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I vescovi e i cattolici, tramite il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, scendono in campo contro l’autonomia differenziata

“L’Autonomia differenziata danneggia il Sud e l’Italia: non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze: “Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali”

Così parlò Matteo Zuppi, presidente della Conferenza italiana episcopale (Cei). Una presa di posizione netta e inusuale. Una scomunica, pronunciata dall’arcivescovo di Bologna, la città dove ha sede la regione amministrata da Stefano Bonaccini, un fan dell’autonomia e perciò tanto più coraggiosa. Il cardinale si è richiamato a quelli che il pd, cioè il partito di Bonaccini, considera valori, “logiche inclusive, non di esclusione”.

VESCOVI E CATTOLICI CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA

E’ tutto scritto nero su bianco. Si legge nel documento finale approvato dai vescovi si riunirono alla fine di agosto a Benevento al Centro “La pace” fondato da don Emilio Matarazzo.

Per non incorrere in controversie geografiche i vescovi preferirono parlare di “Aree Interne”, zone in stato di avanzato abbandono politico, economico e culturale, da tutelare. Zone dove il divario e le disuguaglianze sono in tutto e per tutto simili ai Mezzogiorno.

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È importante ricordarlo ora, ora che l’Autonomia differenziata è uno dei primi punti all’ordine del giorno del futuro governo Meloni. Matteo Salvini vorrebbe che se ne parlasse sin dal primo Consiglio dei ministri. Un prezzo da pagare per tenere unita una maggioranza molto più eterogenea di quanto si pensi – e lo si vede anche nelle tensioni che in queste ore stanno precedendo la nascita del nuovo esecutivo – un obiettivo che i dirigenti più illuminati della Lega consideravano fino a ieri desueto e superato e che ora invece sarà un trofeo da esibire per recuperare i voti persi dal Carroccio in Veneto e Lombardia. Il presidente Cei lo disse in modo chiaro: “La tentazione dei campanilismi è presente, eppure se i ‘campanili’ li mettiamo insieme possono rappresentare ancora un fattore di crescita mentre il campanilismo è il passato. Possono diventare antenne ed è di questo che c’è estremo bisogno.

I VESCOVI NON VOGLIONO FARE GLI ACCOMPAGNATORI VERSO LA MORTE DEI PICCOLI PAESI

Se la definizione di “Aree interne” la sostituiamo con “Sud” cambiano i fattori ma non il risultato finale. I vescovi italiani non hanno alcuna voglia di ridursi ad “accompagnatori” verso la morte dei piccoli paesi sempre più spopolati. Non vogliono abbandonare questi territori, perciò chiedono alla politica “interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica» e «non viziata da tornaconti elettorali”.

La Chiesa di Papa Francesco non vuole di certo scendere nel tormentato agone politico italiano. Ma sa bene – come ha scritto di recente Luca Diotallevi – che nel nostro Paese, per evidenti ragioni di ordine empirico, i cattolici e persino i cattolici praticanti, continuano ad essere il frammento più grosso tanto degli elettori, quanto degli eletti. Il punto – sostiene Diotallevi, presidente dell’Azione cattolica diocesana – è che si tratta di una presenza senza rilevanza, alla ricerca di visibilità invece che di leadership”.

UNO SGUARDO RIVOLTO ALL’ITALIA FRAGILE

Parole che sembrano rivolte ai tanti amministratori del Mezzogiorno inerti e rassegnati. Anche per questo forse la Cei ha voltato lo sguardo verso “l’Italia fragile”, una parte del territorio italiano che non comprende soltanto il Sud. «Le Aree interne – si legge ancora nel documento – costituiscono una larga porzione del Paese, accomunata da alcune criticità, depositaria di straordinarie ricchezze e tuttavia diversificata: sono, per analogia, come la piccola Nazareth, marginale, eppure custode della realtà più preziosa. Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie”.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA: IL NUOVO FANTASMA AVVISTATO DA VESCOVI E CATTOLICI

Non è un caso se, nel silenzio pressoché generale, si sia levata – oltre la nostra – la voce dell’Avvenire che ha parlato di un “nuovo fantasma” che si aggira per il Parlamento: l’autonomia differenziata. Considerata “esplosiva se toglie ai poveri per dare ai ricchi”. Per il quotidiano della Cei non vi sono dubbi. “I territori più forti ed efficienti, dove più alto è il capitale umano e tecnologico, saranno in grado di risparmiare magari anche in modo virtuoso, altrove si cominceranno a tagliare i servizi”. Il disegno di legge depositato nella scorsa legislatura dalla ministra Mariastella Gelmini per il Mezzogiorno equivarrebbe ad una fregatura. Su queste colonne lo andiamo dicendo e denunciando da tempo. Ma ora non siamo più soli. Scrive infatti Avvenire: “Una delle questioni decisive della legge-quadro riguarda il criterio di calcolo da seguire per decidere l’assegnazione iniziale delle somme a disposizione: costi storici, media pro-capite o fabbisogni standard? La scelta finale può spostare svariati miliardi da Nord a Sud”.

LA LEZIONE DI D’AGOSTINO E DI MASSIMO SEVERO GIANNINI

Non è un mistero che nel centrodestra che si prepara a guidare il Paese sulla questione dell’autonomia differenziata non tutti la pensino allo stesso modo. C’è chi in tutti modi cerca di tirare per la giacchetta Giorgia Meloni. Vogliono convincere la leader di Fdi che la riforma sarebbe a costo zero e sarebbe un bel segnale da lanciare al Nord. Il prezzo di questo “regionalismo sbagliato” infatti lo pagherebbe il Mezzogiorno, come scrisse in tempi non sospetti, e sempre sul quotidiano della Cei, Francesco D’Agostino, maestro di Bioetica e allievo di Massimo Severo Giannini. Recuperare la sua lezione vuol dire toccare con mano cosa ha prodotto in tutti questi anni questa “sorta di federalismo di fatto”. “Un increscioso – scriveva D’Agostino – moltiplicarsi di prescrizioni, certificati, permessi, licenze, dichiarazioni di conformità, assieme ad una soffocante crescita di nuovo personale e di nuovi addetti oltre che di conflitti tra amministrazioni distinte”. Vogliamo questo?


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