La sede dalla Corte Costituzionale
3 minuti per la letturaCOSENZA – La sospensione fino al 2025 dei pignoramenti nei confronti delle aziende sanitarie calabresi è incostituzionale. La norma era stata inserita dal Governo nel decreto Fisco-Lavoro approvato a dicembre scorso, insieme ad un pacchetto di misure nate per modificare il decreto Calabria. La decisione era stata presa per consentire alle aziende di mantenere liquidità in cassa in attesa della ricognizione del debito e dell’eventuale circolarizzazione dei crediti da parte della struttura commissariale.
Ma per i giudici bloccare fino al 2025 ogni azione esecutiva è una misura «sproporzionata» che va contro l’articolo 24 della Costituzione. Ora spetterà al nuovo Governo modificare eventualmente la decisione, applicando però tempi più ragionevoli. La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tar calabrese in relazione ad alcuni procedimenti effettuati dai privati per ottenere quanto richiesto in termini economici.
Nella sentenza i giudici costituzionali stabiliscono in primo luogo come l’insieme delle misure governative sia coerente, tranne per questa sproporzionata durata temporale sul blocco dei pignoramenti. «La crisi dell’organizzazione sanitaria della Regione Calabria – si legge – è di tale eccezionalità da giustificare in linea di principio una specifica misura provvisoria di improcedibilità esecutiva e inefficacia dei pignoramenti, non essendo irragionevole, a fronte di una situazione così straordinaria, che le iniziative individuali dei creditori, pur muniti di titolo esecutivo, si arrestino per un certo lasso di tempo, mentre si svolge il complesso procedimento di circolarizzazione obbligatoria dei crediti e si programmano le operazioni di cassa. La discrezionalità del legislatore, nello stabilire una misura del genere, non può tuttavia trascendere in un’eccessiva compressione del diritto di azione dei creditori e in un’ingiustificata alterazione della parità delle parti in fase esecutiva».
C’è poi la grande confusione sulla natura di questi crediti: «Non è giustificata – infatti – l’equiparazione, agli effetti dell’improcedibilità, fra i titoli esecutivi aventi ad oggetto crediti commerciali e quelli aventi ad oggetto crediti di natura diversa, in particolare diritti di risarcimento dei danneggiati da fatto illecito e diritti retributivi dei prestatori di lavoro».
E ancora: «Anche per i crediti di natura commerciale, la durata del blocco esecutivo non può essere protratta per un intero quadriennio, senza che ne risulti violato il canone di proporzionalità. Per quanto complesse, le operazioni di riscontro devono essere svolte in un lasso di tempo più breve, anche mediante un adeguato impiego di risorse umane, materiali e finanziarie, che lo Stato deve garantire alla struttura commissariale. Infatti, oltre a rappresentare un’anomalia rispetto ai precedenti normativi – nei quali la durata della misura di improcedibilità, al netto delle proroghe, è sempre stata di un anno o inferiore all’anno –, il congelamento di tutti i pagamenti per quattro anni può porre il fornitore, specie se non occasionale, in una situazione di grave illiquidità, fino ad esporlo al rischio di esclusione dal mercato».
E dunque «valuterà il legislatore l’introduzione di una misura temporanea di improcedibilità delle esecuzioni e di inefficacia dei pignoramenti, qualora risulti indispensabile in rapporto all’eccezionalità dei presupposti, osservando tuttavia i sopra enunciati limiti, circa la platea dei creditori interessati, l’obiettività delle procedure e la durata della misura, e tenendo altresì conto degli effetti medio tempore prodottisi».
LA NOTA DELL’ACOP
«La decisione si presenta come un monito al Parlamento» afferma l’avvocato Enzo Paolini «dal momento che il legislatore appena decaduto aveva reiterato in maniera identica, finanche nelle virgole, una norma già dichiarata incostituzionale dalla Consulta per ben due volte. È un auspicio» continua Paolini «che il Parlamento appena insediatosi nutra rispetto per i diritti dei cittadini, tutelandoli nei confronti delle vessazioni della pubblica amministrazione e del legislatore, tali dovendosi intendere quelle simili all’annullamento dei diritti di credito sanciti da atti giudiziari definitivi solo in pregiudizio di una parte della popolazione, nel caso quella calabrese».
Soddisfazione anche per l’onorevole Michele Vietti, presidente dell’Associazione coordinamento ospedalità privata, «per la raggiunta conferma della efficacia del sistema giudiziario del Paese che, attraverso la magistratura, consente l’ordinato equilibrio nello svolgimento della vita civile e giudiziaria al servizio del sistema paese».
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