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Giorgia Meloni

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Partire con il piede giusto significa non pagare la bolletta ai ricchi, ma spendere i soldi per l’economia. Significa una composizione della spesa fatta di meno sussidi e di più investimenti. Si deve potere accertare che i soldi del Pnrr sono spesi e bene, a partire dal Sud. Una percezione internazionale che la stagione italiana dei bonus è finita e che la macchina delle riforme cammina, aiuterà a prendere le decisioni comuni europee che sono assolutamente necessarie. È interesse di questo governo avviare una discussione europea tenendo la barra dritta sull’asse tracciato da Draghi che ha portato a isolare i tedeschi. In Europa e in America si fidano molto dell’ex premier italiano ed ex presidente della Bce e se Giorgia Meloni dà immediatamente l’idea di mantenere l’asse con i francesi sui temi energetici come su quelli degli investimenti e, infine, del debito comune può sorprendere tutti e ottenere grandi cose a livello europeo. Per litigare su altro con gli alleati d’Oltralpe c’è tempo.

Se il governo Meloni fa una manovra con la composizione giusta, parte con il piede giusto e farà molta strada. Altrimenti tutto sarà più complicato e rischia di fermarsi presto. Se mette, ad esempio, i soldi sugli investimenti e sul Mezzogiorno non solo fa benissimo, ma guadagna credito e reputazione. Se invece di selezionare gli aiuti dando a chi è davvero messo male indulge alla pratica collettiva degli aiuti a pioggia, si fa subito una cattiva nomea.

Si faccia ricorso, se necessario, all’Arma dei carabinieri e ai migliori amministrativisti italiani, ma soprattutto si utilizzino implementandoli poteri e metodo della nuova governance voluta da Draghi affinché partano subito i cantieri del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che valgono in tutto dieci punti di prodotto interno lordo (Pil) nell’arco temporale del programma. Non si possono buttare soldi che non si hanno facendo nuovo debito e rischiando l’osso del collo sui mercati e, per di più, dare allo stesso tempo prova tangibile che non si è abbattuto il muro tutto italiano della incapacità di fare spesa produttiva. Perché quei soldi europei del Pnrr sono lì per essere investiti subito e nessuno capirebbe ulteriori rallentamenti.

Fare la manovra con la composizione giusta significa che non si paga la bolletta ai ricchi e si spendono i soldi per l’economia. Che si ferma la politica dei sussidi e si rende più equo e efficace lo strumento del reddito di cittadinanza, ma soprattutto si fanno partire gli investimenti pubblici che producono lavoro e ricchezza e alimentano il moltiplicatore degli investimenti privati. Si deve potere accertare che i soldi del Pnrr sono spesi. Si devono esibire ai funzionari europei gli stati di avanzamento lavori (i cosiddetti SAL) delle singole realizzazioni. Perché varranno solo questi.

C’è, poi, un secondo capitolo altrettanto decisivo che viaggia parallelamente. Si deve essere attentissimi alla comunicazione internazionale. È interesse di questo governo avviare una discussione europea tenendo subito la barra dritta sull’asse tracciato da Draghi che ha portato a isolare i tedeschi. In Europa e in America si fidano molto dell’ex premier italiano ed ex presidente della Bce e se Giorgia Meloni dà immediatamente l’idea di mantenere l’asse con i francesi sui temi energetici come su quelli degli investimenti e, infine, del debito comune può sorprendere tutti e ottenere grandi cose a livello europeo. Ci sarà tempo per litigare sulle scorribande finanziarie d’Oltralpe in casa nostra.

In questo senso, ha la strada spianata perché, oltre a Draghi che si è impegnato tantissimo per difendere la serietà riconquistata dell’Italia che sopravvive a lui, hanno lavorato in silenzio per dare credito alla leadership di governo della Meloni e alla nuova stabilità italiana il commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, e il membro del board della Banca centrale europea (Bce) Fabio Panetta. Sono tutte persone che contano dentro le istituzioni europee perché sono stimate.

Parliamoci chiaro, se si evita che la prima uscita sia con Orban e si individua, si comunica e si difende una composizione della spesa fatta di meno sussidi e di più investimenti che partono anche subito, allora la percezione internazionale che la stagione italiana dei bonus monopattini e psicologici è davvero finita aiuterà a prendere le decisioni comuni europee che sono invece necessarie. Serve un’operazione verità perché non siamo nelle condizioni miserevoli di una economia chiusa come era ai tempi della pandemia, ma piuttosto di un’economia italiana che è andata meglio di tutti in Europa fino ad agosto e che sta ora rallentando, ma non è ancora in profonda recessione come nel 2020.

Quello che è oggi decisivo è la capacità di procedere subito sulle semplificazioni e magari anche una commissione di esperti che seppellisca flat tax e idee strane di interventi pensionistici. Questo è davvero necessario se si vuole mantenere un rapporto con le autorità europee che hanno dato all’Italia circa 200 miliardi tra aiuti a fondo perduto e prestiti a tassi di favore oltre ai super acquisti della Bce e mettere così a fattore comune le risorse e la capacità negoziale per fare a livello europeo quello che invece ognuno dovrebbe fare per conto suo.

Se otteniamo di fare tutto ciò a livello europeo paghiamo malcontati due punti in meno di interessi sul costo del debito che a regime valgono decine e decine di miliardi di minori oneri sullo stesso debito, misurato in rapporto al Pil, e che sono altrettanti soldi che si liberano. Quello che avremmo dovuto pagare di interessi sul debito possiamo usarlo seriamente per la crescita, per fare la digitalizzazione, per fare le infrastrutture che riunificano il Paese, per fare tutti insieme interventi sui beni di investimento comune.

L’esempio decisivo è proprio quello dell’energia. Anche se l’Europa non tornasse a dare soldi gratis come ha fatto con la pandemia ritenuta da tutti una situazione irripetibile, ma facesse debito comune a tassi europei, che non sono quelli italiani, il vantaggio per le nostre imprese e le nostre famiglie sarebbe di assoluta rilevanza. Tutto questo che politicamente è stato già ben costruito avverrà se il nuovo governo continuerà a dare in Europa quella percezione di serietà che proprio la neo premier ha dato in tutta la campagna elettorale. Ora dalle parole si deve passare ai fatti. Nelle scelte e nei comportamenti deve essere subito chiaro agli uomini delle istituzioni europee e alla comunità degli investitori globali che si fa quello che ha detto la Meloni, non quello che hanno sostenuto e, purtroppo, continuano a sostenere Berlusconi e Salvini.

Questo, per il mondo, significherà che l’Italia è diventata un Paese serio come lo era l’Inghilterra degli anni d’oro e che esercita a pieno titolo il ruolo di Paese Fondatore dell’Europa mentre la Gran Bretagna della Brexit che ha rischiato di portare il mondo sull’orlo di una crisi finanziaria globale e in tre settimane di governo conservatore Truss ha reso molto più poveri gli inglesi è diventata la barzelletta della politica europea. Ricorda da vicino, è vero, le stagioni peggiori della nostra Italietta politica, ma ci dà comunque molto fastidio che usino queste cartoline stereotipate di un luogo comune che ci danneggia molto e su cui ci sarebbe molto da discutere. Soprattutto ora che l’Italia, non la Germania, ha dimostrato di essere la locomotiva d’Europa. Per loro, noi oggi possiamo essere solo un modello da imitare. Anche per questo il nuovo capitale reputazionale va preservato e incrementato. Guai a sciuparlo, perché a noi non sarebbero concesse prove d’appello.


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