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Il tribunale di Potenza

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POTENZA – Trasferimento d’ufficio lontano dal distretto giudiziario lucano.
E’ questa la proposta formulata nei giorni scorsi dalla I commissione del Csm, competente per le cause di incompatibilità dei magistrati, per il presidente del Tribunale del riesame di Potenza, Aldo Gubitosi.

Alla base della presunta incompatibilità ci sono le intercettazioni registrate nell’estate del 2020 dagli agenti della Squadra mobile del capoluogo indagando sull’imprenditore ed ex sindaco di Ruoti, Angelo Salinardi, che l’8 febbraio è finito anche agli arresti per le accuse, tra l’altro, di corruzione, atti persecutori e calunnia nei confronti dei suoi successori in Comune: Anna Scalise e Franco Gentilesca.

LE RIVELAZIONI DEL QUOTIDIANO E L’INCHIESTA A CATANZARO

A svelare l’esistenza di quelle intercettazioni era stato, il 19 febbraio, proprio il Quotidiano del Sud, in un articolo dal titolo: “Tutti gli amici magistrati di Salinardi”.
Nella bozza di delibera, che giovedì sarà al vaglio del plenum dell’organo di autogoverno della Magistratura, l’apertura della pratica su Gubitosi viene ricondotta proprio alla lettura dell’articolo in questione, riprodotto per sommi capi.

I due relatori Michele Cerabona (laico in quota Forza Italia) ed Elisabetta Chinaglia (togato della corrente di sinistra di Area) spiegano che per prima cosa, acquisita dal Quotidiano la notizia di quelle intercettazioni, ne era stata chiesta e ottenuta copia. Non a Potenza però, dove si indagava su Salinardi, bensì a Catanzaro, che è la sede competente per le inchieste in cui sono coinvolti magistrati in servizio nel capoluogo lucano.

Nel testo non si aggiunge altro sullo stato del fascicolo aperto dai pm del capoluogo calabro. D’altra parte vengono citati anche un secondo e un terzo articolo del Quotidiano del Sud, in cui si dava conto del rigetto da parte del presidente facente funzioni del Tribunale di Potenza, Rosario Baglioni, della richiesta di astensione di Gubitosi dal collegio che avrebbe dovuto decidere sul ricorso di Salinardi contro gli arresti domiciliari, e poi della conferma della misura cautelare nei confronti dell’ex sindaco-imprenditore.

L’ASTENSIONE FALLITA

«La Prima Commissione – così nello scritto – ha quindi acquisito la richiesta di astensione del dottor Gubitosi che risultava depositata il 14 febbraio 2022, in data antecedente rispetto alla pubblicazione sui giornali delle intercettazioni, e nella quale le gravi ragioni di convenienza venivano fondate su un rapporto di conoscenza e di sporadica ed occasionale frequentazione, prevalentemente presso la pasticceria gestita dalla nipote del Salinardi (anch’ella indagata)».

Dalla lettura delle intercettazioni acquisite a Catanzaro, tuttavia, i commissari sarebbero giunti a conclusioni diverse circa la natura del rapporto tra il magistrato e l’ex sindaco di Ruoti.

Oltre a quanto riportato dal Quotidiano, infatti, sarebbero emersi «dialoghi concernenti la possibilità per Salinardi di assumere presso il laboratorio di mascherine (si tratta della società Logistica meridionale srl, poi sequestrata nel procedimento penale), una signora conoscente del dottor Gubitosi, già assunta da Salinardi presso un’altra propria azienda, ma rimasta priva di retribuzione».
«Affioravano – prosegue la bozza di delibera – richiami a vicende interne all’ufficio di Potenza ed a vicende private di magistrati di Potenza».

Infine vengono evidenziati alcuni dialoghi nei quali il giudice e l’ex sindaco si sarebbero spinti «a fare commenti poco lusinghieri sui colleghi» del primo, e una telefonata sospetta in cui Salinardi rimprovera all’amico di averlo «abbandonato», e gli chiede un incontro «pochi giorni prima che rinvenisse nella propria vettura la microspia installata dalla Procura».

LE DICHIARAZIONI DI MATERI

Per provare a chiarire l’«apparente contraddizione tra quanto dichiarato in sede di richiesta di astensione e quanto risultante dal contenuto delle conversazioni», oltre che per valutare le ricadute della vicenda, la I commissione ha convocato il procuratore generale della Corte d’appello di Potenza, Armando D’Alterio, il procuratore capo del capoluogo lucano, Francesco Curcio, e i presidenti delle sezioni civile e penale della Corte d’appello, Alberto Iannuzzi e Pasquale Materi. Ed è stato quest’ultimo, in particolare, a riferire dei commenti in ambiente giudiziario a quanto apparso sul Quotidiano. Lo stesso Materi con cui Salinardi si era già scontrato negli anni ‘90, quando i due si scambiarono una serie di denunce. Tanto che parlando con Gubitosi avrebbe continuato ad apostrofarlo in malo modo.

