La strage di via D'Amelio
3 minuti per la letturadi PINO APRILE*
LA brutta notizia è che forse mai, il Sud ha rischiato tanto come adesso. La buona notizia è che forse mai, il Sud ha avuto tanta consapevolezza di come stanno le cose, del perché è trattato da colonia interna e rapinato di diritti elementari (la salute di un meridionale vale meno di quella di un settentrionale; niente treni, autostrade, collegamenti aerei; per decreto, declassate le università del Sud e sovvenzionate quasi solo quelle del Nord; i soldi per la ricerca, salvo spiccioli, tutti al Nord, che nemmeno riesce a spenderli).
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E quando un Paese è in crisi profonda, come adesso, i più forti tutelano i propri privilegi a danno dei più deboli e la forbice “di più a chi ha più e meno a chi ha meno” si allarga. Per questo, si alleano con i peggiori fra i più deboli, i quali salvano se stessi (pochi) a spese di tutti gli altri. Non si tratta solo di politici e classe dirigente gregaria (quei parlamentari del Sud che, avendo la bocca piena, non dicono nulla mentre i loro partiti, di destra e sinistra, ci massacrano); ma proprio di delinquenti, criminalità organizzata. Già un secolo fa, Gaetano Salvemini scriveva che ai reazionari del Nord servono i delinquenti del Sud per opprimere gli onesti del Nord; e ai delinquenti del Sud servono i reazionari del Nord per opprimere gli onesti del Sud. Il che comporta che, salve coraggiose eccezioni avversate in ogni modo, rappresentanti politici e delinquenti meridionali trovino facile accordo (appalti e impunità in cambio di voti e tangenti), attraverso varie forme di incontro e associazione, e con amorevole tutela, spesso, di rami discreti dello Stato.
LA NARRAZIONE E GLI INTERESSI DELL’ANTIMAFIA SALOTTIERA
Alle recenti amministrative, in una problematica città del Sud, è segreto di pulcinella che la candidatura di una figura istituzionale, sia stata sostenuta da tutte le organizzazioni delinquenziali, meno una, persino a soli 10 euro a voto. Un successo! Gli esempi potrebbero essere molti. Così si alimenta anche la leggenda dell’onnipotenza mafiosa, celebrata da volenterosi narratori di favole, come quella degli abitanti di San Luca “in fila per baciare le mani a un latitante arrestato”, secondo il “Times”, nientemeno; “la folla si è assiepata intorno” al boss catturato, “per farsi benedire, e potergli baciare le mano”, secondo, Renato Farina (su “Libero”), noto autore di dossier falsi, condannato per falso in atto pubblico, sbugiardato dal professor Vittorio Daniele, dell’Università di Catanzaro. L’accordo Stato-mafia è l’atto di nascita dell’Italia.
I SEGNI EVIDENTI DELLA SUBALTERNITA’
La storia dei “patti”, dal primo del 1860 a oggi, è narrata in “Attentato alla giustizia”, dal magistrato Piergiorgio Morosini, giudice unico del processo sul “patto” che costò la vita a Falcone e Borsellino. Oggi, con un Sud sempre più consapevole; partiti di governo in disfacimento a Sud (resistono sostenuti da liste civiche; specie dopo il bulgaro “no” meridionale dal referendum) e i ras locali con clientele sempre più costose e meno affidabili, il potere nazionale è più ricattabile dalla mafia. E i segnali di un nuovo “patto (o sempre quello?) sono inquietanti: con tutti i problemi del Paese, la discussione è se e come allentare le durezze del carcere duro, il 41 bis, per i capi-mafia?
E dei giudici ritengono che un Totò Riina possa tornare a casa, perché malato? E non sapendo come giustificarlo, uno Stato senza vergogna vuole trasferire a Roma l’Agenzia per la gestione dei beni requisiti alla criminalità, perché a Reggio Calabria è difficile arrivarci? Ooohh! Ma ci avete preso per scemi? Il re è nudo. E ha paura. E si aggrappa di più ai malvagi, il cui potere cresce. Ma noi ora sappiamo, perché i Chinnici, i Falcone, i Borsellino… ci hanno aperto gli occhi.
*scrittore e giornalista
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