria (per esempio, che so, al centro di piazzetta Mercato, Porta Salza e così via, a scelta dei residenti); 5) L’architetto della Piazza Prefettura, della Nave, del ponte di Parco Aurora e l’intera giunta che hanno finanziato questi capolavori, sotto l’albero quasi a simular di farla finita (per scherzo, giusto per dimostrare che in fondo ammettono lo scempio perpetrato)… se poi cambiano idea, ben venga!; 6) Un Casinò al posto del municipio (con l’accento, altrimenti dove sarebbe la novità’?); 7) Qualche potentino doc che a ritmo di “mea culpa” sbatte la testa contro un improvvisato ma resistente muro, a rappresentare la presa di coscienza civile; 8) Il Gallitello chiuso per ferie natalizie! … Potrebbe bastare?».
Ena – «non una potentina doc ma acquisita» – invita a fare autocritica: «Riconosco nel potentino tanti pregi ma un solo grande limite. Quello che poi conduce allo status in cui versa la nostra città. La “mancanza di un’apertura mentale”, di adattarsi, con umiltà, ai cambiamenti in ogni ambito. Nell’era della globalizzazione, poi, diventa ancor più grave tale andamento. E lo si denota in ogni campo. Per non uscire fuori tema: il commerciante dovrebbe comprendere che adattarsi alla competizione, non più del suo vicino concorrente, ma del mercato on line è il suo obiettivo prioritario. Le strutture pubbliche, poi, contribuiscono a rendere ancor più impossibile attuare il commercio. In sintesi: ognuno è artefice del suo destino. E con questo mi fermo per non incorrere in polemiche politiche. (…) Elasticità, cultura, informazione, condivisione degli obiettivi, verso il “senso comune”, evitando invidie, gelosie, egoismi… Ecco potremmo partire da qui. “Dalle piccole cose nascondo le grandi”. Lo sappiamo tutti».
Fausto, busto del duce come foto copertina, operatore da 35 anni partito da Vaglio e rientrato a Potenza via Rimini, invoca «a Potenza come in tutta Italia amministratori come Josè Mujica (ex capo dello Stato uruguaiano, ndr)… dovrebbero pensare al bene comune… non a rubare i soldi pubblici… sono tutti dei ladri assassini… peggio di Equitalia. (…) Ne ho viste di tutti i colori… mi sono sempre reinventato… ho trovato sempre il modo per restare a galla… credimi oggi sento che siamo all’apice… mancano le condizioni per poter andare avanti… credo che il mio futuro sarà l’estero».
Antonio la mette sul piano del campanile: «La città purtroppo non vive di feste e altre fesserie… Potenza è il centro… E come tale va trattata da noi potentini che molto spesso l’abbandoniamo per centri commerciali o per sentire l’odore natalizio in quell’accozzaglia di luci salernitane». Lino, titolare di uno dei negozi storici di via Due Torri, prova ad alzare il livello: «A chi mi devo rivolgere per mettere a punto la mia capacità critica e di giudizio, essendosi essa addormentata a causa della vacuità delle mille risposte date, nel tempo, alle mille proposte per il nostro centro storico, il commercio, la qualità della vita, ecc. ecc.?». E Alessandro, altro commerciante di una boutique presente sul corso principale da oltre 80 anni: «E’ vero che bisogna considerare i cambiamenti ed è vero che molti di noi non lo fanno, ma il decoro urbano i sevizi la sicurezza credo siano da affrontare come al solito che poi per farlo ci s’impieghi anche in po’ di tecnologia… Beh quello sì! Ci sono cose di cui l’amministrazione deve occuparsi che vanno al di là del cambiamento dei tempi». Avigliano risponde «Alessandro credo che sia una lotta fra poveri. Commercianti contro residenti. Tutti contro il Comune. Il Comune contro la Cotrab. La Cotrab contro l’Acta. L’Acta contro l’Arpab. L’Arbab contro la Regione. Potrei continuare all’infinito ma lentamente muore. Ma da qualche parte c’è qualcuno che sa e po fa? Almeno qualcuno che sa chi dobbiamo essere o se dobbiamo morire? Era giusto per dire che sono un po’ scoraggiato!». Forse serve davvero l’intervento del Santo patrono.
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