«Questa notizia – così il virgolettato attribuito a Materi – è stata riportata con grande enfasi, è stata commentata nell’ambiente giudiziario, anzi, se mi permette, siccome sono stato aggredito anche io in questa informazione perché dalle captazioni venivano fuori due categorie di magistrati: i magistrati buoni, tra virgolette, per il Salinardi e i magistrati, tra virgolette, cattivi. Io e la collega Piccininni (Annagloria, ndr) eravamo qualificati come magistrati cattivi. Cioè non omologati, non manipolabili, non avvicinabili, non corruttibili. Quindi nell’ambiente giudiziario si è commentato soprattutto su questa discriminazione tra magistrati che avevano combattuto il Salinardi e i magistrati che si erano attestati su posizioni di favore. Questo era il nucleo del dibattito».

LA DIFESA

Il presidente del Tribunale del riesame, dopo la notifica dell’apertura di un procedimento per incompatibilità, ha avuto modo di difendersi con una memoria presentata il 3 giugno e poi durante un’audizione il 5 luglio.

Di fronte ai commissari Gubitosi ha raccontato che Salinardi gli era stato presentato «oltre venti anni prima», e già «frequentava alcuni magistrati». Nonostante «in più occasioni» lo avesse invitato «a serate conviviali», ad ogni modo, lui avrebbe sempre declinato quegli inviti, e durante i loro incontri avrebbero chiacchierato sempre e soltanto «di fatti di pubblico dominio».

Quanto poi alla conoscente da assumere, Gubitosi ha aggiunto che sarebbe stata la sua ex moglie a segnalarla all’ex sindaco imprenditore, in quanto madre del fidanzato della loro figlia. Eppure non ne avrebbe ricavato granché perché «non era stata assunta ma era stata chiamata a svolgere una attività lavorativa “a nero”; con turni di lavoro massacranti e non le era stato neanche pagato l’intero corrispettivo per la prestazione lavorativa svolta».

Il presidente del Riesame ha tenuto a precisare la tempistica della telefonata in cui Salinardi lo rimprovera di averlo abbandonato, che risale a prima del ritrovamento delle microspie, e non dopo come gli era stato inizialmente contestato. Poi ha ribadito che Salinardi «godeva della fama di abile imprenditore e non di un faccendiere», e ha escluso che la sua immagine di giudice fosse stata appannata dalla vicenda. Come pure ha escluso condizionamenti nella sua attività ricordando di aver confermato i domiciliari e il sequestro «per circa 5 milioni» nei confronti dell’ex sindaco.

A riprova di quanto affermato Gubitosi ha depositato una serie di dichiarazioni scritte.

Tra queste quelle della sua ex moglie, e del figlio dell’avvocato che lo aveva presentato a Salinardi, per cui in effetti il padre «insieme all’allora sostituto procuratore Erminio Rinaldi organizzavano incontri conviviali ai quali invitavano anche il dottor Gubitosi il quale aveva sempre declinato». O ancora quella della collega Maria Stante, altro giudice in servizio al Riesame, che ha ribadito la tempestiva comunicazione al presidente del Tribunale, da parte di Gubitosi, del «rapporto di frequentazione “di natura non amicale” intrattenuto con il Salinardi», e l’assoluta imparzialità dimostrata dopo il rigetto della richiesta di astensione. Allorquando avrebbe assunto: «una linea di particolare rigore».

L’attenzione dei commissari, tuttavia, si è concentrata su un’ultima dichiarazione contenuta in una nota a firma del presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Potenza, Maurizio Napolitano, a riscontro di un’apposita istanza inviatagli da Gubitosi. Nota in cui Napolitano spiegava che «il contenuto della notizia, come riportata sul quotidiano, non ha influito in alcun modo sulla gestione delle udienze presso il Tribunale di Potenza né tantomeno, più in particolare, presso gli uffici diretti dai magistrati ivi menzionati; non sono stati registrati ritardi nell’emanazione dei provvedimenti; né sono state mai portate alla mia attenzione circostanze che possano aver determinato conseguenze negative di rilievo per il Foro e/o per le parti del processo, riconducibili ai magistrati de quibus».

LE CRITICHE SULLA NOTA DEGLI AVVOCATI

La I commissione del Csm stigmatizza in maniera esplicita il fatto che Gubitosi si sia rivolto a un rappresentante dell’avvocatura potentina per chiedere «una attestazione di fiducia» da utilizzare in sua difesa, parlando di un’«ulteriore circostanza idonea ad appannare l’immagine di magistrato come pienamente indipendente ed imparziale».
«Essa – si legge nella bozza di delibera – risulta oltremodo inopportuna se si considera che, così facendo, il dottor Gubitosi, presidente del collegio riesame di quel Tribunale, ha rimesso l’esito di un procedimento da cui dipende la sua permanenza nell’ufficio di Potenza a una parte processuale, con ciò rendendosi, anche agli occhi esterni, debitore di quella attestazione di fiducia».

