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Il massimo della disuguaglianza è fare parti uguali tra diseguali
(D. Lorenzo Milani)
Il migrante con un telo fosforescente mette finalmente a terra i suoi piedi.
E’ stato immobile alla prua della nave che lo ha salvato fino a quando le cime non sono state lanciate sulla banchina e qualcuno non le ha annodate. Lì non si è lasciato andare. Ha scrutato in avanti sapendo di aver lasciato tutto. Non c’è persona al mondo che non sappia più di lui cosa significhi “tutto” perché il suo “tutto” non corrisponde al nostro che crediamo che in questo nostro mondo il “tutto” non basti mai e ci voglia ancora dell’altro per riempire il suo vaso.
Quando lui misura la fame, la povertà, gli affetti, le ingiustizie, le angherie, le angosce, sa che nel suo mondo esse si esprimono al massimo e sono “tutto”.
Quando lui scende gli va incontro un soccorritore in una tuta bianca, incappucciato, mascherato. Di fronte a lui piange, si accascia, smoltiplica le forze, svuota il suo tutto per lasciarlo in riva al Mediterraneo, il mare che lui, tra pochi, è riuscito ad attraversare.
Così fa un emigrante adulto.
Così non fa una bambina appena presa in braccio da una volontaria che si è affrettata ad abbracciarla.
Lei ha cacciato la sua lingua per quelle boccacce che solo i bambini sanno fare tanto naturalmente e tanto impertinentemente da farti solo sorridere. L’ha cacciata in una intimità che avrebbe solo con la madre. Ma lei chissà dove è.
Una linguaccia così “spara” affetti, conduce a quella complicità rumorosa che lega subito un essere umano ad un altro. Una boccaccia così ristabilisce la vista della speranza e della vita che ha senso. Una linguaccia così è per tutti, per il mondo di angosce che lei non ha conosciuto in “tutto” e che ha lasciato e per il mondo che la sta accogliendo in maniera così contraddittoria. E’ Dio che la permette. In quel momento lei smette di essere un numero e diventa una persona.
“Attenti, voi che mi avete salvato – ci dice – Io sono una bambina che si è fornita, in un attimo, di speranza. Non me la togliete per favore. Io voglio giocare, sognare, sbucciarmi le ginocchia, fare le linguacce e, quando farò grande, vi salverò”.

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