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ROSSANO (COSENZA) – Hanno affrontato da soli il viaggio della speranza per raggiungere l’Italia ed una volta giunti sulle coste della Calabria trascorrono la prima notte nelle strutture di accoglienza e poi si dileguano nel nulla tentando di raggiungere i Paesi del nord dell’Europa. E’ quanto accade alla gran parte dei ragazzi minorenni non accompagnati sbarcati in Calabria.
Dei novantaquattro sbarcati complessivamente a Corigliano Calabro solamente in tre si sono fermati ed ora sono ospiti nella casa famiglia di Rossano gestita dall’associazione Servizi Minori Associati.
Quella di allontanarsi dopo solo la prima notte trascorsa nella struttura che li accoglie è una volontà comune ed ha come obiettivo il tentativo di ricongiungersi con i familiari che vivono in altre Regioni o addirittura in altri Paesi europei. Ed è forte l’appello dei mediatori culturali che dialogano con i minori ad evitare l’allontanamento volontario per i pericoli cui vanno incontro essendo soli in un Paese straniero e non conoscendo la lingua.
Diversa la storia di Hayat, 17 anni, eritrea, Daniel, 13 anni, anche lui eritreo e Iman, 16 anni, nigeriano, sbarcati in Calabria nelle scorse settimane e accolti nella casa famiglia di Rossano. Loro sono ancora là. Accolti dai ragazzi presenti da anni nella casa famiglia per minori come solo i giovani sanno fare. Un’accoglienza fatta nei primi giorni solo di gesti e sorrisi perché Hayat, Daniel e Iman non parlano l’italiano e conoscono appena l’inglese. Ma il linguaggio dei giovani è semplice. E’ bastato un pallone, un pc ed un televisore ad unire i minori. Sorrisi velati davanti al televisore che trasmette un cartone animato ma nel cuore il dolore del distacco dalla famiglia che pur di salvarli li ha imbarcati su navi precarie.
«Ho viaggiato per tre giorni in mare -dice Hayat – e ho lasciato mamma, papà e tre fratelli in Eritrea, mentre un altro fratello è in Svizzera. E’ proprio in Svizzera che mi piacerebbe andare». E’ proprio così. Partono con il dolore nel cuore perchè convinti dai familiari a sfuggire alla guerra ma non desiderano rimanere in Italia. Ed anche per Hayat non sono mancati i momenti di paura. «Prima di imbarcarci in Libia ci hanno spesso minacciati -ha detto intimorita Hayat- e qualche schiaffo non nascondo che l’ho preso. Ora però sono qui e sto bene anche se la sera prima di addormentarmi non faccio altro che pensare alla mia famiglia». La notte è sempre il momento più difficile. S’interrompono i rumori, ci si trova soli con i pensieri ed è inevitabile il velo di tristezza che cala improvvisamente. «Io ho viaggiato per quattro giorni – esordisce Iman – e dalla Nigeria ho raggiunto la Libia attraverso sofferenza e violenze. Ora ho trovato brave persone e i ragazzi mi hanno accolto con entusiasmo. In Nigeria c’è la mia famiglia e se sono scappato è per fuggire alle violenze».
E con la giovane Hayat ha viaggiato anche Daniel, il più piccolo dei tre. Occhi neri e sguardo schivo. «Ho lasciato in Eritrea mamma, papà, due fratelli e due sorelle – ha detto – ed ora vorrei tanto andare in Svizzera da mio zio». E con queste parole il piccolo Daniel ha interrotto il suo racconto anche se a parlare sono stati i suoi grandi occhi colmi di tristezza intervallata da gioia, forse solo apparente, per la presenza dei suoi nuovi amici della casa famiglia che non hanno smesso di riempirlo di attenzioni. Una vita quasi normale quella vissuta dai tre ragazzini che da circa due settimane vivono ormai a Rossano anche se non sanno ancora cosa ne sarà del futuro.
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