Francesco Piro
4 minuti per la letturaPOTENZA – Potrebbe non rivedere molto presto l’aula del parlamentino lucano il consigliere regionale Francesco Piro. Sempre che i magistrati titolari dell’inchiesta sulla “mala politica lucana” non ravvedano qualcosa di peggio nel ritiro delle dimissioni presentate poche ore dopo l’arresto, e già poste alla base di un’attenuazione delle misure cautelari nei suoi confronti, e del permesso di partecipare a quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima seduta all’interno dell’Assise. Per congedarsi da eletti ed elettori.
A oggi, infatti, il capogruppo di Forza Italia in Regione resta sottoposto all’obbligo di dimora a Lagonegro, dopo aver trascorso una settimana in carcere e altre due agli arresti domiciliari. A disporre le restrizioni nei suoi confronti è stato il gip Antonello Amodeo, che il 10 ottobre si era sentito ripetere più volte dalla viva voce di Piro, e del suo legale, l’avvocato Sergio Lapenna, il carattere irrevocabile delle dimissioni presentate 3 giorni prima, con una nota inviata alla presidenza del Consiglio regionale intitolata «trasmissione dimissioni irrevocabili», in cui il consigliere regionale comunicava, in 8 righe scritte a mano, «le proprie irrevocabili dimissioni dalla carica di consigliere regionale e da tutti gli incarichi conseguenti».
«Non voglio più fare politica a vita». Queste erano state le parole pronunciate da Francesco Piro, durante l’interrogatorio di garanzia col gip, a conferma di quanto affermato dal suo legale. «Noi qui le depositiamo – si legge nella trascrizione del parlato dell’avvocato Lapenna – le dimissioni irrevocabili fatte dal Piro venerdì mattina, trasmesse anche tramite i carabinieri alla procura, anche con… Quindi non sono più revocabili perché c’è anche… proprio stamattina è arrivato, quindi il Signore è grande, data stampa 10 ottobre 2022, la protocollazione della Regione. Quindi, le dimissioni sono irrevocabili, lui non può più svolgere le funzioni di consigliere regionale. Non le svolge più (…) Questo è documentale».
Quanto siano stati convincenti il capogruppo azzurro e il suo difensore sarebbe emerso con chiarezza nell’ordinanza con cui il 14 ottobre il gip ha disposto, anche «sulla base di quanto documentato e rappresentato dalla difesa in ordine alle dimissioni del Piro», la sostituzione del carcere con gli arresti domiciliari nei confronti del principale indagato della maxi-inchiesta sulla “mala politica lucana”. Nonostante il parere contrario espresso dai pm. Più di recente l’asserita rinuncia al mandato elettivo del capogruppo di Forza Italia era stata presa a riferimento dal gip persino per decidere sulla posizione di un secondo consigliere regionale indagato, Rocco Leone (FdI), che fin dal primo momento ha respinto l’idea di dimettersi rivendicando non solo la totale estraneità alle accuse ma anche gli obblighi di fedeltà al mandato elettivo ricevuto.
A metà della scorsa settimana, infatti, il Tribunale del riesame aveva azzerato le misure cautelari in essere nei confronti degli altri 3 indagati colpiti da restrizioni: il direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera; l’ormai ex sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio; e un terzo consigliere regionale, nonché ex assessore all’Agricoltura, Franco Cupparo, che ieri è tornato nell’aula del parlamentino lucano per “votarsi” le dimissioni e tornare alla sua impresa di costruzioni. Lui sul serio.
Per questo sia Piro che Leone, colpito dal divieto di dimora a Potenza, avevano chiesto la revoca delle misure cautelari ancora in essere nei loro confronti. Ma il gip ha concesso soltanto al primo la sostituzione degli arresti domiciliari col più blando obbligo di dimora a Lagonegro. Negando «disparità di trattamento» tra l’uno e l’altro, «anche in considerazione del fatto – si legge nel provvedimento Amodeo – che il Piro ha rassegnato le dimissioni da consigliere regionale e da ogni altra carica connessa, circostanza che non risulta invece per la posizione di Leone».
Il “favore” accordato dal gip alla presunta rinuncia all’incarico del consigliere regionale azzurro, era riemerso, da ultimo, nel provvedimento con cui era stato concesso a Francesco Piro di partecipare alla seduta di ieri del parlamentino lucano. «Viste le dimissioni», inoltre, persino il pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Montemurro, aveva espresso parere favorevole alla richiesta del suo principale indagato. Al che Amodeo aveva detto sì, con le sole prescrizioni di non fare «soste intermedie» tra Lagonegro e l’aula del Consiglio regionale, e di trattenersi in Regione «per il tempo strettamente necessario alla seduta consiliare». Una concessione generosa, quella del gip, di cui difficilmente potrà godere anche il non-più-dimissionario consigliere regionale. Almeno fino a quando non sarà chiaro se le motivazioni alla base della decisione del Riesame siano estensibili o meno anche alla sua posizione.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA