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REGGIO CALABRIA – In Calabria ci sono minori che decidono di collaborare con la giustizia contro i propri genitori ed altri che, invece, sono costretti a subire il volere dei familiari e accettare un fidanzamento “forzato”.

Due storie diverse, maturate in contesti territoriali differenti: la Piana di Gioia Tauro e la Locride, ma frutto di un mondo parallelo. Un mondo fatto di regole d’onore, di strategie criminali. Un mondo governato da uomini e donne d’onore, dominato dalla ‘ndrangheta.

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Una storia manzoniana riletta al contrario, con i bravi che spingono perchè il fidanzamento s’ha da fare. Stella, il nome è di fantasia, è la protagonista involontaria e sfortunata di un fatto che si è sviluppato nella Locride ed è stato registrato dai magistrati della Direzione distrettuale che stavano lavorando all’inchiesta “Acero Krupy”. Stella è la figlia del boss di una delle famiglie più potenti e temute della provincia di Reggio Calabria. E’ ancora minorenne quando le microspie della Procura della Repubblica aprono uno squarcio sulla vita familiare del casato di ‘ndrangheta. Il padre per incentivare i legami con altre famiglie criminali operanti sul territorio e incrementare il potere della propria, assecondato dalla moglie, avrebbe scelto il destino della giovanissima figlia.

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Si sa, i legami parentali sono tenuti particolarmente in considerazione negli “statuti” delle famiglie di ‘ndrangheta. Non solo dal punto di vista umano, ma soprattutto criminale, in quanto “il fidanzamento in argomento – come si legge nelle carte del decreto di fermo – ha un fortissimo valore vincolante ed in tale circostanza ha anche un valore di interesse ‘ndranghetistico, in quanto ha lo scopo di legare in maniera forte le famiglie aumentando così anche numericamente il valore della consorteria mafiosa ed avere più potere nel competente locale e di conseguenza nella ‘ndrangheta”.

Così, per Stella era già pronto un fidanzamento, al quale non si poteva dire di no, con il giovane rampollo di un’altra potente cosca di ‘ndrangheta della Locride di otto anni più grande di lei. Un legame, come scrivono i magistrati della Dda reggina nelle carte del decreto di fermo, “forzato ed insistentemente voluto da parte della famiglia”, che aveva ottenuto l’avallo del padre e dello zio: temuto padrino della consorteria. Un rapporto da instaurare a tutti i costi, anche davanti al diniego della ragazza che, da quanto emerge dall’inchiesta, si era invaghita di un ragazzino della sua età.

La ragazzina sarebbe stata sottoposta ad una “forzatura psicologica” e, in questo caso, non avrebbe nemmeno potuto contare sul supporto della zia che, invece, aveva sposato in pieno la volontà del padre della piccola e di sua sorella. Tanto da insistere, insieme alla mamma della ragazzina, sul “fidanzato designato” dal non desistere “dal pressare” Stella per giungere al “tanto agognato fidanzamento”. Un’insistenza che avrebbe ottenuto il risultato sperato non molto tempo dopo, quando Stella avrebbe ceduto alle pressioni e, come scrivono gli inquirenti, soccombendo “al costringimento psicologico”, stanca di resistere avrebbe accettato il “fidanzamento forzato”. Una decisione che avrebbe finalmente riportato la serenità in casa e convinto i genitori ad organizzare una festa per festeggiare la nuova coppia che stava per nascere.

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