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POTENZA – Per anni le diverse amministrazioni che si sono succedute, hanno messo in agenda i rapporti con l’Università.
L’Unibas è una realtà nella nostra regione dal 1983. Dopo il terremoto devastante del 1980 si individuò proprio in questa istituzione una possibilità di sviluppo. E, del resto, le città universitarie soffrono la crisi un po’ meno delle altre. Perchè gli studenti che arrivano in una città hanno bisogno di un alloggio, spesso mangiano fuori casa, acquistano libri e fanno fotocopie. Se si ammalano comprano qui i medicinali e l’elenco davvero potrebbe continuare all’infinito. Perchè per le città universitarie gli studenti sono una risorsa incomparabile. E, infatti, le sedi universitarie sono fatte per accogliere. Sono pensate perchè gli studenti abbiano attorno tutti i servizi. Sono pensate anche valutando il fatto che i ragazzi spesso non hanno le auto per muoversi. E devono servirsi dei mezzi pubblici. O devono camminare a piedi.
Valutazioni che rendono una città più o meno accogliente. E anche su questo spesso si basa la scelta dei ragazzi.
Arrivati a questo punto della nostra storia cittadina, forse si dovrebbe cominciare a ragionare seriamente su quest’opportunità che finora non è stata “sfruttata” fino in fondo. E che consegnerà, tra l’altro, ai giovani laureati, un’immagine della città incapace di fare accoglienza. I ragazzi che si sono laureati a Bologna, per esempio, il prossimo giugno si ritroveranno nella città che li ha accolti per un grande raduno. E questo perchè per quei ragazzi anche la città che li ha ospitati ha avuto un ruolo fondamentale. Che ricordo vogliamo donare ai nostri laureati?
Poichè è finito anche il tempo della sterile critica, proviamo a fare delle piccolissime proposte all’amministrazione. Piccoli segnali che non dovrebbero pesare eccessivamente sul Bilancio del nostro disastrato Comune, ma che potrebbero invece essere un bel segnale per le centinaia di ragazzi cosiddetti “pendolari”. Perchè, questo è chiaro, la maggior parte degli iscritti all’Unibas arriva dai comuni della provincia. E quelli arrivano (e partono) in città con autobus o treni.
Punto di snodo è, per loro, via Cavour. E’ lì che si fermano tutti gli autobus diretti nei comuni di tutta la provincia. Ed è lì che ci ha invitato a fare una passeggiata un nostro lettore. Un potentino che gli anni universitari li ha superati da parecchio, ma che evidentemente ha capito quanto quei ragazzi possano essere importanti per la città.
Quella fermata «è una vergogna – racconta – perchè è in quel punto che si ritrovano centinaia di ragazzi, specialmente il venerdì all’ora di pranzo, quando i pendolari devono andare via. E tu vedi là quei giovani tutti in piedi, certe volte per più di un’ora. Con i valigioni che si portano dietro sopra e sotto, senza neppure una panchina. Si siedono sul marciapiedi quando è bel tempo, quando piove si fanno come pulcini, perchè c’è una sola pensilina».
Una sola pensilina in uscita dalla città, una sola – in pessime condizioni – in entrata.
«E non è finita – continua il lettore – perchè in quel punto della strada, incredibilmente, c’è un avvallamento. E quando piove si creano delle pozzanghere grandi. Per cui ogni auto che passa lascia il suo ricordo sui poveri ragazzi. E se questo non bastasse, le hanno pensate davvero tutte per creare quante più barriere possibili. Ai ragazzi disabili, ma anche a chi passa con una valigia o un passeggino».
Basta farsi un giro per verificare: da una parte c’è un abbassamento per marciapiedi per consentire a un disabile di salirvi. Ma il solito genio ha pensato di installare proprio lì il palo della fermata dell’autobus.
Dall’altra parte non va meglio: davanti alla nuova sede del notaio Zotta è tutto un avvallamento. Per salvare i ragazzi dagli automobilisti dalla strada ci sono dei paletti, ma pensate doversi portare, come spesso succede, il trolley per tutta via Cavour fino alla curva della Caserma Lucania, da dove si scende per raggiungere il Campus. E quando le giornate sono lunghe i disagi più o meno sono contenuti. «Ma alle 17, a gennaio, qui è già tutto buio. E quei poveretti spesso rischiano di essere investiti. Ed è capitato già più di una volta. Basterebbe anche un lampione in più».
Per non parlare poi della strada che dalla Caserma porta al Campus: i ragazzi camminano praticamente in mezzo alla strada, con macchine che salgono e scendono (nonostante il divieto).
«Ma dico io, possibile che abbiano speso miliardi in scale mobili in tutta la città e non hanno pensato a farne una proprio qui, dove il traffico sarebbe più intenso? Ora non ci sarebbero i soldi, va bene. Ma un collegamento con il Campus più sicuro per i ragazzi va immaginato». E dei progetti sono stati presentati. Chissà quando si tradurranno in realtà.
a.giacummo@luedi.it
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