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L’oleificio Pata, a Rombiolo, punta su energie rinnovabili e fitodepurazione in un approccio green che gli ha consentito di mitigare gli effetti della crisi energetica
VIBO VALENTIA – Ci sono spiragli di luce all’orizzonte. Ed esempi di imprenditoria di qualità, responsabile e resiliente, a indicare la rotta. In un settore particolarmente ostico peraltro, quello olivicolo, notoriamente soggetto alla stagionalità e ad un mercato selvaggio. Che ha patito come e più di altri i rincari nei costi di produzione dovuti alla crisi energetica.
A Rombiolo, tra i declivi e gli impervi valloni che cinturano a nord l’altopiano del Monte Poro, l’azienda Pata, attiva da 1910, ha saputo raccogliere le sfide e interpretare, con un certo anticipo, lo spirito dei tempi. Sull’ambiente e sul benessere aziendale prima di tutto.
Pata, oleificio dall’anima green contro la crisi
Tra i primi a dotarsi, già nel 2001, di un impianto di fitodepurazione, il frantoio aziendale ha superato brillantemente il problema dello smaltimento dei reflui. L’azienda persegue poi, già dal 1998, la tutela della biodiversità sulle sue tenute e, dal 2013, ha completamente abolito la chimica fertilizzante dagli uliveti. Il vero salto di qualità “green” lo ha compiuto nel 2008 raggiungendo l’autonomia energetica grazie all’investimento nel fotovoltaico. Ciò consente, concentrando i processi produttivi nelle ore diurne, di mitigare l’effetto del caro-bolletta, con un incremento dei costi stimabile in “appena” il 50 per cento a fronte di aumenti medi nel settore pari al 200 per cento.
L’azienda, oggi guidata dalla quarta generazione della famiglia Pata, è a capo di una filiera agro-economica attiva su tutto il territorio regionale per quasi mille ettari di uliveti, tra terreni di proprietà e dei conferitori. Ogni azienda agricola aderente partecipa al progetto dando evidenza del numero delle piante coltivate, della loro varietà e della potenzialità produttiva ed è vincolata al protocollo e alle verifiche di qualità.
L’olio aromatizzato calabrese che piace all’estero
Ne deriva un prodotto oggi commercializzato in vari Stati europei – Germania soprattutto – ma anche in Usa, richiesto soprattutto dalla ristorazione di alta gamma e da una clientela in cerca dell’autentica qualità italiana. Quell’“italian sound” che si ritrova, ad esempio, negli olii aromatizzati prodotti non con essenze ma macinando le olive insieme ad altri frutti o ortaggi (bergamotto, limone, cipolla, basilico e così via).
Poi la rete con altre aziende del settore fa il resto ampliando il ventaglio con numerosi prodotti a marchio delle “private label” che si affidano a Pata: la nota gamma bio Alce nero su tutte. Renato, studi bolognesi in economia nel suo background e la ferma volontà di investire nella propria terra, sintetizza così la filosofia aziendale: «Abbiamo sempre perseguito un’idea di innovazione, anche quando non era di modo, e messo al centro più le persone (fornitori, collaboratori, clienti) che il prodotto».
«La crisi di sfiducia non incoraggia gli investimenti»
Della fase attuale, più che l’incremento dei costi, lo spaventa il clima di sfiducia che ciò ha generato: «quel senso di incertezza che colpisce in particolare i consumatori e genera un problema anche per i produttori, perché l’industria vive di certezze e positività. Se il consumatore ha un atteggiamento positivo si approccia ai consumi in maniera completamente diversa e, di riflesso, le imprese sono incoraggiate a investire. Al contrario, l’incertezza dell’altro è un fattore ingovernabile che mette un freno agli investimenti in termini di tecnologia di ampliamento aziendale. Oggi è molto rischioso investire senza sapere se il consumatore ci supporterà».
Unica certezza è la qualità di un prodotto, l’olio calabrese, che si va sempre di più connotando per qualità. «Nel settore dell’olio calabrese sta avvenendo un po’ quello che è successo per il vino – spiega Pata -. Questo grazie al lavoro attento e certosino che hanno fatto alcune azienda storiche che hanno puntato tutto sulla qualità. Da parte nostra, oltre che alla qualità, abbiamo scelto di puntare sull’identità: forse non produciamo l’olio migliore al mondo ma certamente facciamo un olio espressione di esperienze, metodi di lavoro, attaccamento al territorio».
Oleificio Pata, il capitale umano al primo posto
Su tutto scelte aziendali che mettono al centro l’uomo. «I nostri 14 collaboratori, in larga parte donne, sono stati scelti sulla base della condivisione della nostra stessa visione e del nostro progetto. Non ho bisogno di dare loro direttive ma tendiamo a mantenere un clima di fiducia che guarda agli obiettivi e al benessere prima di tutto».
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