«Appare evidente – prosegue il testo sul punto – che tale circostanza offusca l’imparzialità e l’indipendenza del magistrato, in quanto nell’ambiente giudiziario e nella pubblica opinione le decisioni del Tribunale potrebbero essere messe in relazione, in un senso o nell’altro, con gli esiti di questa vicenda».

L’INCONTRO DURANTE IL LOCKDOWN

Quanto al fulcro delle contestazioni, esaminate le difese di Gubitosi, i commissari sostengono che quello con Salinardi fosse «un rapporto di abituale frequentazione e di confidenza e non di mera conoscenza e occasionale convivialità». Tanto che in un’occasione, nel periodo di massime restrizioni causate dalla pandemia di covid 19, sarebbe stato il giudice a contattare l’imprenditore e a suggerirgli un «un escamotage per incontrarsi senza apparentemente violare le restrizioni imposte dal contingente periodo emergenziale e dimostrando, indirettamente, che i loro incontri erano abituali e che erano stati interrotti a causa del lock down».

Con ciò smentendo: «la frequentazione occasionale “da bar” rivendicata dal magistrato non solo nella memoria e nell’audizione dinanzi alla Prima commissione, ma soprattutto nella dichiarazione di astensione da lui presentata».

L’ALTRO GIUDICE

Al presidente del Riesame, quindi, viene rimproverato di non aver presentato una richiesta di astensione meglio motivata all’indomani degli articoli pubblicati dal Quotidiano, che sarebbe stata «verosimilmente» accolta, evitando di generare «ulteriore discredito e sconcerto sulla gestione dei procedimenti all’interno del Tribunale», un «grande imbarazzo» per il presidente del Tribunale. Una previsione, quella dell’accoglimento di un’eventuale ulteriore istanza di astensione, rafforzata dal caso di un secondo magistrato intercettato mentre conversava di varie questioni con Salinardi a portata di microspia. Inclusa la possibilità di uno sconto sull’acquisto di un’automobile.

«All’indomani delle propalazioni sui giornali», infatti, il presidente del collegio B del Tribunale di Potenza, Federico Sergi, ha chiesto e ottenuto di astenersi dal processo “rimborsopoli”. Astensione motivata, in questo caso, dalla presenza tra gli imputati di un presunto complice di Salinardi nella persecuzione dei suoi avversari politici: l’ex consigliere regionale, nonché referente regionale di Centro democratico, Luigi Scaglione. Lo stesso Scaglione a cui l’ex sindaco di Ruoti avrebbe rappresentato la possibilità di intervenire su Sergi per convincerlo ad accompagnare alla prescrizione il processo sulle spese pazze nel parlamentino lucano a carico suo e di una trentina di altri ex consiglieri ed ex assessori regionali. Inclusi il deputato Vito De Filippo, l’ex governatore Marcello Pittella (Pd), il renziano Luca Braia, pure consigliere regionale in carica, e l’attuale vicesindaco del Comune di Potenza, Michele Napoli (FdI).

LE CONTRADDIZIONI

La prima commissione del Csm ha evidenziato una serie di contraddizioni nelle affermazioni di Gubitosi, «che ha svolto la sua attività lavorativa quasi interamente presso il Tribunale di Potenza, sua città natale, dove, infatti, si è trasferito a domanda nel lontano 1994». In particolare sull’asserita limitata conoscenza dell’ex sindaco di Ruoti e dei suoi trascorsi giudiziari, come la condanna per bancarotta del 2017, poi estinta in appello, e lo scontro con Materi.

«Il dottor Gubitosi – si sostiene al contrario nella bozza di delibera – era ben consapevole della personalità del Salinardi il quale, invece, in sede di istruttoria dinanzi alla I commissione è stato unanimemente definito come persona che tende ad intessere relazioni sociali con persone “importanti” al fine di poter utilizzare queste conoscenze per realizzare i propri propositi. Peraltro, la cronaca locale nel corso degli anni non ha mancato di occuparsi delle vicende politiche e giudiziarie del Salinardi e il dottor Gubitosi, anche per le funzioni da lui rivestite presso il Tribunale di Potenza, non può esserne rimasto all’oscuro».

