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POTENZA – «Martorano mi disse che dovevamo dare i soldi anche a Sportissimo, e quando lo riferii a Guarino mi ha risposto che lo sapeva».

Si allarga ancora la cerchia dei presunti finanziatori dei giri di “strozzo” di Renato Martorano, il boss di Potenza al centro della maxi-inchiesta Iena2, in carcere per usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso.

Ieri mattina di fronte al collegio del Tribunale del capoluogo è entrato nel vivo il processo a Gerardo Avigliano: noto imprenditore potentino, rimasto fuori dal processo principale sugli sponsor della “finanziaria” del boss.

Sul banco dei testimoni si sono seduti l’ultimo boss dei vecchi basilischi, Antonio Cossidente, collaboratore di giustizia dal 2010, e la segretaria di Carmine Guarino, un tempo amico di Martorano e “re” del calcestruzzo e affini di Potenza e dintorni, poi ridotto sul lastrico anche per quei tassi d’interesse sui debiti contratti per portare liquidità nelle sue aziende.

Cossidente ha ribadito di aver saputo da Guarino dei problemi finanziari, dei soldi ricevuti da Martorano e degli interessi che lo stavano strozzando. Ma non ha aggiunto altro su Avigliano, negando di essere a conoscenza se ci fosse o meno anche lui dietro quei prestiti.

Mentre la donna è tornata sui suoi incontri con Martorano e ha ricordato di averlo sentito parlare di soldi da dare a «Sportissimo», che altri non sarebbe che Avigliano.

Immediata la reazione dei legali dell’imprenditore, Dino Donnoli e Donatello Cimadomo, che le hanno contestato i verbali con le sue dichiarazioni agli investigatori in cui aveva parlato soltanto di un debito per l’acquisto di un tapis roulant. I toni si sono accesi e gli avvocati l’hanno invitata a non guardare verso il fondo dell’aula da dove ha assistito all’udienza lo stesso Guarino. L’ex costruttore ha reagito, il presidente del collegio Aldo Gubitosi è dovuto intervenire, ma la questione ha avuto un prosieguo anche all’uscita.

Nel processo “madre” dell’inchiesta Nibbio2 sui finanziatori di Martorano, condannato in via definitiva a 14 anni di reclusione, sono imputati Matteo Di Palma, titolare di un circolo ricreativo, Nicola Giordano, ex dirigente dell’Ente irrigazione, Gerardo Vernotico, a sua volta titolare di un circolo ricreativo, e l’imprenditore Vito Zaccagnino. Tutti di Potenza.

Elemento chiave delle accuse nei loro confronti alcuni “pizzini” sequestrati il 24 ottobre del 2008 a casa di Guarino, unica vittima accertata del boss e dei suoi presunti soci in affari. Dopo un’iniziale reticenza, nonostante l’arresto di Martorano a maggio del 2008, Guarino avrebbe ammesso prima con gli investigatori e poi davanti al Tribunale di essere stato vessato dal boss. Inoltre avrebbe decriptato le sigle annotate su quei “pizzini” spiegando che si trattava di appunti su cui l’ex «amico» teneva la contabilità di quanto andava restituito ai suoi finanziatori, indicati con delle sigle.

Ma l’ex titolare della Conglomerati bituminosi, non è stato l’unico a parlare con i giudici. Anche le persone a lui più vicine hanno confermato il suo racconto, così a settembre del 2009 erano finiti in carcere tre dei quattro presunti finanziatori di quei prestiti.
Il quarto – rimasto a piede libero – sarebbe stato proprio Avigliano, citato in un’intercettazione. Solo che gli inquirenti non sono mai riusciti ad attribuirgli una delle sigle che comparivano sui pizzini, e nemmeno la segretaria di Guarino sentita ieri mattina in Tribunale. Per questo la sua posizione è rimasta sempre defilata, ma alla fine il pm antimafia Francesco Basentini ha deciso di mandare a processo anche lui.

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