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I matrimoni sono in calo. Quelli in chiesa un po’ di più. E allora ecco arrivare, proposta dalla Lega, una legge salva-matrimoni religiosi. Il primo firmatario è il calabrese Domenico Furgiuele, vicecapogruppo alla Camera.

Per lui, in realtà, si tratta di una seconda volta: lo stesso testo – ora aggiornato nei dati – lo aveva già presentato nel 2018. Adesso ci riprova, con i parlamentari leghisti Simone Billi, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli ed Erik Pretto.  

La proposta prevede per le giovani coppie la possibilità di usufruire di una detrazione dall’imposta lorda del 20 per cento delle spese legate alla celebrazione del matrimonio religioso, «fino a un ammontare complessivo delle stesse (spese, ndr) non superiore a 20mila euro, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo».

Quindi le coppie potranno detrarre fino a 4mila euro, spalmati in cinque anni. Possono ottenere il “bonus matrimonio” – prevede la proposta – le giovani coppie under 35 anni con un Isee 2022 non superiore a 23mila euro e non superiore a 11mila 500 euro a persona.

Cos’è possibile detrarre? Praticamente tutto: ornamenti in chiesa, tra cui i fiori decorativi, la passatoia e i libretti, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, le bomboniere, il servizio di coiffeur e di make-up e, infine, il servizio del wedding reporter. Le spese devono essere state essere sostenute nel territorio italiano e i beneficiari del bonus devono essere in possesso della cittadinanza italiana da almeno dieci anni. La spesa prevista per lo Stato si aggirerà intorno ai 700 milioni di euro.

«Considerando il numero dei matrimoni nell’anno 2021, i quali ammontano a circa 179mila – scrivono i proponenti – si prevede che la quota massima detraibile per coppia sarà pari al 20 per cento di 20.000 euro, cioè 4.000 euro da dividere in cinque quote costanti. A seguito di tale analisi risulta che la spesa prevista per il bonus matrimonio sarà pari a circa 716 milioni di euro, cioè a 143 milioni 200mila euro per cinque rate. La spesa potrà essere però più bassa, considerati il calo dei matrimoni nel nostro Paese e i requisiti richiesti per usufruire del bonus».

Ma perché una legge salva-matrimoni e perché limitata solo a quelli in chiesa? Perché, si legge nella relazione che accompagna la proposta di legge, se le nozze nel Paese sono in calo e lo sono soprattutto quelle celebrate in chiesa, uno dei motivi principali (Covid a parte) andrebbe rintracciato nei costi. «Le ragioni che allontanano le giovani coppie dall’altare e che le portano a prendere in considerazione solo ed esclusivamente il matrimonio civile sono molteplici e di natura differente. Innanzitutto il matrimonio civile è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso» si legge nella relazione.

Valutazione opinabile, in realtà, se si pensa che in quanto a spese per abiti, fiori, ristorante, fotografi, trucco e capelli anche le celebrazioni civili possono essere dispendiose. Si tratta, in fondo, sempre di scelte. La proposta ha scatenato polemiche (e una buona dose di meme) sui social. «Al di là della probabile incostituzionalità, si conferma che la Lega di Salvini è letteralmente fuori controllo» scrive su Facebook Carlo Calenda. «Altro che “libera Chiesa in libero Stato”, qui siamo ancora al Papa Re» gli fa eco Mara Carfagna.

In serata Furgiuele ha un po’ corretto il tiro: «La proposta, volta a incentivare il settore del wedding, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no».

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