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POTENZA – In poco più di un anno avrebbero colpito almeno 35 volte, tra Potenza, Rionero, Lavello, Tito, Venosa, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Melfi, Moliterno, Avigliano e Banzi. A volte furti veri e propri e a volte acquisti con assegni rubati qua e là. Per questo da ieri mattina i fratelli Giuseppe (35) e Massimiliano Pio Albano (41), originari di Melfi ma da tempo residenti a Cerignola, sono di nuovo agli arresti domiciliari.
A disporre la misura nei confronti dei due pluripregiudicati è stato il gip di Potenza Sabino Digregorio, che ha accolto la richiesta del pm Daniela Pannone.
A bussare alle porte delle loro abitazioni sono stati gli agenti della sezione anticrimine della squadra mobile di Potenza, che hanno avviato le indagini dopo la denuncia della titolare di una nota ditta di manutenzione e rivendita di impianti termici del capoluogo.
La donna ha raccontato agli investigatori con quanta affabilità Giuseppe Albano si sarebbe presentato nella loro sede, ad agosto dell’anno scorso, spacciandosi per un imprenditore imparentato con un loro storico cliente, titolare di una ditta di calcestruzzi. In questo modo si sarebbe fatto consegnare 3 caldaie promettendo di tornare nel pomeriggio per pagare, cosa che ovviamente non avrebbe mai fatto.
O meglio, non quel pomeriggio e per tutt’altri fini, stando a quanto ricostruito dagli investigatori. Perché qualche giorno dopo la sua prima incursione qualcuno ha scassinato il cancello e la porta d’ingresso del capannone, portando via altre 15 caldaie, un chilometro di cavi di rame, materiale vario e un furgone con tanto di loghi e marchi della ditta sulla fiancata. Considerato che qualche ora dopo lo stesso furgone è stato ripreso da alcune telecamere di sorveglianza di Cerignola, gli inquirenti si sono convinti che anche il secondo colpo sia stato opera del più giovane dei 2 fratelli Albano.
Da allora gli agenti hanno dovuto faticare non poco per star dietro alle denunce di strani episodi più o meno simili che si sono susseguiti a ritmo incessante fino alla fine di settembre. A volte anche due casi al giorno nello stesso paese, forse per ottimizzare il viaggio da Cerignola.
Giuseppe Albano si sarebbe presentato sempre con identità diverse e sarebbe stato abilissimo a trovarne di nuove lungo la strada. Tra i suoi “alias”: imprenditori edili, titolari di paninoteche, imprenditori agricoli, titolari di negozi di alimentari, autotrasportatori, rappresentanti di vini, baristi, istoratori, titolari di una ditte per la vendita di prodotti farmaceutici ed ancora ingegneri di ditte di costruzioni.
Entrava in un negozio per acquistare della merce, di solito con un libretto di assegni rubato in tasca, e se i commessi si distraevano per un attimo si intrufolava negli uffici razziando contanti, portafogli, e persino bigliettini da visita. Poi prendeva la merce, lasciava uno di quegli assegni che in banca non avrebbero mai liquidato, e il giorno dopo si presentava in un altro negozio con la sua nuova identità e tanto di bigliettini da visita. Questo lo schema descritto dagli investigatori.
In un altro caso solo la diffidenza della titolare di una storica rivendita di bevande del capoluogo gli avrebbe impedito di portare via un migliaio di euro di merce. Infatti Albano si sarebbe presentato come dipendente di una ditta loro cliente, chiedendo di caricare tutto sul suo furgone. «Quando mi ha chiesto il nome del ragioniere e gli ho detto Giuseppe – ha raccontato l’imprenditrice – lui si è subito avvicinato chiamandolo “Peppe” e dicendogli che voleva lo stesso vino che aveva acquistato in precedenza. Cosa che oltre a non ricordare, abbiamo accertato, perché come ho detto prima la ditta (omissis) non ha mai acquistato alcolici da noi». E si faceva sempre consegnare la merce «a domicilio».
Due giorni dopo il suo furgone è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un supermercato, sempre del capoluogo, mentre “sgommava” all’arrivo dei primi dipendenti perdendo dal vano posteriore 4 forme da 40 chili di Grana Padano. Altre 15, le aveva già portate fuori assieme ad alcune «mortadelle intere nei cartoni», ma non aveva fatto in tempo a caricarle.
Stilare una lista del bottino racimolato nei colpi ricostruiti dagli inquirenti non è facile. Si parla di caldaie, stufe a pellet, materiale edile, un furgone, 3 paia di scarpe, un televisore, formaggi, salumi, olio, vino, bevande varie, una fresa semi-nuova, una saldatrice, attrezzi da officina e da giardinaggio, gioielli, 795 confezioni di pomodoro in scatola, 2mila e 200 euro di dolciumi, surgelati, profumi, semi di grano, concimi, un “negrino” portaluce, una tostiera, due affettatrici e persino un “gyros” elettrico per il kekab. Oltre a contanti e a dei sacchetti di monete prelevati dietro la cassa di un distributore di benzina.
Ai fratelli Albano sono contestati in totale 62 capi d’imputazione per furto aggravato, ricettazione di titoli di credito, truffa aggravata e falso documentale.
Assieme a loro risultano indagate a piede libero altre due persone: Franco Donadio e Pasquale Castellano.

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