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Nicolò Passalacqua

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«Mi hanno fatto il lavaggi del cervello»: le intercettazioni in carcere riguardanti Nicolò Passalacqua, aggressore di Davide Ferrerio

CROTONE – «Ho un brutto presentimento. Con questa ragazza va a finire che mi arrestano». Lo aveva confidato a una parente, come emergerebbe da una conversazione intercettata in carcere, il 22enne Nicolò Passalacqua, l’aggressore, il picchiatore, quello che ha ridotto in fin di vita il malcapitato Davide Ferrerio, il ventenne bolognese in coma vegetativo dopo essere stato aggredito, per un tragico errore di persona, nell’agosto scorso, a due passi dal Palazzo di giustizia.

Il pm Pasquale Festa, nella richiesta di misura cautelare, accolta dal gip Michele Ciociola, nei confronti di una madre di 41 anni e una figlia di 17 arrestate per concorso anomalo nel tentato omicidio in quanto ritenute le istigatrici, ricostruisce, analizzando le intercettazioni eseguite dalla Squadra Mobile della Questura, il percorso evolutivo di Passalacqua, che prima vuole accollarsi ogni responsabilità e poi si rende conto di essere stato manipolato al punto da arrivare a parlare di “lavaggio del cervello”.

L’attenzione degli inquirenti si sofferma sulle intercettazioni nella sala d’attesa della Questura. La figlia dice alla madre: «te l’avevo detto di non farlo venire», con riferimento alla partecipazione di Passalacqua alla spedizione punitiva nei confronti di un trentenne, scambiato per Davide, che chattava con la minorenne da un falso account col nome dell’ex fidanzato della ragazzina. «Quello sta morendo, non ci dovevamo mettere in questa situazione, è troppo pesante». Mentre gli agenti perquisiscono zaini e sequestrano telefonini, il giorno dopo il fattaccio, gli indagati che attendono di essere sentiti si tradiscono a più non posso e spunta già il riferimento al “tirapugni”, l’oggetto contundente col quale Davide è stato presumibilmente colpito e che ha causato conseguenze devastanti.

«Con quel coso gli hai menato», chiede la donna mentre mima il gesto dell’aggressione. «No, gli ho tirato un pugno». Ma già sentono il fiato sul collo degli investigatori. «Così imparate a scrivere», dice la donna rimproverando i ragazzi per i messaggi che presto confermeranno la ricostruzione accusatoria. Passalacqua già si aspetta che finirà in carcere. «Omicidio, c’è gente che ammazza veramente». E la ragazzina: «Vai in carcere, lo sai, vent’anni». «Io ne ho 21». «Mi sono messa in un casino che neanch’io so come mi sono trovata così». «Tranquilla, mi accollo tutto io».

L’AGGRESSORE DI DAVIDE FERRERIO CAMBIA ATTEGGIAMENTO VERSO I PRESUNTI COMPLICI

Passalacqua, inchiodato dai filmati della videosorveglianza, in carcere finisce subito per tentato omicidio. Passa qualche giorno e vanno a fargli visita i genitori e una cugina. L’analisi della ragazza: «Forse non hai capito che stanno dando la colpa solo a te, forse non hai capito che c’erano anche loro con te». «No, loro si sono presi la stessa pena mia… io l’ho picchiato quello e non loro». «Però sua mamma ti ha detto “vieni con noi”». Pian piano, col passare dei giorni, Passalacqua modifica il suo atteggiamento nei confronti delle donne, passando da una strenua difesa a una visione più neutra.

«Io stavo partendo, il 17 dovevo partire», dice a un’altra parente, che ricorda: «avevi trovato un lavoro». «Però la stessa sera è come se mi avesse fatto il lavaggio del cervello la madre». Rimanendo, gli avrebbe lasciato intendere la donna, avrebbe avuto più chance per conquistare la ragazza. La parente: «perché non lo hai detto che sua mamma… perché non hai detto tutta la verità». «Perché ancora non mi portano in nessun processo, al riesame la presenza l’hanno rifiutata». Ma Passalacqua si sofferma anche sul tragico errore di persona. «Che poi alla fine manco c’entra niente quel ragazzo… è un altro ragazzo».

Ma ecco le scansioni del dramma dalla viva voce dell’autore del pestaggio, compreso l’errore di persona indotto dal fatto che la persona che si era recata all’appuntamento e forse aveva notato il gruppo aveva comunicato alla ragazzina di indossare una maglia bianca. E i sospetti sono caduti su Davide colpevole di indossare una camicia bianca e di guardare il cellulare perché aveva un appuntamento con gli amici.

«Tu sei quel ragazzo che scriveva al telefono? Si è trovato vicino a me e quel ragazzo per vedere la reazione ha scritto “sto con la camicetta”… quando è scappato in mente mia mi sono detta… allora è lui… gli sono andato dietro e allora gli ho dato un pugno con una ginocchiata… ed è caduto per terra… poi mentre correvo si è girato e mi ha detto “che cazzo vuoi”… e là ancora più avvelenato… poi è uscita la cosa che non era manco lui quel ragazzo». Già. Era un tragico errore di persona.

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