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Fabio Panetta e Christine Lagarde

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Difettano le leadership e quelle rarissime che sopravvivono, Draghi di sicuro ne è un esempio in Italia e fuori, si fa molta fatica a riconoscerla in casa e a tradurla in atti concreti in Europa. Sulle cause dell’inflazione europea, tetto al prezzo del gas, alleanze internazionali e politica monetaria è sempre un passo avanti. Se poi veniamo più direttamente alle vicende politico-giudiziarie italiane dobbiamo prendere atto che non c’è un pensiero pubblico degno di questo nome perché si parla e si ragiona con la pancia e le distorsioni del sistema giudiziario inquirente e delle sue propaggini mediatiche e non sono un problema gravissimo per le tante persone ingiustamente coinvolte ma anche un problema gigantesco per la stabilità economica e la capacità di attrazione di investimenti del nostro Paese. Il mondo si chiede come andrà a finire e credo che sulle riforme, a partire dalla giustizia, solo un incosciente può permettersi il lusso di parlare di crisi di governo o di continuare a fare melina. Le cose vanno fatte e bene. Questa è la sfida italiana di oggi. Uscire dal tunnel delle lobby e degli interessi incrociati che colpiscono gli innocenti, difendono le rendite di corporazioni e familismi politico-economici e, soprattutto, goccia dopo goccia scavano la roccia e fanno morire un Paese.

Tutto è giusto, tutto è sbagliato. Tutti hanno diritti, nessuno ha doveri. Tutti, troppi, sono al posto sbagliato. Si passa dalla guida dei partiti che vive di sondaggi ora per ora a quella della politica monetaria europea dove si barcolla sui fondamentali e si precipita al primo intoppo in conferenza stampa.

Ognuno ha le sue ragioni, ma l’insieme può essere il disastro. Perché difettano le leadership e quelle rarissime che sopravvivono, Draghi di sicuro ne è un esempio in Italia e fuori, si fa molta fatica a riconoscerla in casa e a tradurla in atti concreti in Europa. Come si possa fare a compiere il passo giusto, alzando i tassi, perché bisogna contrastare l’inflazione senza dare un messaggio chiaro su quello che si vuole fare per contrastare la frammentazione del rischio conseguente tra Paesi del sud e del nord Europa, è davvero incomprensibile. È il “capolavoro” perlomeno mediatico realizzato a spese di italiani, spagnoli e portoghesi da madame Lagarde.

Per metterci una pezza finché dura ci sono voluti un vertice di emergenza della BCE che ripropone il reinvestimento sui titoli più a rischio e lo scudo allo studio e poche, chiare parole del membro italiano del board della BCE, Fabio Panetta, finalmente inequivoche. Che qui riproponiamo: “Una cosa deve essere molto chiara, lo scudo anti-frammentazione non impedisce la nostra politica monetaria, ma è condizione necessaria per portare l’inflazione di nuovo al 2%”.

Che cosa bisogna ancora attendere per capire che l’inflazione europea è diversa da quella americana e che bisogna fissare un tetto massimo al prezzo del gas e dell’elettricità che ne è la causa principale facendo cartello come chiede Draghi ormai da tempo, che ha il vizio di anticipare un po’ le cose perché conosce più degli altri i meccanismi internazionali. Lo faranno, vedrete, ma le debolezze di leadership europee e la frammentazione dei poteri decisionali ha fatto in modo che arrivasse prima Putin a tagliare le forniture di gas del 40% alla Germania e del 15% all’Italia alla vigilia dell’arrivo a Kiev dei tre capi, Draghi, Macron e Scholz, dei tre Paesi fondatori dell’Europa.

Questi sono i fatti. Se poi veniamo più direttamente alle vicende politico-giudiziarie italiane dobbiamo prendere atto che non c’è un pensiero pubblico degno di questo nome perché si parla e si ragiona con la pancia e le distorsioni di un sistema giudiziario inquirente e le sue propaggini mediatiche e, a volte, giudicanti, sono un problema gravissimo per le tante persone ingiustamente coinvolte ma anche un problema gigantesco per la stabilità economica e la capacità di attrazione di investimenti del nostro Paese. Il caso di Banca Etruria e di Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministra Maria Elena, è emblematico da tutti i punti di vista.

