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Matteo Salvini e Roberto Calderoli

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Mettere d’accordo i dem non è facile. Calderoli c’è riuscito.  «Il nostro “no” a quella bozza è perentorio». Lo dice Francesco Boccia mentre la riunione è ancora in corso. «Nel Pd si è aperto un confronto, Michele Emiliano, vice-presidente della Conferenza Stato-Regioni dirà al ministro   che quella bozza del disegno di legge sull’autonomia differenziata per noi è irricevibile. La nostra è una posizione unitaria, condivisa dal tutto il partito. La Costituzione prevede che prima si  definiscano  i Lep. Chi è Calderoli per modificarla da solo? Uno dei costituenti?».

Sulla poltrona occupata oggi dal ministro leghista tre anni fa era seduto lui. Governo Conte II, dal 2019 al 2021. Riuscì a mettere tutti d’accordo e a far approvare all’unanimità dai presidenti delle regioni la legge-quadro, la cornice entro la quale si doveva dare attuazione al Titolo V e art. 116 e 177 della Costituzione. Le polemiche ci furono anche allora, ci fu chi all’interno del suo partito lo accusò di aver aperto la strada all’autonomia differenziata. «La mia proposta di un punto di incontro tra Nord e Sud ma anche tra aerea montane e zone interne – spiega ora l’ex ministro –  la bozza che ho letto mette le unghie su Trasporto pubblico, Scuola e Sanità partendo dalla spesa storica».

QUELL'”INVARIANZA” CHE CONDANNA IL SUD

In una prima stesura il disegno di legge Calderoli,  una sorta di Porcellum2,  non conteneva la parola “coesione” che pure è un fondamento della  Carta. Riveduta e corretta ha inglobato anche – articolo 7 – “la garanzia dell’invarianza finanziaria”.

Ovvero: per il Sud, a prescindere da eventuali intese,  le risorse resteranno sempre le stesse. Il divario non verrà colmato. Mancano gli asili nido? Continueranno a mancare? Non c’è il tempo pieno  a scuola? Continuerà a non esserci? E così via. Un meccanismo che è destinato a incidere sulla spesa corrente.

Può Calderoli forzare la mano e presentarsi in Parlamento con la sua “proposta indecente”?  «Non riesco ad immaginare una azione unilaterale  – è la risposta di Boccia che per anni ha mantenuto nel Pd la delega alle autonomie locali –  con che coraggio  i parlamentari del Sud voterebbero una legge del genere?».

RAMPELLI: L’AUTONOMIA DI PARI PASSO CON IL PRESIDENZIALISMO

Le perplessità sono a tutto campo.  L’autonomia  differenziata va approvata «senza mettere a repentaglio l’unità dello Stato», ha ribadito Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), vicepresidente della Camera. «Fino a prova contraria abbiamo sempre detto che l’autonomia  deve andare di pari passo con il progetto di riforma costituzionale in senso presidenzialista – spiega –: l’obiettivo delle due riforme è creare i giusti contrappesi».

Si pensa a tempistiche diverse, quella sull’autonomia  è una legge ordinaria mentre quella  presidenziale è una riforma costituzionale, molto più complessa. Rampelli  esclude che la Meloni metta mano ad uno solo dei due dossier. E in ogni caso anche Rampelli, come Boccia,  non prescinde dalla definizione dei Livelli essenziali di prestazione (i Lep): i servizi che lo Stato centrale, secondo l’articolo 117 della Costituzione, dovrebbe garantire in maniera uniforme.

DE LUCA: IL PD DORMIVA PRIMA E DORME ANCORA

Intanto, Vincenzo De Luca, in una conferenza stampa a Palazzo Santa Lucia, a Napoli, ha elencato ieri le ragioni per le quali la Campania chiederà il ritiro della bozza sull’autonomia  differenziata,  a partire «dall’esautoramento  totale delle competenze del Parlamento, del Ministero dell’Economia e della Conferenza delle Regioni. Spiega il presidente della Regione Campania: «Sull’accordo tra Stato e Regione si prevede solo l’invio di un parere della Commissione parlamentare, il Ministero ha 30 giorni per esprimere un parere poi scatta il silenzio-assenso. Il tutto viene ridotto a un rapporto a due tra presidente del Consiglio e presidente della Regione. Poi ci si dà un anno di tempo per la definizione dei Lep, ma se nell’anno non avviene si va avanti comunque. Non ridefinendo i Lep, i costi standard e nel merito le partite finanziarie relative alla garanzia dei diritti di tutti i cittadini interessati, ci ritroveremo di nuovo con il meccanismo della spesa storica».

E ancora, cogliendo un altro punto nevralgico della legge Spacca-Italia: «Viene prevista una compartecipazione al gettito fiscale della Regione che stabilisce l’accordo con il Governo. È evidente che, se si mantiene invariato il gettito fiscale complessivo nel nostro Paese, la cosa non può non avere una ricaduta sull’insieme delle attribuzioni finanziarie delle Regioni. È implicita – continua De Luca –  ma in qualche verso anche esplicitata, l’idea di comprendere la materia che riguarda il personale sanitario, scolastico e previdenziale. Questo significa rottura dell’unità nazionale. Nell’idea di qualche presidente di Regione del Nord c’è l’ipotesi di stipulare contratti integrativi regionali, è evidente che un’ipotesi del genere falsa completamente il mercato del lavoro e attiva un altro flusso di mobilità dal Sud al Nord. Questo rompe l’unità nazionale e accentua in maniera drammatica il divario fra Sud e Nord».

De Luca non è tenero con il suo partito rimasto finora “in sonno”:  «dormivano prima e dormono adesso, non c’è nessuna novità, siamo in piena narcotizzazione», ironizza il presidente campano che lancia un appello alla Meloni: «In queste settimane abbiamo sentito sempre parlare di Nazione e di interesse nazionale, vogliamo sperare, visto che è in discussione l’unità della Nazione, ci siano comportamenti conseguenti».

«Calderoli ritiri subito quel disegno di legge perché così si spacca l’Italia», è anche la richiesta di Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e presidente nazionale di Ali, Autonomie Locali Italiane. C’è pure però chi quel testo lo approva. Guarda caso Erik Lavevaz, presidente del Val d’Aosta pronto a partecipare «attivamente al confronto anzitutto con le altre realtà a Statuto speciale».

Apprezzamenti che arrivano anche dal presidente dem della Regione Toscana Eugenio Giani, a dimostrazione della schizofrenia e dell’anarchia che continua a caratterizzare Il Nazareno. «Beni culturali e geotermia sono le materie che chiederemo», annuncia prima di sedersi al tavolo di Calderoli. Al mercato dell’autonomia non si nega niente a nessuno.


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