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Matteo Salvini e Giuseppe Conte

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Ci avviamo storditi dal caldo e dalla confusione a cominciare la legislatura senza uno straccio di idea di come sistemare il bilancio pubblico e di come affrontare le grandi incognite internazionali. Non c’è un candidato premier reale o presunto che dica una parola su questo, invece di discutere ossessivamente se ha un voto in più o in meno. Viceversa i cittadini vogliono vedere se questi interlocutori della politica hanno o meno i numeri intellettuali per affrontare la situazione complicatissima che hanno davanti, se hanno un progetto per continuare a rifare il Paese. L’Italia oggi più che mai ha bisogno di uomini come Prodi, Ciampi, Draghi e, cioè, di uomini che hanno un’idea di come va il mondo. Se non si esce in fretta dal colpo di sole collettivo si rischia di andare a sbattere nei primi tre mesi perché è come pensare di fare una gara di formula uno senza accendere il motore

Abbiamo finito il primo tempo della partita dell’economia tre a zero. Siamo l’unica economia europea di cui il Fondo monetario internazionale ha dovuto correggere sensibilmente al rialzo le previsioni di crescita collocandoci alla pari con la Cina. Questo tre per cento del Fondo monetario, che è già un bel balzo, si avvia ad essere corretto al rialzo di qualche decimale. Quindi migliora ancora alla voce fatti.

Risultato: per tutti questi meriti acquisiti sul campo abbiamo deciso di giocare il secondo tempo cambiando allenatore e squadra senza avere neppure un candidato pronto per la sostituzione dell’allenatore mandato a casa e privi di una strategia di gioco fondata su un’idea di Paese e su un progetto di politica economica condivisi. Noi abbiamo una crescita acquisita reale, gli altri hanno previsioni di Prodotto interno lordo (Pil) che dovranno misurarsi con un secondo semestre durissimo per loro come per noi con la differenza, però, non trascurabile, che gli altri Paesi europei hanno alle spalle un semestre dove tutte le previsioni di crescita del FMI sono risultate sbagliate per eccesso non per difetto.

La Germania, ad esempio, si vede correggere al ribasso all’1,2% la previsione di crescita, ma il secondo semestre si avvia ad eroderne un altro bel po’ e nuvoloni neri si addensano sul nostro cielo come su quello degli altri che sono anche Francia e Spagna. Quello che è difficilmente opinabile è che se tutte le previsioni negative venissero confermate, l’unica economia europea che ha raggiunto i livelli pre-covid è l’economia italiana. Così come se è assolutamente incontestabile che l’energia costa tantissimo causa effetto Putin e che, nonostante quasi 50 miliardi di aiuti senza scostamento di bilancio, continua a ipotecare l’autunno industriale e sociale italiani, resta il fatto altrettanto incontestabile che sulla crescita da primato europeo del Pil italiano nel primo semestre dell’anno sono i consumi a pesare per il 60%. Questo significa in modo inequivocabile che ciò che fa la differenza tra noi e gli altri è la fiducia delle famiglie e di tutti i soggetti economici. Questo è il punto. Perché quella fiducia è nata dalla stabilità politica della barca italiana e dalle capacità riconosciute in casa e fuori del suo timoniere che risponde al nome di Mario Draghi.

Siamo sotto gli effetti di un grande colpo di sole collettivo. Per cui assistiamo a un dibattito infarcito di slogan sul nulla e di legittime trattative non sulla premiership ma su chi ha il diritto di esprimerla, senza che nessuno dei due schieramenti in campo – i Cinque stelle si sono tagliati fuori da soli – si ponga seriamente il problema dell’economia e delle grandi crisi globali di origine bellica e inflazionistica dicendo “le cinque cose da fare sono queste e le faremo”.  Esempio: riforma fiscale.

C’è chi vuole la Flat tax, chi chiede sgravi per tutti a partire dai più poveri, ma sempre per tutti. Uno che ti faccia un ragionamento serio del tipo “spostiamo la tassazione dal lavoro alla rendita” e su questo ci impegniamo, siamo coesi, no quello no.

