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POTENZA – Strappi al rivestimento in velluto rosso che ricopre le sbarre e gli angoli del soffitto nei palchetti, alla meno peggio rattoppato con evidente nastro adesivo.
Pittura scorticata in alcuni punti delle pareti in platea, carta da parati che viene giù nella Sala degli specchi le cui sedie hanno una tappezzeria ormai logora. E’ così che il Teatro Francesco Stabile di Potenza ha accolto La Bohème, che dopo anni di assenza ha riportato l’opera nel capoluogo di regione.
Un piccolo gioiellino culturale non all’altezza del ruolo che proprio attraverso l’evento gli è stato formalmente riconosciuto. Ciò almeno da un punto di vista estetico. Non è soltanto una mera questione dell’apparire.
Il decadimento strutturale del Teatro Stabile coincide con il decadimento del significato che il Teatro più antico della città riveste.
Il Teatro dovrebbe essere presidio culturale, fortezza di saperi, tradizioni e sperimentazioni legate allo spettacolo, sia esso inteso come puro intrattenimento. Non è un caso che sia stato dichiarato “teatro storico lucano” dalle legge regionale sullo “spettacolo dal vivo” approvata dal Consiglio regionale della Basilicata pochi mesi fa. Già allora, su queste stesse pagine, denunciammo la contraddizione tra i ruoli che a parole si vogliono attribuire allo Stabile e le azioni che concretamente si mettono in atto per raggiungere tale obiettivo.
L’ultima ristrutturazione risale al 2004, quando fu restaurato negli affreschi, rinnovato negli arredi e con alcune modifiche architettoniche – come la buca per l’orchestra e la sala del “Ridotto”, «che permetteranno – si legge in un documento dell’epoca pubblicato sul sito web del Comune di Potenza – di realizzare un progetto ambizioso: fare del teatro Stabile un “teatro di tradizione” e un riferimento importante per la cultura in città».
Viste le enormi difficoltà della casse comunali è difficile credere di poter trovare dei fondi, seppur minimi, da investire in tal senso.
Come per altri beni comuni, dai vicoli ai parchi, si può pensare però – e anche questa proposta fu già lanciata da queste stesse colonne, ma a oggi pare sia stata inascoltata – di far leva sulla sensibilità di cittadini, per lo più professionisti del settore, per un’operazione di “adozione” del Teatro che parta dal basso.
Coinvolgere operatori culturali, studenti universitari del settore, semplici addetti ai lavori che abbiano le capacità necessarie per restituire allo Stabile quella dignità che un teatro storico merita. Piccoli interventi come ricucire gli strappi del rivestimento di velluto, incollare la carta da parati, rinnovare la tappezzeria delle sedie della Sala dagli specchi, usata molto spesso non solo per la celebrazione civile dei matrimoni ma anche per conferenze, incontri, convegni.
Da ripensare, infine, la gestione del Teatro, partendo dalla necessità per esempio di nominare un direttore artistico.

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