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POTENZA – La consigliera delle Pari Opportunità della Regione Basilicata scende in campo a favore delle lavoratrici della Sata di Melfi, chiedendo ai vertici aziendali di accogliere la richiesta accompagnata da centinaia di firme: cambiare le tute chiare che hanno preso il posto di quelle blu, a causa del ripetersi di incresciosi e imbarazzanti episodi nel periodo del ciclo mestruale. «Si ritorni alle tute blu od almeno solo al pantalone scuro, nel pieno rispetto del corpo delle donne, le cui esigenze non possono non essere ascoltate dal management Fca», è l’appello dell’Ufficio della consigliera, che stigmatizza la risposta dell’azienda. Nel corso di un incontro tenuto, nei giorni passati, i manager della Sata hanno fatto sapere che, per evitare questo tipo di problema, a partire da gennaio forniranno delle culotte. Risposta che non era piaciuta alle lavoratrici. E nemmeno alla consigliera di Parità, Maria Anna Fanelli che esprime il suo dissenso, parlando di una risposta che «stupisce e scandalizza, perché gravemente offensiva e lesiva delle esigenze del corpo delle donne».
Un disagio che per altro, secondo la consigliera, si aggiunge a tutte le difficoltà che nel mondo del lavoro operaio pesano sulle donne.
«Nell’ambito delle mansioni operaie – spiega Fanelli – pesa sulle donne un’organizzazione del lavoro poco integrata con l’esigenza di cura della famiglia, a causa di un ciclo produttivo che tende spesso ad essere più rigido rispetto a quello dell’ attività impiegatizia. A a tale proposito basti ricordare che su sette ore e cinquanta di lavoro, le lavoratrici possono usufruire soltanto di tre pause di 10 minuti ciascuna. Inoltre, in genere – aggiunge la consigliera – fra le operaie prevale l’impegno del tempo pieno rispetto al part time, non solo a causa dei ritmi produttivi, per come già detto, ma anche a causa delle esigenze economiche delle famiglie». Il caso specifico – secondo la consigliera di Parità – non fa che evidenziare come la cultura aziendale «non è ancora pronta a strutturare un’organizzazione del lavoro strettamente connessa ed integrata con le esigenze delle donne, ed in questo caso del loro corpo». Il che «va scapito soprattutto del benessere lavorativo che l’azienda ha l’obbligo di garantire ed assicurare anche al lavoro femminile». Dunque, in fatto di pari opportunità, c’è ancora molto da fare. Fanelli si rivolge direttamente ai vertici aziendali per invitare a guardare alle differenze di genere nell’organizzazione del lavoro come a una risorsa e non a un vincolo. A evitare ogni tipo di discriminazione diretta o più spesso indiretta e soprattutto a favorire l’intreccio tra i tempi e le modalità di lavoro e quelli della vita privata. Per evitare che, in caso contrario, si incida negativamente non solo sul benessere lavorativo ma anche sulla dimensione della qualità della vita delle lavoratrici.
E la voce della Fanelli a favore delle operaie di Melfi non è l’unica. Anche la portavoce del Psi, Maria Pisani, prende posizione sulla delicata questione: «Leggendo la risposta dei dirigenti Fca di Melfi e mi chiedo cosa abbiamo sbagliato in questi anni. Il libro del Levitico va ancora di moda? La nostra è semplicemente un’indisposizione che passa regolarmente in qualche giorno, non una indisposizione che cancella in tre parole decenni spesi a superare stereotipi, abbattere tabù».
«Noi sappiamo – ha concluso Pisani – quanto sia importante per una donna il periodo del ciclo mestruale. Meritiamo rispetto». Al momento, però, sono solo le donne a spendersi per le donne. Il mondo maschile tace.
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