Mario Draghi
8 minuti per la letturaHanno preso posizione sindaci, medici, imprese di ogni ordine e grado, il commercio, la cooperazione, il sindacato, la Chiesa, la società civile. Un popolo vero, che vuole che si faccia il Pnrr, che arrivi il decreto aiuti, che si attui l’agenda sociale di Draghi e che lo stesso Draghi tenga alto l’onore dell’Italia in Europa e nel mondo. Le esportazioni italiane a maggio sono cresciute del 29,5%, nel trimestre marzo-maggio 2022, rispetto a quello precedente, la crescita è del 7,9%. È un dato che corre parallelo a quello della super crescita della produzione industriale (+2,3%) dello stesso periodo rispetto al trimestre precedente. Sono dati da nuovo boom economico in piena guerra e in piena crisi inflazionistica. Succede la stessa cosa con le vendite al dettaglio. Questo popolo lancia un messaggio preciso: non fateci vivere l’angoscia della catastrofe. È inquietante che i partiti abbiano perso il contatto con la realtà e è urgente che dimostrino nel dibattito parlamentare di averlo recuperato almeno in extremis.
Le esportazioni italiane a maggio sono cresciute del 29,5% e, in termini congiunturali, del 4,8%, ma il dato assolutamente più rilevante è quello che segnala che nel trimestre marzo-maggio 2022, sì 2022, rispetto a quello precedente, la crescita è del 7,9%. Sono dati da nuovo boom economico in piena guerra e in piena crisi inflazionistica che chissà perché nessuno sottolinea come sarebbe giusto fare. È un dato che corre parallelo a quello della super crescita della produzione industriale (+2,3%) dello stesso periodo rispetto al trimestre precedente. Stiamo parlando dei mesi della recessione profonda, non tecnica, che il coro della catastrofe politico-mediatica e degli analisti di corte ha ripetuto per mesi e continua a ripetere senza alcun rossore nel super talk a reti unificate della disfatta italiana mai avvenuta. Succede la stessa cosa con le vendite al dettaglio, con l’edilizia che è a livelli di crescita da tassi del dopoguerra, turismo e servizi che sono letteralmente esplosi.
Aspettiamo il dato di fine luglio sulla crescita del Pil del primo semestre dell’anno perché se, come riteniamo, sarà nettamente al di sopra del 3% e, cioè, a ritmi di crescita pazzesca per i giorni che il mondo sta vivendo, bisognerà almeno chiedersi come ha fatto a crollare il potere d’acquisto delle famiglie visto che i consumi vanno così bene e visto che nel primo trimestre, sempre dati Istat, è aumentato dello 0.3%. Diciamo queste cose di certo non per sottovalutare un’inflazione all’8% e tutto quello che potrà determinare nel secondo semestre dell’anno a cui bisognerà fare fronte, ma solo per sottolineare che, come andiamo ripetendo da mesi in assoluta solitudine, il governo di unità nazionale guidato da Draghi è quello che tra i Paesi europei già sta meglio fronteggiando la grande crisi sia con misure sociali sia con misure di accelerazione della crescita.
Lo abbiamo chiamato il doppio fattore Draghi che è fatto di fiducia e di credibilità interne e internazionali, che agisce su consumi e investimenti, ma anche di un volume di misure di sostegno al reddito che hanno fatto il resto. L’assegno unico per i figli che può valere anche più di quattromila euro l’anno, oltre trenta miliardi che si avviano a diventare cinquanta con il nuovo decreto di fine mese per ridurre l’impatto del caro bolletta, dal gas alla benzina, un taglio di sette miliardi del cuneo fiscale già avvenuto, un reddito di cittadinanza riformato dove almeno controlli e reimpiego dovrebbero funzionare molto meglio. Rinnovo di contratti di categoria fermi da una vita, misure di protezione sociale a 360 gradi e avvio di una nuova governance per gli investimenti hanno fatto il resto. Due soli episodi per capire la differenza tra noi e gli altri.
I voli in Italia subiscono rallentamenti che non sono, però, nemmeno lontanamente comparabili a quello che succede negli scali tedeschi e olandesi. Sapete perché? Perché in Germania e in Olanda con la pandemia sono stati licenziati tutti e hanno trovato altri impieghi, ora non c’è personale, mentre in Italia sono andati tutti in cassa integrazione, sono stati tutti sostenuti e hanno ripreso il loro posto. Il Tar ha bloccato i lavori del nuovo snodo per l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari, ma il Consiglio di Stato ha riaperto il cantiere in pochi giorni. Sapete perché? Perché la nuova governance voluta da Palazzo Chigi per le opere del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) lo consente e questo fa la differenza rispetto al passato. Anche questo lo dicono in pochi, perché bisogna per forza dire che va tutto male.
