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PETILIA POLICASTRO (KR) – Il “celebrante” entrava in azione di sabato. E il sabato «è un giorno che assume particolare valenza simbolica nel rituale ‘ndranghetistico». Il “celebrante” si sedeva a capotavola, sapeva dove collocare fazzoletti e coltelli, conosceva a memoria il cerimoniale e officiava.
C’è spazio anche per i battesimi di ‘ndrangheta nelle motivazioni, appena depositate, della sentenza con cui il gup distrettuale di Catanzaro, Matteo Ferrante, nel luglio scorso, ha disposto otto condanne nei confronti di altrettanti presunti affiliati alla cosca di Petilia Policastro (e due assoluzioni per posizioni marginali) nel processo scaturito dall’inchiesta che aveva portato nel gennaio 2021 all’operazione Eleo, e ha scagionato, sia pure con formula dubitativa, il presunto reggente Rosario Curcio dall’accusa di essere stato il mandante di un omicidio, un caso di lupara bianca, quello dell’allevatore Massimo Vona, scomparso nel nulla nell’ottobre 2018. Un fatto di sangue per il quale era stata peraltro proposta l’assoluzione anche dal pm Antimafia Pasquale Mandolfino.
Il ruolo di Curcio come “officiante” nelle cerimonie mafiose era già emerso dopo un precedente arresto, avvenuto sul finire del 2018 nell’ambito dell’operazione Tisifone, condotta dalla Dda contro le cosche di Isola Capo Rizzuto. Nel processo che ne è scaturito, Curcio è stato condannato a dieci anni per associazione mafiosa e per questo è stato assolto, nel nuovo procedimento, dalla medesima accusa anche se comunque si è beccato una pena di 8 anni per le estorsioni di cui è stato ritenuto mandante.
Ma viene chiamato in causa anche da un nuovo pentito, Domenico Iaquinta, secondo il quale «ultimamene battezzava tuttu ‘u munnu ‘u Pilurussu (nomignolo di Curcio, ndr), jia ‘sti paisi paisi, tutti uomini facianu, iddu e Tommaso Ierardi. A li isolitani, a chiri papalei dha… come si chiamano… tutti quanti chiri guegliuni i Isola». Il riferimento sembra essere a riti di affiliazione di ‘ndrangheta risalenti a maggio e settembre 2018 per il battesimo e il conferimento di nuove “doti” alle giovani leve della cosca di Isola Capo Rizzuto. Il 2018, in una casa diroccata nella località Sovereto, si sarebbe svolto formalmente il rito di affiliazione di Francesco Macrillò, Santo Claudio Papaleo e Antonio Nicoscia.
Il battesimo era presieduto da Curcio, «esaltato», osserva il gup, dai nuovi affiliati come colui che aveva i titoli per poter celebrare la cerimonia. Perché conosceva «tutto a memoria il rituale di affiliazione alla ‘ndrangheta». Il 15 settembre dello stesso anno sarebbe stata accertata la celebrazione di un’ulteriore cerimonia per attribuire nuove doti a Papaleo e affiliare Gianfranco Calaretta. In entrambi i casi i riti erano officiati di sabato.
Per il gup, essendo pacifica la celebrazione dei rituali accertati nel processo Tisifone in cui Curcio è stato già condannato, tale circostanza prova il riconoscimento della cosca petilina da parte delle altre consorterie criminali. Ma nel corso del nuovo procedimento sono stati accertati anche summit di ‘ndrangheta. Curcio c’era sempre. E anche stavolta gli incontri avvenivano di sabato. Il 20 ottobre 2018, nella località Torre Rinosi, i “petilini” avevano organizzato un pranzo a cui parteciparono i maggiorenti delle organizzazioni ‘ndranghetistiche cirotana e cariatese. Per la cosca petilina c’erano, oltre all’immancabile Curcio, Massimo Cosco, Mario Garofalo, Antonio Grano; per la rappresentanza silana Oreste Vona e Giuseppe Garofalo; per il “locale” di Cirò pezzi grossi come Francesco Amantea, Giuseppe Cariati e altri; per la ‘ndrina di Cariati Giorgio Greco, quest’ultimo accompagnato da un avvocato del Foro di Castrovillari.
Che non si trattasse di un mero ritrovo conviviale sarebbe dimostrato dall’accortezza dei partecipanti: «quando vai nelle costruzioni ti devi spaventare di tutto…ti devi guardare da tutto…quando vai in questi boschi non c’è niente, puoi dire che cazzo vuoi». Ma sono stati ricostruiti anche quattro matrimoni mafiosi, e anche stavolta Curcio c’era sempre. Quando si sposavano esponenti di rilievo del clan, l’”officiante” non poteva mancare.
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