«A ciò va aggiunto – prosegue il testo ora all’esame del plenum del Csm – che è notoria la vicenda che ha riguardato il dottor Materi. Quest’ultimo, infatti, nei primi anni ’90 rivestiva il ruolo di giudice istruttore a Potenza e aveva rinviato a giudizio il Salinardi per bancarotta, il quale aveva, pertanto, presentato un esposto (definito dal dottor Materi in sede di audizione come opera di dossieraggio) contro il magistrato che aveva dato l’avvio a un procedimento penale, disciplinare e al trasferimento d’ufficio. A distanza di qualche anno il dottor Materi venne assolto sia in sede penale e che disciplinare in quanto l’esposto risultò non veritiero. Questa vicenda era senz’altro a conoscenza del dottor Gubitosi che all’epoca dei fatti già prestava servizio al Tribunale di Potenza. Ed infatti, il Salinardi nel corso delle conversazioni intrattenute con il dottor Gubitosi definisce il dottor Materi come “delinquente” e il dottor Gubitosi non chiede spiegazioni essendogli note le ragioni del risentimento, come emerge anche nella memoria depositata».

La prima commissione insiste anche sulla «singolarità» della «richiesta urgente di Salinardi di non essere “abbandonato” proprio nel periodo in cui emergeva la possibilità di indagini a suo carico». Perché se è vero che la scoperta delle microspie sarebbe avvenuta qualche giorno dopo, già a quella data «la Procura di Potenza aveva iniziato ad escutere dei soggetti coinvolti nell’indagine».

IL PREGIUDIZIO

«Ciò che rileva – si legge nella bozza di delibera -non è l’amicizia tra il magistrato e l’imprenditore, ma questi comportamenti, divenuti noti alla collettività, alle autorità di polizia, ai magistrati ed al personale dell’ufficio giudiziario, agli avvocati e agli altri indagati; comportamenti che indubbiamente pregiudicano, quanto meno sotto il profilo dell’immagine, l’imparzialità e l’indipendenza del dottor Gubitosi nelle funzioni attualmente ricoperte».

«In questa sede – prosegue il testo – non è rilevante che il dottor Gubitosi abbia sempre esercitato in maniera imparziale le funzioni di magistrato: (…) possono, infatti, rilevare anche i fatti non volontari; ancor di più le conseguenze involontarie di condotte volontariamente tenute. Ed è evidente che essere chiamati a decidere la legittimità di un provvedimento de libertate di una persona con cui si intrattengono rapporti di amicizia, al quale si è chiesta la assunzione di una persona presso la propria fabbrica (tra l’altro, fabbrica che risultava tra i beni sottoposti proprio al sequestro del quale si doveva valutare la legittimità, nonché azienda realizzata, come si evince dall’ordinanza, attraverso autorizzazioni irregolarmente ottenute, in locale non idoneo, con produzione di prodotti non regolari), le cui conversazioni sono state pubblicate dalla stampa, getta ombre e discredito nell’opinione pubblica non solo sul magistrato ma sull’intero collegio giudicante».

I relatori della proposta di delibera sottolineano anche nella parte finale il ruolo avuto dalla «stampa locale», ovvero del Quotidiano, nella diffusione dei «contenuti dell’ordinanza e in particolare delle intercettazioni tra indagati e magistrati». D’altro canto sorvolano del tutto sulle dietrologie alimentate da altre testate locali, peraltro sfiorate proprio dall’inchiesta su Salinardi, per cui le notizie pubblicate, tratte da atti già a disposizione degli indagati, avrebbero costituito delle violazioni del segreto istruttorio pilotate per alimentare uno scontro interno alla magistratura potentina.

«UNA GESTIONE MALDESTRA»

«In estrema sintesi – prosegue ancora la bozza di delibera – :la maldestra gestione della situazione, sia nell’immediatezza con la presentazione di quell’istanza di astensione, sia successivamente con la richiesta di attestazione di stima da parte di colleghi e del foro, sono elementi idonei ad appannare l’immagine di imparzialità e indipendenza del magistrato nei riguardi del Foro. L’appannamento sopra descritto ha valenza distrettuale considerata la notorietà in tutto il territorio regionale della figura del Salinardi e della sue aziende. In conclusione, il rapporto fiduciario tra il dottor Gubitosi e l’ambiente sociale del distretto di Potenza risulta marcatamente compromesso, in maniera non rimediabile. E tale compromissione del rapporto fiduciario è imputabile sia a comportamenti volontari del dottor Gubitosi sia ad altre circostanze esterne».

FAVOREVOLI 4, ASTENUTO 1

A votare a favore della proposta di trasferimento d’ufficio del presidente del Tribunale di Potenza sono stati 4 membri su 5 della prima commissione: i due relatori, Carabona e Chinaglia, più Alberto Maria Benedetti (laico del Movimento 5 stelle), Antonino Di Matteo (togato indipendente). Astenuto, invece, il solo Carmelo Celentano (togato di Unicost).

In caso di accoglimento del trasferimento d’ufficio sarà un’altra commissione del Csm, la terza, a dover assegnare la nuova sede a Gubitosi.

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