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Il Consiglio regionale della Puglia

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Danilo Maffei, canidato non eletto alle elezioni regionali, indagato per corruzione elettorale: avrebbe promesso 30 euro per ogni voto

FOGGIA – Danilo Maffei candidato non eletto per il centrodestra (La Puglia Domani) alle elezioni regionali pugliesi del settembre 2020 era disposto «a pagare il singolo voto con la cifra di 30 euro in contanti»: per tale motivo è oggi indagato per corruzione elettorale.

E’ quanto emerge dall’ordinanza del Gip di Foggia che ieri ha portato all’interdizione dai pubblici uffici per un anno del padre dell’ex politico foggiano, Ludovico Maffei, accusato di minacce durante un’altra campagna elettorale condotta per il figlio, quella per le comunali di Foggia 2019.

Secondo l’accusa, Maffei padre, ex presidente di Astra, cooperativa di servizio per asili comunali, avrebbe minacciato di licenziamento le lavoratrici della cooperativa se non avessero votato per suo figlio Danilo (poi eletto) alle comunali.

Riguardo alla vicenda delle regionali (Danilo non fu poi eletto) una lavoratrice di Astra ha raccontato che una volta era in compagnia dell’ex fidanzato quando fu avvicinata da un conoscente che chiese loro se potevano «votare una persona che sarebbe stata disposta a pagare il singolo voto con 30 euro in contanti. Incuriosita – si legge nell’ordinanza – chiedevo quale candidato avremmo dovuto votare. Il giovane ci diceva che il candidato era Danilo Maffei».

Per questa e altre analoghe vicende legate alle regionali, ci sono 21 persone, tra cui lo stesso Danilo Maffei, indagate per corruzione elettorale. Secondo l’indagine della Digos, diversi elettori avrebbero fotografato la scheda elettorale nell’urna per dare prova della preferenza espressa.

Per quanto riguarda invece le comunali del 2019 (indagine che ha portato ieri all’interdizione di Maffei padre), secondo l’accusa l’ex presidente di Astra chiedeva alle dipendenti di portare «almeno per ognuna di voi quindici voti, altrimenti salutate a tutte quante. Chi mi aiuta, io aiuto. Chi non mi aiuta se ne va a casa».

Una delle dipendenti ha anche raccontato che Maffei chiedeva loro di preparare una lista dei parenti e conoscenti con nome e cognome, numero di tessera elettorale e foto «per verificare coloro che mi garantivano il sostegno».

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