Matteo Salvini
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Per la prima volta c’è il rischio concreto che all’indomani del 25 settembre in Parlamento si formi una maggioranza largamente favorevole all’autonomia differenziata. Non l’autonomia la prevista dalla Costituzione a tutela delle identità locali ma la versione leghista. La secessione delle regioni più ricche spacciata per federalismo. Non passa giorno, infatti, che i leader del Carroccio, supportati alle ambiguità di alcuni governatori di centrosinistra, non tornino a battere lo stesso tasto. Le magnifiche e progressive sorti dei loro territori – nella specie Lombardia e Veneto – una volta sganciati dal meccanismo della perequazione. Il fronte “autonomista” si colloca per lo più nel centrodestra che ha inserito l’attuazione del programma federalista nella sua prossima agenda di governo. Ma trova sostenitori nella coalizione guidata da Carlo Calenda e dal subcomandante Renzi e nel pd emiliano-romagnolo il cui leader, Stefano Bonaccini è anche il più accreditato successore di Enrico Letta, in caso di débacle dem.
FRONTE BIPARTISAN
“Il prossimo esecutivo porti avanti la proposta di legge-quadro sull’Autonomia”, continua a insistere Luca Zaia, presidente di Regione Veneto, che dell’autonomia ne ha fatto la sua ossessione. Nei giorni scorsi ha riconosciuto che tutto il lavoro fatto in questi mesi di governo dalla ministra Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali e l’autonomia. La quale è stata buttata giù e defenestrata proprio dagli amici di Zaia e per questo ha deciso di lasciare Berlusconi, dopo anni di assoluta sottomissione, ed è stata accolta a braccia aperte da Calenda. “La legge sul regionalismo differenziato è pronta – ha scritto sui social la ministra lombarda – coinvolgere tutti i partiti nel sostenerla è cosa buona e giusta. Resta però il rammarico per un percorso lasciato a metà: se alcune forze politiche non avessero mandato a casa Draghi, già in questa legislatura avremmo potuto fare un grosso passo avanti». Peccato che Mara Carfagna, ministra per il Mezzogiorno e la coesione territoriale pur avendo fatto la sua stessa scelta – candidata per Azione nel collegio Camera Campania 1 – la pensi in modo molto diverso.
UN NIDO DI VESPE
«Il tema dell’autonomia è la madre di tutte le battaglie, non si transige, saremo come un nido di vespe – è tornato di recente alla carica Luca Zaia avventurandosi in profezia da Cassandra – se questo paese non fa una scelta federalista, autonomista, in linea con la Costituzione è un paese che finirà in malora, l’obiettivo deve essere comune. Il problema nasce se qualcuno pensa che l’autonomia non si faccia più, perché poi i veneti ti chiedono il conto». E ancora: Sul tema dell’autonomia «il mio partito, Forza Italia e Fratelli d’Italia si giocano la sopravvivenza, il centrodestra, che spero vada a governare, sa benissimo che affossare l’autonomia significa non potersi più presentare da queste parti”
Messaggio rivolto a nuora perché suocera intenda: Nella fattispecie Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni, radicati nel Mezzogiorno e poco inclini a questa forma di autolesionismo che lederebbe il principio solidale della nostra Carta costituzionale. Falle lo dicevamo, si aprono pure nel centrosinistra se a prevalere sono soltanto gli egoismi regionali. Ecco allora che Eugenio Giani non più tardi di tre giorni fa, intervenendo al Meeting di Rimini è tornato sull’argomento.
BASTA CON LE 20 SANITÀ
“L’art. 5 della Costituzione riconosce e promuove le autonomie locali, ovvero tutti noi viviamo il senso dell’identità, del nostro Stato, della nostra nazionale, ci sentiamo profondamente italiani ha detto – ma ci rendiamo conto che, essere italiani significa dare spazio alle nostre autonomie locali». Per il presidente della Regione Toscana la gestione in venti regioni diverse della Pandemia è stata una risorsa, ci ha consentito con elasticità e flessibilità di organizzarci». Peccato che poco prima, Andrea Crisanti, il microbiologo che Enrico Letta a candidato nel pd a Londra, aveva sostenuto l’esatto contrario ipotizzando il ritorno ad una gestione centrale della sanità dopo i disastri causati dai governatori, Disastri che Crisanti conosce bene avendo vissuto tutta la schizofrenia della prima fase, quando il Veneto stava per alzare bandiera bianca.
Con la Lega al governo e con il patto firmato dai tre leader del centrodestra il disegno autonomista prenderà forma. Nella sua versione più spinta consentirà alle regioni del Nord di trattenere una quota del gettito Irpef. Avremo – in pratica – altre regioni a statuto speciale. E il divario con il Mezzogiorno diventerà sempre più un solco incolmabile. E così mentre Alberto Stefani, commissario della Liga Veneta per Salvini premier, accarezza i suoi elettori proponendo candidati che “si batteranno per difendere la nostra terra e le nostre legittime aspirazioni”, sul fronte avverso non si odono squilli. Al Nord continuano le timidezze, non si tocca l’argomento per non perdere consensi, al Sud si paracadutano perfetti sconosciuti che non hanno alcun legame con i loro collegi.
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