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La Lega, per il tramite del ministro Calderoli, vuole andare avanti come un treno per mettere a segno la legge spacca Italia sull’autonomia differenziata
Vuole andare avanti come un treno, bruciando le tappe, il ministro Roberto Calderoli. Con il rischio di deragliare, però. Il percorso del suo disegno di legge è iniziato con una falsa partenza. All’incontro con i presidenti delle Regioni è stato subito scontro. Discussione su una bozza non concordata, scritta su input dei governatori di Veneto e Lombardia, testo rispedito al mittente e senza i ringraziamenti di rito. Anzi.
LA LEGA, LA LEGGE SPACCA ITALIA E IL NODO DEI LEP
«La bozza non va nella direzione auspicata dalle Regioni del Sud, non consente al Parlamento di incidere sull’intesa, violando la Costituzione – getta il primo colpo di spugna Michele Emiliano, presidente pugliese e vice-presidente della Conferenza Stato-Regioni – Dice che se una Regione e il governo fanno un’intesa il Parlamento non può mettere becco, deve passare come mera approvazione. E siccome la Costituzione questa cosa non la prevede – la bozza Calderoli è un errore dal punto di vista costituzionale».
Calderoli sostiene il contrario. Secondo lui anticostituzionale è bocciare l’autonomia (che lui vorrebbe in salsa leghista). Risultato: se si prosegue così si va al muro contro muro.
Apparentemente tutti parlano di «clima positivo», dove «nessuno ha fatto barricate». In realtà, l’unico ancora ottimista resta il presidente della Conferenza delle Regioni e del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, per il quale la faccenda si potrebbe chiudere entro il 2023.
Il nodo che blocca qualsiasi processo di autonomia e l’attuazione dei Lep, un’attesa che dura da 21 anni. Fermo restando che alcune materie, come Scuola, Trasporti ed Energia, dovrebbero restare fuori dalle intese e rimanere di competenza statale.
Calderoli e i suoi amici della Lega hanno fatto tutto da soli. Se la sono cantata e suonata sapendo che sarebbero finiti in un vicolo cieco. Il sospetto è che lo abbiano fatto in vista delle prossime elezioni amministrative lombarde. Un diversivo per gettare fumo negli occhi e recuperare i consensi ceduti alla Meloni.
LA PROTESTA DEI SINDACATI
I sindacati non sono stati consultati. «Auspichiamo che il nuovo ministro non voglia escludere le parti sociali dal necessario confronto su una questione così dirimente per la vita di tante lavoratrici e lavoratori – ha osservato il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari – I diritti non sono differenziabili».
A prescindere dalla fretta di Calderoli, la strada sarà dunque lunga e anche Luca Zaia, il presidente del Veneto, il principale sponsor dell’autonomia, lo ha capito. «Di appuntamenti – prevede – ne avremo molti, è una riforma importante».
Stefano Bonaccini guida una di quelle regioni, l’Emilia-Romagna, che firmarono le pre-intese con il governo Gentiloni. Vuole l’autonomia differenziata, ma solo con i Lep, dice, mostrandosi più prudente di altre volte, forse perché è in lizza per la segreteria del Nazareno e non vuole inimicarsi troppo il Sud. Il dem Francesco Boccia, del resto, è stato chiaro: il punto di caduta è la sua legge-quadro del 2020. Con i Lep e i fabbisogni standard.
L’ALLARME DEL SUD SULLA LEGGE SPACCA ITALIA VOLUTA DALLA LEGA
«Se le Regioni non vengono messe nelle medesime condizioni di partenza – dice il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, che promette battaglia – con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, e se resta il criterio della spesa storica nel trasferimento dei finanziamenti alle Regioni, l’autonomia regionale differenziata sarebbe, per il Mezzogiorno, un grave danno che andrebbe ad aggravare l’attuale divario economico e sociale che penalizza il nostro territorio».
L’Assemblea campana si riunirà il prossimo 29 novembre in seduta straordinaria. Lo hanno richiesto 17 consiglieri regionali dei gruppi del centrosinistra e del M5S. «È un attacco al sistema di solidarietà e sussidarietà che finirà per togliere risorse e prospettive al Sud», tuona Vincenza Aloiso, senatrice M5S che ha depositato un’interrogazione parlamentare sottoscritta da 20 suoi colleghi.
I PALETTI DI ANTONIOZZI: AUTONOMIA CON IL PRESIDENZIALISMO
E il centrodestra? «Il presidente Giorgia Meloni ha ribadito, nel giorno dell’insediamento, che l’autonomia differenziata si farà, ma con un equilibrio armonico tra Nord e Sud e secondo un quadro di coesione nazionale»: così mette i paletti Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
«La garanzia che viene data dal presidente Meloni – prosegue Antoniozzi – è quella più sicura e conferma l’idea di un federalismo che è basato, però, su un quadro generale di coesione. Peraltro il presidente Meloni ha parlato di autonomia parallelamente alla riforma presidenziale che gli italiani invocano e che darebbe modernità alla nostra nazione».
Non c‘è ancora, dicevamo, un fronte del Sud compatto. Mario Occhiuto, presidente della Regione Calabria, dice di voler proseguire il confronto «senza pregiudizi».
Chi, invece, considera la proposta Calderoli «del tutto irricevibile», a partitre dal venir meno del carattere nazionale della scuola fino alle ipotesi di “residuo fiscale”, è il vice-presidente dei deputati del Pd alla Camera, Piero De Luca. Dovrebbe rivolgersi, però, anche al suo collega di partito, il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che è già pronto a trattare per tutelare gli esclusivi interessi della propria regione e per poter gestire in piena autonomia beni culturali e geotermia.
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