Non c’era niente di niente come chiunque in buona fede avrebbe capito all’istante e come è ora attestato dall’ultima sentenza di assoluzione. Ogni forma peggiore di sessismo, interessi editoriali di bassa lega mercantile, lotta politica si sono abbattuti ingiustamente su una famiglia e un esponente politico, tutte cose di per sé gravissime, ma quello che pochi sanno è che questo intreccio inverecondo di interessi ha portato il Paese sull’orlo di una seconda crisi sistemica bancaria italiana da inesistente rischio sistemico.

Alle ore 22 e 30 dell’ultimo giorno dell’anno 2015 il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dalla caserma della guardia di finanza di Predazzo, il presidente delle quattro banche popolari (Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche) Roberto Nicastro da Trento e il vice direttore generale della Banca d’Italia dell’epoca, Fabio Panetta, nella sua stanza di via Nazionale, a Roma, con il Capo dell’Unità di risoluzione e gestione delle crisi Stefano De Polis, sono in collegamento telefonico permanente perché per Banca Etruria ci sono problemi di liquidità, rischiano di non chiudere i conti, i risparmiatori spaventati dalle campagne mediatiche prelevano i depositi e fuggono dalla banca.

Questo il racconto di Nicastro: “La riserva di liquidità di Etruria si era ridotta a sette giorni, avevamo uscite quotidiane di 30 milioni; la legge europea non consentiva interventi diretti e indiretti di natura pubblica in supporto di liquidità. Quindi si assumono varie misure di emergenza: viene accentrata la tesoriera di tre banche, Carichieti per fortuna era molto liquida; si cercano depositi dappertutto anche allertando le banche più solide; Bankitalia si incarica di valutare la possibilità di concedere liquidità di emergenza. Nelle filiali si combatte come in trincea. Avevo richiamato dalla pensione Roberto Bertola di Saluzzo, ex Unicredit come me e sempre con me anche in una passata difficile partita al Banco di Sicilia; lui si fa tutte le filiali delle banche a una a una, va a spiegare a tutti che in realtà ora la banca è più capitalizzata e solida di prima, ci mette tutta la sua passione e la voglia di fare presto per tornare dai suoi nipotini. Posso dire che senza l’energia sua e di tutta la squadra di Etruria la diga non avrebbe tenuto, con grossi rischi di ulteriore contagio”.

Per niente di niente che riguardasse il padre della Boschi, la faccia nascosta di una campagna mediatica-giudiziaria contro un esponente politico che aveva indotto i risparmiatori a togliere i loro soldi da Banca Etruria, si è arrivati a un passo dal baratro di una contagiosa crisi bancaria da inesistente rischio sistemico. Sono cose che appartengono alla storia di ieri ma che devono valere come lezione per l’oggi e per il domani perché una giustizia che vince dopo sette anni non solo è profondamente ingiusta per chi ne subisce conseguenze personali gravissime, ma è moralmente inaccettabile e molto pericolosa per la stabilità di un Paese.

Dopo le ultime elezioni amministrative tutti i partiti hanno avuto uno shock. Tutti hanno capito che le loro strategie non funzionano. Si deve vedere cosa farà Conte se riesce a resistere dentro il governo o se esce e scompare del tutto. Bisognerà vedere che cosa farà Salvini se tornerà a fare il “piazzista” come ha fatto, spesso, da ministro dell’Interno scassando tutto o se si arrenderà ai governatori governisti del Nord, Zaia e Fedriga, riducendo i danni per sé e per gli altri.

Tutto questo avviene, in casa e in Europa, sulla testa della ripresa italiana che con tutto contro viaggia verso una crescita del 3% facendo infinitamente meglio di Germania e Francia. Dove turismo, servizi e edilizia macinano record e la produzione nazionale nonostante i catastrofismi delle organizzazioni di settore macina ordini, trasferisce sui prezzi i rincari delle materie prime, e piazza tutto nel mondo. Dove le famiglie come le imprese si fidano di Draghi e non fanno venire meno la fiducia. Che si traduce in consumi e volontà di non fermarsi mai. Il mondo si chiede come andrà a finire e credo che sulle riforme, a partire dalla giustizia, solo un incosciente può permettersi il lusso di parlare di crisi di governo o di continuare a fare melina. Le cose vanno fatte e bene.

Così come i soldi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza vanno spesi altrettanto bene nei tempi dovuti. Questa è la sfida italiana di oggi. Uscire dal tunnel delle lobby e degli interessi incrociati che colpiscono gli innocenti, difendono le rendite di corporazioni e familismi politico-economici e, soprattutto, goccia dopo goccia scavano la roccia e fanno morire un Paese.


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