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COSENZA – Pubblichiamo la lettera scritta dai nipoti di Donato Bergamini all’indomani dell’approdo in aula del discusso libro “Il calciatore suicidato” di Carlo Petrini (Kaos ed.). Alcuni passi del testo sono stati letti durante la deposizione di Giuseppe Maltese, già massaggiatore del Cosenza Calcio nonché uno dei migliori amici di Denis, scatenando le ire dell’avvocato di parte civile Fabio Anselmo.

Siamo i tre nipoti di Denis Bergamini. Anche se non possiamo essere presenti alle udienze perché figli piccoli e lavoro non ce lo permettono, seguiamo passo passo lo svolgimento del processo alla cui celebrazione nostra madre ed i nostri nonni hanno dedicato tutta la vita. Siamo una famiglia per bene e nostro zio era un ragazzo integerrimo. Serio e che amava la vita. Così abbiamo imparato a conoscerlo da nostra madre e dai nostri nonni.

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Quel che ben sappiamo del libro di Petrini è che ha arrecato tanto dolore a nonno Domizio ed a nostra madre. Fango costruito ad arte mescolando cose vere ad altre assolutamente false. Giocatori, amici di nostro zio ed altri coinvolti in quell’opera si arrabbiarono moltissimo ed unanime fu il giudizio sulla “verità” di quanto scritto. Ora si vuole mettere in discussione il valore di tutte le testimonianze raccolte durante le indagini e confermate fino ad ora in decine di udienze da centinaia di testimoni leggendo loro il “riassunto” interpretato dall’autore di pseudo interviste. Di chiacchierate in libertà. Da bar.

Per fare questo si parla di Denis in modo inaccettabile. Malato di sesso quando la stessa persona che ne avrebbe parlato ha dichiarato sotto giuramento che Denis Bergamini era estremamente riservato, che non parlava delle sue questioni private. Si dice che Denis era un coglione. Lo si offende perché tanto non può difendersi.

Quel che ci ha sempre detto nostra madre è che Maltese non era certo il suo migliore amico e quel che ha detto lo conferma. Avrebbe detto che sarebbe andato via da Cosenza per il dolore per la scomparsa di Bergamini e l’amarezza per il fatto che la verità sulla sua morte non interessava nessuno, giocatori e tifosi compresi.

Solo lui voleva scoprire la verità. Nulla di più falso. Sono parole di un mitomane che servono a definire una vera e propria operazione sciacallaggio ai danni di un morto ammazzato e della sua famiglia. Nostra madre oramai non riesce più a sopportare il peso di questo processo. Il dolore di 32 anni di battaglie e quanto sta accadendo in questi giorni l’hanno schiantata. Ma se aveva avuto la forza di arrivare fino a qui il merito è stato soprattutto dei compagni di squadra di suo fratello e, tanto, dei tifosi del Cosenza che l’hanno coperta di vero e proprio amore ed hanno sempre contribuito a mantenere viva la memoria di Donato. Noi pensavamo che il processo fosse fatto di atti giudiziari non di libri densi di falsità e pettegolezzi o, peggio, accuse infamanti.

Avremmo dovuto allora scriverne pure noi uno. Non possiamo permetterci tutto questo. Denis Bergamini viene cosi ucciso una seconda volta e Donata Bergamini non è in grado di sopportare tutto questo. La nostra famiglia ha sbagliato a non querelare Petrini ma non siamo avvocati e non sapevamo che questo avrebbe promosso a verità la menzogna cinica e calcolatrice.

Ringraziamo il nostro avvocato ma ora dobbiamo chiederci se non sia il caso di abbandonare questo processo che ora si sta svolgendo in questo modo. Chiediamo perdono a nostro zio che non meritava certo tutto questo.

Andrea, Alice e Denis Bergamini Dalle Vacche

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