Ci stiamo avviando stressatissimi verso una nuova legislatura anticipata senza un nucleo di obiettivi e senza un progetto per il Paese. Abbiamo abbattuto l’unico uomo che lo aveva e poteva attuarlo e gli altri danno purtroppo la sensazione di essere tutti personaggi, chiunque vinca tra di loro, che si presenti  all’inizio della legislatura senza un’idea da metterci dentro e con venti miliardi in più da cercare causa minori entrate da rallentamento dell’economia e maggiore spesa pubblica per l’aumento dei rendimenti dei nostri titoli sovrani.

Se non si esce in fretta dal colpo di sole collettivo si rischia di andare a sbattere nei primi tre mesi perché è come pensare di fare una gara di formula uno senza accendere il motore. Senza contare i colpi di coda da parte della Russia per cui prima Putin era un pazzo per tutti ma ora sembra che non lo sia più per nessuno, così come nulla o quasi si dice sulle due grandi incognite americane che sono le elezioni di medio termine di Biden e come finirà il processo a Trump. Per non parlare che non sappiamo neppure come evolverà la crisi britannica.

La sensazione che si ha è che ci avviamo storditi dal caldo e dalla confusione delle idee

a cominciare la legislatura senza uno straccio di idea di come sistemare il bilancio pubblico e senza uno straccio di idea di come affrontare le grandi incognite internazionali. Non c’è un candidato premier reale o presunto che dica una parola su questo, invece di discutere ossessivamente se ha un voto in più o in meno.

Viceversa i cittadini vogliono vedere se questi interlocutori della politica hanno o meno i numeri intellettuali per affrontare la situazione complicatissima che hanno davanti, se hanno un progetto per continuare a rifare il Paese e, soprattutto, nessuno di questi sembra avere la capacità di guidare la pubblica opinione sulla strada che permette di attuare il loro progetto Paese.

Siamo costretti ad assistere a sproloqui davvero inutili e fuori della storia sul post-fascismo della Meloni che ribatte con la fermezza della sua posizione atlantica e che è a sua volta diventata la “nuova padrona” verso la quale senza pudori e secondo le regole del peggiore trasformismo italiano si inchinano tutte le componenti della burocrazia italiana. Per continuare a rendere servigi di loro interesse e non per impegnarsi a fare funzionare i servizi che è esattamente quello che voleva Draghi. Hanno sempre ricambiato apostrofandolo nei corridoi come il nuovo Sire. Così come è piuttosto triste assistere a un leader del valore di Bersani che è ridotto a dire che dobbiamo riaprire il dialogo con i Cinque stelle, mentre noi dobbiamo riaprire il dialogo con il futuro del Paese. È una specie di legge storica per cui quando si sbanda si discute del nulla collocato un po’ più a destra e un po’ più a sinistra a seconda dei giorni.

L’Italia oggi più che mai ha bisogno di uomini come Prodi, Ciampi, Draghi e cioè di uomini che hanno un’idea di come va il mondo, che sanno che esiste il mondo e che sanno che noi siamo un pezzo del mondo. Assistiamo alla rivincita degli sconfitti della storia che gioiscono perché hanno legato per terra il gigante italiano che si chiama Mario Draghi e corrono a offrire i loro servigi a colei che loro individuano come la “nuova padrona” che è Giorgia Meloni. Facciamo almeno affidamento sul fatto che l’abilità e l’esperienza che hanno guidato l’azione politica interna e la fermezza della posizione atlantica nello scontro tra Putin e l’Europa, permettano alla leader della Destra di trattare come meritano gli adulatori e di concentrarsi sull’agenda economica e sociale che Draghi ha immesso con il pilota automatico al centro del governo della ricostruzione nazionale e della costruzione della Nuova Europa.

Questa, non altre, è la sfida sulla quale un’eventuale leadership di governo della Destra verrà misurata in casa e fuori. Non esiti a cercare, Giorgia Meloni, le persone che servono per fare le cose e che hanno una credibilità riconosciuta nelle infrastrutture come nell’economia come negli esteri. Perché solo così la sua politica potrà essere attuata con realismo nel solco europeista del fare già tracciato. Fuori di quel solco ci sono solo le chiacchiere che diventano pericolose quando prendono il posto degli atti di governo. Soprattutto nel bel mezzo di una guerra e dentro il rischio di una recessione globale.


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