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VIGGIANO – «Non hanno avuto l’umiltà di ascoltare»: queste le parole di rammarico pronunciate dal vescovo, Vincenzo Orfino, a conclusione della conferenza episcopale “Quale Futuro per la Basilicata: tra progresso sostenibile e responsabilità verso le nuove generazioni”, che, non a caso, si è tenuta a Viggiano, nella valle del petrolio. Il riferimento del delegato Ceb per il convegno ecclesiale nazionale Firenze 2015, era agli amministratori regionali in generale e, in particolare, date le tematiche trattate agli assessori all’Ambiente e alla Salute (Franconi e Berlinguer). Assente giustificato, invece, il presidente della Regione Marcello Pittella , che era a Matera.
Un’intera giornata, svoltasi ieri nel “cuore” dell’attività estrattiva che ha visto impegnate oltre seicento persone tra mondo religioso, istituzionale e civile su tematiche quali: ambiente, salute, economia e cultura. Il cammino e la riflessione delle sei diocesi della Basilicata in vista del convegno ecclesiale nazionale di Firenze. «Una nuova esperienza vissuta e anche un nuovo metodo instaurato – ha continuato il vescovo – che impegna tutta la Chiesa, pastori e laici, nel saper coniugare la conoscenza scientifica che riguarda ambiente, salute e petrolio con un giudizio etico per un dialogo con le istituzioni preposte». L’auspicio, quindi, è di «una commissione permanente fatta di pastori e laici che continuano lo studio sulle tematiche per un servizio ideale e non ideologico alle nostre popolazioni».
«Il futuro della Basilicata – ha aggiunto Orofino – dipende molto anche dalla soluzione, dal modo con sui affrontiamo le problematiche connesse alle estrazioni petrolifere. Dobbiamo essere bravi a tener insieme i tre aspetti e a saper custodire la natura, tutelare la nostra salute e promuovere un lavoro che possa dare risposta reale e vera alla domanda che ce da parte della nostra gente». Come fare? «Il metodo giusto per affrontare questi problemi è quello del dialogo e dello stare insieme. Sollecitare il protagonismo del popolo e della gente lucana. Senza fare populismo. Vogliamo che le risorse migliori, le “intelligenze” di cui la Basilicata è ricca, possano essere coinvolte per affrontare tutta la problematica connessa all’estrazione». L’appello dei vescovi lucani è tracciato dall’enciclica di Papa Francesco, “Laudato Si”: “proteggere la casa comune” controllando surriscaldamento climatico e altri danni ambientali, ma anche cambiare modello di sviluppo, per i “poveri”, e “per uno sviluppo sostenibile e integrale”. Ad esprimere tutta la profondità del messaggio del Papa, il vescovo Agostino Superbo che ha spiegato come la lettera papale sia «una grande carta per noi cristiani e per tutti gli uomini di buona volontà». Perché «la responsabilità verso la “terra” è di tutti gli uomini. Ecco perché il papa insiste sul rinnovamento delle relazioni, l’atto creativo di Dio crea tre relazioni “Dio, umanità (il prossimo) e la natura”. Con la “natura” dice il Papa si crea una reciproca responsabilità, a partire dal comando che c’è da parte di Dio». Due le parole chiave: coltivare e custodire. «Coltivare – ha spiegato Superbo – anche intervenendo scientificamente perché le qualità nascosta emergono a bonifica di tutti gli uomini, soprattutto, dei più deboli. Custodire è avere cura nella natura». «Il futuro della Basilicata – ha continuato Superbo – sono i ragazzi, le nuove generazioni». Durante il convegno, spazio ai relatori scientifici con la ricercatrice del Cnr – Ima, Simona Loperte che nell’ambito delle attività di ricerca che si sono svolte all’interno dell’Osservatorio Ambientale nel periodo 2012 – 2014, ha illustrato i tre progetti attuativi di ricerca, tra i quali quello finalizzato all’implementazione del bilancio ambientale industriale della Val d’Agri, tra i comuni di Grumento Nova e Viggiano, dove ha sede il Cova. Mentre il ricercatore dell’Università Cattolica Sacro Cuore – Alta Scuola per l’Ambiente di Brescia, Emanuele Cabini ha portato il contributo sull’esperienze del settore estrattivo in altri contesti. «Il petrolio – ha spiegato Cabini – oggi c’è ed è una risorsa non rinnovabile. Ad un certo punto finirà e cosa rimarrà dell’economia dopo il petrolio?».
Per il ricercatore dell’Alta scuola ambientale di Brescia, «le royalties non bisogna utilizzarle per spese correnti ma per investimenti sul territorio». «Bisogna – ha detto – investire nei monitoraggi ambientali sia per la tutela della salute umana per ricerche coerenti, legate al territorio stesso».

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