Siamo voluti partire dalla realtà perché il dibattito politico è ancora malmostoso e si muove tra le nuvole dell’irrealtà. Sono tutti ancora in fase di match dove i protagonismi continuano a muoversi su un pianeta immaginario che è lontano dalla realtà. Questa considerazione oggettiva ci suggerisce prudenza nella valutazione dell’evoluzione della crisi del governo Draghi e ci impone di attendere mercoledì per vedere che cosa succederà realmente, ma non ci impedisce di segnalare una valutazione su quello che è avvenuto in questi giorni di mobilitazione del Paese perché Draghi resti e di indicare i due paletti minimi che a nostro avviso il presidente del consiglio dovrà fissare nel suo discorso e che i partiti dovranno convintamente recepire perché il voto di fiducia avvenga per davvero e si concluda con l’esito positivo che noi auspichiamo.
Bisogna partire dal presupposto che il governo Draghi è in crisi non per sfiducia numerica ma perché sono venute meno le condizioni politiche perché il governo continui a governare governando. C’è una differenza abissale tra i governi Conte e Berlusconi che cercavano il voto di fiducia per continuare a governare comunque e i problemi posti correttamente da Draghi per mettere in sicurezza davvero il Pnrr e non sprecare all’ultimo miglio il molto già fatto sul piano economico e sociale che pone il nostro Paese alla testa della crescita europea. A nostro avviso i paletti da fissare sono due. 1) Non si può stare in un governo di grande coalizione in cui ognuno pretende che la sua sia la parola definitiva e questo è un messaggio per quel che resta di Conte e dei contiani ma anche per Salvini e più in generale per tutti i partiti della coalizione. 2) Io resto perché ci sono queste cose da fare e queste cose, non altre, vanno fatte.
C’è, poi, un dato politico generale che non può essere più sottovalutato ed è la sollevazione del Paese reale conto i partiti che è l’esatto contrario di quel popolo immaginario che si inventano i partiti più populisti. È emerso un partito vero della nazione che vuole che il governo Draghi resti e faccia quelle quattro cose fondamentali di cui il Paese reale ha vitale bisogno. La sollevazione della gente a favore di Draghi significa che per la prima volta c’è la mobilitazione della non politica a favore del presidente del consiglio. Questa volta non si sono mossi i soliti collateralismi, ma si è mosso il sistema generale. Il Paese reale ha spazzato il sudiciume del talk show all’italiana dove è abolita ogni competenza e ciascuno recita la sua parte in commedia nel mondo della irrealtà. Hanno preso posizione i sindaci, i medici, imprese di ogni ordine e grado, il commercio, la cooperazione, il sindacato, la Chiesa, la società civile ha dimostrato di essere il famoso popolo di cui si riempiono la bocca Conte e Salvini.
È un popolo non immaginario, è un popolo vero, che vuole che si faccia il Pnrr, che arrivi il decreto aiuti, che si attui l’agenda sociale di Draghi e che lo stesso Draghi tenga alto l’onore dell’Italia in Europa e nel mondo. Questo popolo non è interessato al beauty contest quotidiano tra i partiti in tv e nessuno si poteva immaginare che si mobilitasse con questa intensità e con questa forza. Perfino Landini è arrivato a dire che per contrapporsi al governo ci vuole il governo perché anche lui si rende conto che non si va da nessuna parte se si va a votare in questo momento. Diciamo che è sceso in campo non il partito del Pil, come si dice sbrigativamente con il solito livore ideologico, ma il partito di quegli indici di fiducia italiani alle stelle di tutti i soggetti economici e sociali che non sono nemmeno comparabili con quelli degli altri Paesi europei.
Queste sono valutazioni che fanno gli analisti che si rendono conto che, nonostante il caro bollette, siamo in presenza di una crescita italiana robusta che la gente che va al supermercato non vede, però quella stessa gente è anche consapevole che lo sfracello intorno neppure c’è. Questo variegato gruppo di soggetti appartiene complessivamente al Paese reale e si sta rendendo conto che la catastrofe di cui tutti parlano ancora non c’è. Ha capito che siamo un Paese che vive l’angoscia della catastrofe e vuole lanciare un messaggio preciso: non fateci vivere l’angoscia della catastrofe. Vuole comunicazioni chiare e il completamento dell’ottimo lavoro avviato. Che vuol dire portare a casa il risultato.
Il senso profondo è: siamo a un metro dal traguardo, tagliamolo facendo le riforme che ci siamo impegnati a fare e facendo uscire l’Italia dai luoghi comuni e gli interessi inconfessabili che la hanno consegnata a venti anni di crescita zero. È inquietante come i partiti abbiano perso il contatto con la realtà e così come è urgente per loro dimostrare nel dibattito parlamentare di averlo almeno recuperato in extremis. Onestamente è quello che più ci preoccupa.
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