Zelensky, presidente dell’Ucraina
4 minuti per la letturaSI PARLA molto di negoziati che potrebbero porre fine alla guerra in Ucraina, ma in effetti, per ora, ad essi si applica il vecchio ed ironico detto dell’Araba Fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Si moltiplicano le iniziative, da Macron a Erdogan e allo stesso Pontefice romano, così come i moniti, da parte di Pechino, e le aperture diplomatiche, da parte di Washington. Il ministro degli Esteri russo si è persino spinto al punto da suggerire un possibile mediatore, nella persona dell’ex-senatore Kerry. Ma i due principali contendenti, a Mosca e a Kiev, parlano un linguaggio diverso, senza alcuna concessione, neanche formale, all’avversario.
Questa è una guerra delimitata dai confini imposti dalla deterrenza nucleare. In altri termini, essa può essere combattuta in Ucraina, ma non in Russia. È quindi una guerra fortemente squilibrata a svantaggio degli ucraini: la loro massima prospettiva di vittoria è quella di riuscire a cacciare le truppe russe dall’intero territorio ucraino (Crimea inclusa). Ciò sarebbe un successo militare evidente e inoppugnabile, ma la sconfitta russa resterebbe limitata: verrebbe frustrato il suo disegno di espansione territoriale, ma resterebbe in grado di riprendere la guerra in qualsiasi momento, perché il suo territorio, la sua base umana e industriale, oltre che militare, non sarebbe stata distrutta.
È possibile che una tale sconfitta porterebbe ad una crisi gravissima all’interno della Russia, e magari costerebbe la Presidenza a Putin, ma l’Ucraina potrebbe vantare solo una vittoria provvisoria, tattica, non strategica. Per cui spetterebbe a noi, suoi alleati, di trovare il modo di difenderne una volta per tutte l’integrità territoriale e l’indipendenza politica: ma questo, con tutta probabilità, ci porterebbe a dover inserire pienamente l’Ucraina nel nostro sistema difensivo, mettendoci in immediato diretto contatto e contrapposizione con le forze russe. Esattamente quello che in questi mesi abbiamo cercato in tutti i modi di evitare.
Questo significa che questa guerra non può semplicemente concludersi con una vittoria o una sconfitta, ma deve concludersi con un compromesso, che consenta di uscire dall’incertezza senza aprire altri e più pericolosi scenari di confronto. Ma raggiungere un tale compromesso sarà difficilissimo, perché bisognerà riuscire a bilanciare moltissimi diversi interessi ed interlocutori. Oggi è abituale sentir dire che il negoziato dovrà essere in primo luogo tra Putin e Zelensky, ma questa è solo una piccola parte della realtà. Al di sopra della guerra abbiamo il negoziato strategico-nucleare, che riguarda Washington e Mosca, e potrebbe forse riuscire ad includere Pechino, ma non altri interlocutori. Il discorso strategico russo, d’altro canto, va oltre l’Ucraina: il Cremlino sostiene che la Nato non tiene in nessuna considerazione le preoccupazioni russe in materia di sicurezza europea.
Si tratta di una tesi solo parzialmente accettabile (e che comunque non giustifica l’aggressione all’Ucraina), ma sembra evidente che sarà pressoché impossibile arrivare ad un solido compromesso se non affronteremo anche, tra Nato e Russia, il tema complessivo della sicurezza europea. Ed infine naturalmente c’è il negoziato specifico, sulla guerra, sui suoi costi, sulle sue conseguenze (territoriali, ma anche finanziarie, giudiziarie, eccetera) che riguarda direttamente i due contendenti, ma richiederà certo una partecipazione di molti altri interlocutori. Smuovere un simile carrozzone diplomatico sarà difficilissimo e faticoso, anche perché, su quasi ogni aspetto negoziale, le posizioni sinora assunte dalle parti in causa sono molto distanti tra loro.
Dobbiamo quindi rassegnarci alla continuazione di questa guerra a tempo indefinito? Anche questa prospettiva non sembra molto probabile. Questa guerra sta avendo costi umani altissimi per gli ucraini e in qualche modo anche per i russi. Di più, i suoi costi economici complessivi, per i due diretti contendenti e per buona parte del resto del mondo, sono molto alti, specie in un periodo di bassa crescita economica o di recessione. Potremmo tutti sperimentare improvvise crisi politiche e voltafaccia che indebolirebbero la tenuta dei due schieramenti contrapposti. La spinta a ricercare un compromesso è destinata a salire e dovrà prima o poi trovare uno sbocco. Putin spera, molto probabilmente a torto, che questo spingerà gli occidentali ad abbandonare l’Ucraina.
Ad occidente alcuni sperano che questo porti al crollo del regime russo, anche in questo caso probabilmente a torto (e comunque sottovalutando i rischi che potrebbero derivarne). Fino a che i maggiori responsabili si nutriranno di sogni e false speranze nessun negoziato sarà realmente possibile. Ma guardare in faccia la realtà non è cosa facile né comoda.
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