Franco Cupparo, Francesco Piro e Rocco Leone
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 MALAPOLITICA LUCANA, PIRO LASCIA I DOMICILIARI: LE MOTIVAZIONI DEL GIP
- 2 MALAPOLITICA LUCANA, LA DIFESA DI PIRO DOPO I DOMICILIARI TORNA IN CONSIGLIO?
- 3 LA POSIZIONE DELL’ASSESSORE DIMISSIONARIO CUPPARO
- 4 ANCHE LEONE SI RIVOLGE AI GIUDICE PER L’ATTENUAZIONE DELLA MISURA
- 5 MALAPOLITICA LUCANA, I FILONI DI INDAGINE
- 6 MALAPOLITICA LUCANA, I SUPERTESTI DELL’ACCUSA
Malapolitica lucana, dopo il Riesame, il gip si smarca dai pm: arresti sostituiti col divieto di dimora a Potenza, Piro lascia i domiciliari
POTENZA – Francesco Piro passa dagli arresti domiciliari a un più blando obbligo di dimora nel suo comune di residenza, Lagonegro. Il gip di Potenza, Antonello Amodeo, ha accolto, in massima parte, l’istanza di revoca delle misure cautelari presentata dal difensore del consigliere regionale di Forza Italia, l’avvocato Sergio Lapenna. Nonostante il parere sfavorevole del pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Montemurro.
Il provvedimento del giudice che, su richiesta dello stesso pm Montemurro, aveva emesso l’ordinanza di misure cautelari eseguita il 7 ottobre è arrivato ieri mattina. Meno di tre giorni dopo il verdetto del Tribunale del riesame che ha fatto tabula rasa delle misure in essere nei confronti di altri 3 indagati della maxi-inchiesta sulla “mala politica lucana”. Vale a dire l’ormai ex sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio, che si trovava agli arresti domiciliari, il direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera, che era sospeso dai pubblici uffici, e un altro consigliere regionale forzista, Franco Cupparo, che era sottoposto al divieto d dimora a Potenza.
MALAPOLITICA LUCANA, PIRO LASCIA I DOMICILIARI: LE MOTIVAZIONI DEL GIP
Nella sua nuova ordinanza il gip cita proprio il verdetto del Riesame, che definisce: «un significativo e quindi non trascurabile elemento di novità per la sola valutazione del grado delle esigenze cautelari ed in particolare per l’adeguatezza della misura in atto nei confronti del Piro».
D’altro canto, lo stesso Amodeo, evidenzia che il consigliere regionale azzurro, dimissionario dal giorno dall’arresto, «comunque rimane il coindagato gravato dal maggior numero di imputazioni provvisorie, anche di natura eterogenea rispetto a quelle della Di Lascio». Come pure si sofferma sul mancato deposito delle motivazioni della decisione del Riesame, attese al più tardi entro gli inizi di dicembre, che non permette di sapere se queste siano «estensibili o meno alla posizione del Piro, ovvero se le stesse debbano ritenersi limitate ai soli soggetti nei cui confronti il dispositivo è emesso».
Il gip ricorda, poi, la possibilità per la procura di proporre ricorso in Cassazione contro i provvedimenti del Riesame. Pertanto, anche in considerazione dell’«effetto certamente deterrente insito nella sofferta privazione della libertà per oltre 20 giorni», definisce «idonea» per Piro la misura dell’obbligo di dimora a Lagonegro. «Almeno – spiega – fino all’esplicitazione delle motivazioni del Tribunale del riesame e/o alla formazione del “giudicato cautelare” su tutte le fattispecie».
MALAPOLITICA LUCANA, LA DIFESA DI PIRO DOPO I DOMICILIARI TORNA IN CONSIGLIO?
Sul provvedimento del gip ieri è intervenuto anche l’avvocato Lapenna, spiegando che chiederà al giudice un permesso speciale per consentire al suo assistito di partecipare alla seduta del Consiglio regionale già fissata per venerdì 4 novembre. Seduta in cui il parlamentino lucano dovrebbe prendere atto delle dimissioni presentate da Piro e da Cupparo, che ha anche rinunciato all’incarico di assessore regionale all’Agricoltura, e consentire la loro surroga con i più votati tra i non eletti di Forza Italia.
Parlando con l’Adnkronos, Lapenna ha escluso un ripensamento del quasi ex capogruppo azzurro rispetto alle dimissioni, che restano revocabili fino al voto del Consiglio. D’altra parte ha spiegato che sarebbe intenzione di Piro prendere la parola in aula un’ultima volta per spiegare le ragioni del suo gesto ed esprimere «considerazioni di carattere personale visto che sotto il profilo umano non ha ricevuto solidarietà». Un appunto, quest’ultimo, che sarebbe rivolto in particolare ai vertici nazionali di Forza Italia, rimasti in silenzio nonostante le professioni di garantismo.
