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«UN atto dovuto». Per l’avvocato Leonardo Pinto la riapertura del caso di Anna Esposito non è stata altro che la risposta obbligata ai dubbi di un padre. Un giudizio su cui potrebbero convenire anche inquirenti e investigatori, che a distanza di 12 anni hanno deciso di rispolverare quei faldoni finiti in archivio nel 2001, ma hanno sempre scansato protagonismi da romanzo d’appendice.
Oggi, allo stesso modo, chiedono al gip che le accuse nei confronti dell’ex compagno della poliziotta vengano archiviate. E anche questo è «un atto dovuto», dopo la superconsulenza che ha escluso l’ipotesi di una morte violenta.
La vicenda della poliziotta 35enne è stata particolare anche dal punto di vista giornalistico. Date la sua complessità e le sensibilità in gioco, ma non ultimo il fatto che sul registro degli indagati è finito un collega come Luigi Di Lauro, un volto noto della Tgr lucana, raggiunto dal peggiore dei sospetti.
Raccontare i fatti, dalla denuncia dei familiari della donna agli sviluppi del lavoro della Procura di Potenza, è stato un altro «atto dovuto». Senza risparmiare nulla al diritto-dovere di cronaca per ragioni di “vicinanza” professionale. Anche a costo di sostenere l’ennesimo contenzioso giudiziario.
La stessa intima sofferenza con cui i colleghi di Di Lauro hanno raccontato giorno per giorno gli sviluppi dell’indagine è stata esemplare a riguardo.
Ma non è per questo, oggi, che è lecito tirare un respiro di sollievo. All’indomani di una decisione che potrebbe segnare l’epilogo di un giallo che ha avvolto la città.
Quanto piuttosto per la “scomparsa” di un delitto abominevole, che ha generato ombre molto più lunghe di quelle di chi è stato chiamato a difendersi davanti ai pm, e ne esce finalmente scagionato.
Arrivando a colpire anche altri colleghi, quelli dell’ex commissario, e una comunità intera accusata di aver “ucciso” una seconda volta la poliziotta di Cava dei Tirreni, col silenzio della sua complice omertà.
Se il gip riconoscerà le ragioni degli inquirenti, resterà sempre il mistero su quelle che stanno dietro al gesto di una donna per tanti aspetti invidiabile: madre in carriera, giovane e bella, davvero come poche. Ma certamente fragile, come dimostrano gli appunti sulle agendine e gli sms archiviati nella memoria dei suoi telefonini.
Resterà il dolore dei suoi familiari, che a Potenza dopo tanto tempo hanno trovato persone disposte ad ascoltarli. Ma non sarebbe stato placato da una verità diversa e nemmeno da un colpevole su cui puntare il dito. Anzi.
Il caso di Anna Esposito potrebbe chiudersi qui o non chiudersi mai più, se si potessero scandagliare i pensieri atroci che l’hanno accompagnata nelle sue ultime ore. Solo che nessuno oggi può sapere se questo è davvero quello che lei avrebbe voluto per sé.
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