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Il segretario della Lega e vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, con il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli

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Siamo davanti a una mina superiore a quella delle pensioni che può diventare a sua volta non disinnescabile perché non c’è nessuna voglia di riequilibrare tra ricchi e poveri figli della spesa storica e di un federalismo in salsa leghista e rossa che ha spaccato il Paese facendo il male dei primi e dei secondi. Alla fine si creerebbe un problema insanabile con il Mezzogiorno perché questo è uno dei pochi temi che unifica e moltiplica al cubo il dissenso della sua comunità. Si corre il rischio capitale di fare nuovo debito che non possiamo permetterci perché fa saltare tutto il delicato mosaico di finanza pubblica alle prese con un ciclo recessivo mondiale e una fibrillazione globale dei mercati

È arrivato il momento della verità. I numeri delle tabelline della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef)) sono stati messi a posto. Si continua, però, a parlare troppo di pensioni ed è un chiacchiericcio pericoloso che può svegliare il cane che dorme dei mercati che ha l’Italia sotto osservazione ma non la ha ancora trasformata in un caso. Si continua a parlare troppo di condoni mascherati da tregua fiscale e bisogna essere molto trasparenti per evitare di trasferire messaggi del tipo “tana liberi tutti” che non si vedono subito sulle entrate dello Stato ma poi arrivano e aprono voragini.

Attenti, soprattutto, a un cavallo di Troia che non è a costo zero che è l’autonomia differenziata. Se non ci sono i soldi per parare completamente il colpo del caro energia come ci possono essere quelli per equiparare i diritti di cittadinanza tra Nord e Sud nella scuola come nella sanità e nei trasporti che è un’operazione preliminare a qualsiasi ipotesi di autonomia differenziata? Non scherziamo sull’unità del Paese e sulla competitività minate da un regionalismo arruffone al quale si opposero dalla loro costituzione solo Ugo La Malfa e Giorgio Almirante con toni, sensibilità e sfumature differenti ma centrando entrambi il cuore del problema.

Come è ormai dimostrato che si sbagliò tutto con la riforma del 2001 del titolo quinto voluta dalla sinistra per inseguire i voti della Lega in una spirale dissolutoria, è assolutamente necessario oggi evitare che si muova alcun passo in questa direzione. Perché le distorsioni evidenti del federalismo fiscale all’italiana sono sopravvissute a tutte le stagioni della nostra politica e un’accelerazione su questo fronte frantumerebbe ulteriormente il Paese e annullerebbe i benefici del Piano nazionale di ripresa e di resilienza che si propone di restringere le distanze tra le due Italie. La riunione delle deleghe europee sotto il ministero di Fitto e l’individuazione di strutture tecniche centralizzate vanno esattamente nella direzione opposta dell’autonomia differenziata e puntano a colmare incapacità e ritardi del sistema burocratico regionale e ministeriale.

Noi siamo addirittura contrari in toto a ipotesi di nuovi assetti federalisti perché riteniamo fallimentare l’esperienza di gran parte delle Regioni, ma è evidente che solo sedersi al tavolo implica preliminarmente la disponibilità di chi oggi riceve indebitamente molto di più grazie al trucco della spesa storica di rinunciare a una quota dei suoi privilegi e di trasferire di conseguenza una componente rilevante delle sue risorse a chi parte molto svantaggiato subendo un vero e proprio sopruso. Ovviamente capite da soli che l’obiettivo di chi la propone è l’esatto opposto.

Che cosa può inventarsi la Meloni per non rimanere intrappolata nel discorso identitario che vogliono cucirle addosso? Come fare a sottrarsi ai tentativi di golpe masochisti della Lega di Salvini dalle pensioni all’autonomia differenziata? È molto peggio fare finta di partire per poi essere costretti a fare marcia indietro. Sarebbe meglio sganciarsi subito da questa roba perché non sono i tempi per potere fare una cosa molto audace come quella che sta pensando di realizzare sull’autonomia differenziata Calderoli che di certo è uomo competente della materia e molto navigato, quindi assolutamente da non sottovalutare.

Il tentativo di scindere la questione dell’Alto Adige dal Trentino sarebbe un grosso favore alla Südtiroler Volkspartei e consentirebbe di guadagnarsi un po’ di benevolenza dall’Austria che ha investito molto sul tema identitario, ma metterebbe in seria difficoltà le componenti leghiste trentine che sono al governo della provincia autonoma. La stessa autonomia differenziata mette in forte difficoltà anche Bonaccini capo dell’Emilia Romagna che afferma di volerla non per avere più soldi ma solo più poteri. Che è esattamente ciò che gli chiedono cooperative e industriali mentre il Pd si è già messo di traverso rispetto a qualsiasi cosa voglia fare il governo fingendo in questo caso di volere fare gli interessi del Sud.

È inevitabile, dunque, che questa iniziativa avvelenerebbe ulteriormente il clima politico perché soffia sul fuoco che incendia Lombardia e Lazio che sono due mine vaganti per tutto il quadro politico generale.

Per il centrodestra che è messo meno bene in Lombardia dopo l’uscita della Moratti e per il centrosinistra nel Lazio che se non riesce a mettersi insieme con i Cinque stelle e Calenda è fuori dalla partita. Tutto questo accade in una situazione complicata da uno scenario internazionale alle prese con una congerie di shock di tipo inflazionistico-monetario e finirebbe con l’essere una zeppa nelle ruote del governo perché se la Lega e la Destra non vincono in Lombardia e in Friuli Venezia Giulia i contraccolpi si farebbero sentire. Così come nello schieramento opposto la coincidenza a marzo tra tema caldo dell’autonomia differenziata e nuova elezione del segretario del Pd alimenterebbe altri sconquassi.

Siamo, insomma, davanti a una mina a tempo dell’autonomia che può diventare a sua volta non disinnescabile perché non c’è nessuna voglia di riequilibrare tra ricchi e poveri figli della spesa storica e di un federalismo in salsa leghista e rossa che ha spaccato il Paese facendo il male dei primi e dei secondi. Alla fine si creerebbe un problema insanabile con il Mezzogiorno perché questo è uno dei pochi temi che unifica e moltiplica al cubo il dissenso della sua comunità.

Si corre il rischio capitale di fare nuovo debito che non possiamo permetterci perché fa saltare tutto il delicato mosaico di finanza pubblica alle prese con un ciclo recessivo mondiale e una fibrillazione globale dei mercati. Si corre il rischio meno capitale, ma altrettanto rovinoso che si fa un compromesso per cui si vara un’autonomia differenziata che è solo un contentino di poteri, non di soldi. Partirebbero Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna, ma a catena ci sarebbero anche tutte le altre regioni, a partire da Campania e Puglia, che non sarebbero in grado di gestire il nuovo processo ammesso e non concesso che lo siano le prime citate. Si aumenterebbe solo la confusione e l’Italia già slabbrata non esisterebbe più. Per favore, non prendiamo la cosa sotto gamba.


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