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POTENZA – Il caso di Elisa Claps – uccisa il 12 settembre 1993 a Potenza, il cui cadavere fu ritrovato nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità il 17 marzo 2010 – è il simbolo della «lupara rosa», perché negli omicidi in cui sono coinvolte donne «si pensa sempre prima alla scomparsa che all’omicidio».
A dirlo è stata la conduttrice di «Chi l’ha visto?», Federica Sciarelli, che ieri mattina a Potenza è stata ascoltata come testimone nel corso del processo a carico del vicepresidente di Libera, don Marcello Cozzi.
Il sacerdote potentino, che ieri era presente in aula e ha assistito all’udienza affianco al suo legale, è accusato di diffamazione nei confronti del pm Felicia Genovese, che per prima si è occupata del caso, e di suo marito, Michele Cannizzaro, presente a sua volta in aula, medico e attualmente consigliere comunale. Al centro del processo ci sono alcune frasi pronunciate nel corso di una cerimonia per il ricordo della ragazza uccisa, il 12 settembre 2010, in un infuocato discorso dai gradini della Trinità.
La giornalista, rispondendo alle domande degli avvocati e del pm, ha spiegato che la trasmissione si è da subito occupata della vicenda, «anche con molte difficoltà, perché ci sembrava che a Potenza vi fosse un pò di paura a parlare del caso».
Dopo aver affrontato il tema dei depistaggi – con «piste» che portavano la ragazza fuori dalla Basilicata, anche in Albania, e poi smentite dal ritrovamento del cadavere – Sciarelli ha evidenziato che «una prima svolta c’è stata con l’omicidio di Heather Barnett» uccisa il 12 novembre 2002 a Bournemouth, nel Dorset, per il quale Danilo Restivo è stato condannato all’ergastolo: «Quando la polizia inglese ha rivolto un appello ai nostri telespettatori, le telefonate sono aumentate notevolmente, forse perché con loro era più facile aprirsi».
Il caso Claps, ha aggiunto la conduttrice televisiva «è una ferita per tutta la comunità, è una vergogna ed è stato terribile», ma «la famiglia e don Cozzi hanno sempre fatto di tutto per proseguire le indagini e per arrivare alla verità, e i fatti lo stanno dimostrando».
Dopo l’interrogatorio della Sciarelli la difesa di don Marcello Cozzi ha chiesto di sentire anche il capo della Squadra mobile di Potenza in carica all’epoca della scomparsa di Elisa, per chiarire le circostanze del mancato sequestro degli abiti che indossava Restivo al momento del suo incontro con la ragazza. Una scelta molto criticata e da più parti, a cominciare dalla famiglia Claps, per cui da ultimo don Cozzi nel suo discorso “incriminato” aveva chiamato in causa il pm Genovese.
La difesa del magistrato, che si è costituito parte civile, si è detta favorevole alla convocazione del nuovo testimone, condizionandola all’acquisizione dell’informativa della polizia che attesta che la prima comunicazione in procura sulla “scomparsa” della studentessa è arrivata solo il giorno dopo l’arrivo della polizia a casa Restivo e il mancato sequestro dei suoi abiti.
Ma al termine di una breve camera di consiglio il giudice Gerardina Romaniello ha respinto le richieste di entrambi, dichiarando sostanzialmente chiusa l’istruttoria.
La prossima udienza, fissata per il 18 gennaio, servirà quindi per sentire lo stesso don Cozzi, poi è prevista la discussione delle parti e la sentenza.
Tra le frasi del sacerdote per cui il pm ha ottenuto il suo rinvio a giudizio c’è la richiesta al Csm di un accertamento sulla legittimità dell’operato della dottoressa Genovese. Quindi sempre al Csm e al presidente della Repubblica perché considerassero i «contatti telefonici» intercorsi «non poche volte negli ultimi anni» tra il marito e alcuni uomini della ‘ndrangheta.
Per gli inquirenti di Salerno che molto tempo prima li avevano già analizzati, cercando inutilmente riscontri alle accuse – poi smentite – di un ex pentito, Gennaro Cappiello, quei contatti in realtà molto sporadici con personaggi dubbi o poco più non avrebbero significato un granché. Ma per Don Cozzi avrebbero configurato una questione «anche solo» di opportunità per cui la moglie di Cannizzaro, che è originario della provincia di Reggio Calabria, non avrebbe dovuto continuare a fare il magistrato.
Di fronte al Tribunale Federica Sciarelli ha ricordato quando “Chi l’ha visto?” ha ospitato in trasmissione Cappiello, che sosteneva che il corpo di Elisa fosse stato nascosto nelle scale mobili di Potenza. In più ha aggiunto che dopo il suo arresto, e la revoca del programma di protezione, la moglie si era rivolta alla redazione dicendo che il marito sarebbe stato vittima di una «ritorsione» proprio per le rivelazioni fatte sul caso Claps.
l.amato@luedi.it
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