LA POSIZIONE DELL’ASSESSORE DIMISSIONARIO CUPPARO
Venerdì anche l’altro dimissionario, Cupparo, aveva ipotizzato, parlando con la Tgr, la sua presenza in Consiglio regionale venerdì prossimo.
L’ex assessore, che in passato ha già annunciato per due volte le dimissioni ritirandole in un secondo momento, non ha escluso del tutto anche la possibilità di un ulteriore ripensamento. La sua disponibilità a partecipare alla seduta di venerdì, ad ogni modo, sarebbe legata anche all’esigenza di assicurare alla maggioranza guidata dal governatore Vito Bardi le presenze necessarie tra i banchi dell’aula Dinardo a garantire il numero legale e la validità della surroga.
È attesa per martedì, infine, la decisione del gip sull’istanza presentata venerdì dall’ultimo dei 5 destinatari dell’ordinanza di misure cautelari eseguita il 7 ottobre, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Rocco Leone, a sua volta sottoposto al divieto di dimora a Potenza, e per questo sospeso dall’incarico per effetto della legge Severino.
ANCHE LEONE SI RIVOLGE AI GIUDICE PER L’ATTENUAZIONE DELLA MISURA
Anche il legale di Leone, l’avvocato Nuccio Labriola, si è rivolto al giudice in seguito alle decisioni del Tribunale del riesame, che hanno sconfessato l’impianto dell’inchiesta originariamente condiviso dal pm e gip.
In seguito agli interrogatori di garanzia, infatti, anche quest’ultimo aveva già iniziato a mostrare alcune perplessità. In particolare sul ruolo del dg del San Carlo, Spera, sollecitando agli inquirenti una rivisitazione di tutti gli elementi raccolti.
A differenza di Cupparo e Piro, Leone, non ha mai comunicato l’intenzione di dimettersi dal Consiglio regionale. Per questo non è del tutto scontato che il giudice gli conceda l’auspicata revoca del divieto di dimora, consentendogli di tornare nell’aula del parlamentino lucano.
Da considerare, tuttavia, ci sono i tempi necessari per la pronuncia della Cassazione sul probabile ricorso dei pm contro le decisioni del Riesame. Tempi che potrebbero rinviare la definizione del cosiddetto “giudicato cautelare” oltre l’inverno, suggerendo al gip di limitare al minimo gli “effetti collaterali” dell’inchiesta in attesa di capire cosa sopravvivrà ai rilievi “sposati” dal Riesame.
MALAPOLITICA LUCANA, I FILONI DI INDAGINE
A febbraio, il pm Montemurro e il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, avevano sottoposto al gip, che ha emesso le misure cautelari, le risultanze di tre distinti filoni d’indagine.
Il primo ha preso di mira il progetto del nuovo polo ospedaliero di Lagonegro, mai sorto. Il secondo, i pacchetti di voti “scambiati” in occasione delle elezioni comunali vinte da Di Lascio a Lagonegro, nel 2019, con promesse di trasferimenti, nomine, promozioni, affidamenti di servizi pubblici, favoritismi. Il terzo, infine, l’esistenza di una corsia preferenziale per i “vip” e gli amici dei “vip” della politica regionale della Basilicata per l’accesso ai tamponi diagnostici del covid 19 durante le prime terribili settimane della pandemia. Per quest’ultimo, però, non sono state disposte misure cautelari.
A far partire le verifiche sui primi due filoni d’indagine era stata la denuncia, a novembre 2019, dell’allora direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, che ha riferito di aver ricevuto pressioni indebite dall’allora assessore alla Sanità, Leone, e poi ha preso di mira anche il suo successore, Spera.
MALAPOLITICA LUCANA, I SUPERTESTI DELL’ACCUSA
In seguito, malgrado alcune perplessità al riguardo tra gli investigatori, i pm hanno “eletto” a superteste dell’accusa un altro co-indagato nella medesima inchiesta, l’ex segretario del governatore Bardi, Mario Araneo, che ha riscontrato le dichiarazioni del suo “protetto” Barresi, riferendo di una «compagine» interna all’amministrazione regionale e guidata da Cupparo, Leone e Piro, che «quotidianamente offendeva la reputazione e la professionalità» del dg. Offese che, a detta di Araneo, non sarebbero state ispirate dalle oggettive criticità emerse durante la sua gestione dell’azienda ospedaliera regionale, ma dalla volontà di destituirlo per «le mancate adesioni (…) alle continue richieste di sistemazione di amici che provenivano dagli assessori e/o richieste inerenti la regolamentazione dei cospicui interessi sottesi alla realizzazione del nuovo ospedale di Lagonegro secondo il volere degli stessi assessori».
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