L'avvocato Francesco Pagliuso
3 minuti per la letturaLamezia Terme, denigrò l’avvocato Francesco Pagliuso, in seguito vittima di omicidio, un legale lametino sospeso dalla professione forense
NEL processo penale di primo grado a ottobre 2020 i giudici lo hanno assolto (sentenza che la Procura ha impugnato in appello). Ma per quella vicenda ora l’ordine lo ha sospeso (dopo una comunicazione disciplinare del 29 gennaio 2019 dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lamezia) dall’esercizio della professione forense per quattro mesi. La decisione comunque non è ancora esecutiva, per cui il legale potrà continuare ad esercitare.
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Lo ha deciso il Consiglio distrettuale di disciplina presso la Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti dell’avvocato Antonio Larussa, ritenuto responsabile di un illecito disciplinare relativo alla violazione di due articoli del codice deontologico “venendo meno – si legge nell’incolpazione – ai doveri di lealtà, correttezza, probità, coscienza e fedeltà, esprimendo apprezzamenti denigratori sull’attività professionale svolta dall’avvocato Francesco Pagliuso, per come emerge dalla motivazione della sentenza del gup di Catanzaro”.
DENIGRÒ L’AVVOCATO PAGLIUSO, SOSPESO: I FATTI
La vicenda, infatti, si intrecciò con l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, nel contesto del quale finì a processo l’avvocato Antonio Larussa e l’avvocato Tullia Pallone, il primo accusato di aver favorito la latitanza di un boss del Reventino poi ucciso (che avrebbe incontrato da latitante Pagliuso nello studio dell’avvocato Larussa) e di concorso in violenza privata aggravato dal metodo mafioso.
Ma al termine del processo celebratosi davanti con il rito abbreviato, il gup ha assolto gli avvocati Antonio Larussa e Tullia Pallone. Larussa, per due capi d’accusa è stato assolto perché il fatto non sussiste per un altro per non aver commesso il fatto. Gli inquirenti lo avevano accusato di favoreggiamento della latitanza di Daniele Scalise, elemento di spicco dell’omonima cosca (ucciso nel 2014) violenza privata (aggravati dall’agevolazione alla cosca Scalise) ai danni dell’avvocato Francesco Pagliuso (ucciso il 9 agosto 2016) e procurata inosservanza di pena (relativa all’ipotesi che Larussa avrebbe aiutato Scalise a sottrarsi all’esecuzione della pena).
Il favoreggiamento al latitante – secondo le accuse – sarebbe emerso nell’ambito delle indagini sull’omicidio dell’avvocato Pagliuso ucciso il 9 agosto 2016 mentre rientrava a casa.
L’INCONTRO DI PAGLIUSO CON IL LATITANTE NELLO STUDIO DI LARUSSA
Daniele Scalise, nel periodo della sua latitanza, tra la primavera del 2012 e quella del 2013, avrebbe incontrato Pagliuso nello studio dell’avvocato Larussa. «Incontro al quale – scrive il Consiglio di disciplina – l’avvocato Pagliuso venne convocato senza preventivamente conoscere della presenza del latitante Scalise, avanti al quale, inoltre, emersero contrasti sulla linea difensiva sino a quel momento seguita dall’avvocato Pagliuso».
Secondo gli Scalise, Pagliuso avrebbe commesso degli errori nella linea difensiva in un processo al Tribunale di Cosenza. Processo che vedeva imputato Daniele Scalise per truffa. Oltre che della mancata consegna delle carte procedurali allo stesso Larussa, nel frattempo nominato co-difensore dallo stesso Scalise.
Secondo quando emerse nel corso delle indagini sul delitto Pagliuso, gli Scalise sarebbero entrati in conflitto con i Mezzatesta e poi con Pagliuso che difese Domenico e Giovanni Mezzatesta nel processo su un duplice delitto avvenuto al bar del Reventino di Decollatura il 19 gennaio 2013, evitando l’ergastolo ai due imputati. L’esito del processo avrebbe infastidito gli Scalise.
Pagliuso, prima della sua uccisione, sarebbe stato sequestrato. Fatto contestato a Pino Scalise, padre di Daniele, condannato in primo grado all’ergastolo insieme al figlio Luciano poiché ritenuti i mandanti del delitto Pagliuso. I sequestratori portarono, secondo le ricostruzioni, il penalista incappucciato in un bosco del Reventino. Qui lo costrinsero legato dinnanzi ad una buca scavata nel terreno. Tutto al fine di piegarlo alla volontà della cosca, con riferimento alle determinazioni e al comportamento da tenere in un procedimento a carico di Daniele Scalise.
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