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COSENZA – Assolti per non avere commesso il fatto. E’ la sentenza della Corte d’assise di Cosenza nei confronti di Franco Sansone per l’omicidio di Roberta Lanzino, violentata ed uccisa nel 1988. L’uomo, il padre Alfredo ed il fratello Remo sono stati assolti anche per il delitto di Luigi Carbone, il cui cadavere non è mai stato trovato.

L’assoluzione per l’omicidio Lanzino era stata chiesta dal pm dopo che il Dna su Sansone ha escluso la compatibilità con quello trovato sul corpo della giovane. «La forza probatoria della prova regina, il dna, è tale da non potere essere confutata», aveva detto il pm nella sua requisitoria motivando la richiesta di assoluzione.

 

Nel corso del dibattimento, i carabinieri del Ris di Messina hanno fatto la comparazione del dna di Sansone con quello estrapolato dal liquido seminale isolato dal terriccio che stava sotto il corpo della studentessa, dalla quale è emerso che invece non c’è compatibilità. Stesso risultato è stato ottenuto dal Ris comparando il Dna con quello di Luigi Carbone, che secondo l’ipotesi iniziale della Procura di Paola aveva ucciso Roberta Lanzino insieme a Sansone venendo poi a sua volta ucciso dall’amico e dai congiunti per paura che potesse rivelare i dettagli del delitto.

I giudici della Corte d’assise di Cosenza, al termine di una camera di consiglio durata 4 ore e mezzo, hanno invece deciso di assolvere gli imputati da tutti i reati. La condanna era stata invece chiesta dal legale della famiglia Lanzino, l’avv. Francesco Cribari, anche andando oltre alla perizia sul dna. Nessun colpevole, dunque, per ora sulla morte della giovane.

 

Anche il pubblico ministero aveva chiesto l’assoluzione per Francesco Sansone, uno dei due imputati accusato di aver ucciso Roberta insieme al deceduto Luigi Carbone. Sansone, secondo la requisitoria del pm, sarebbe scagionato dalla recente relazione sul Dna dell’assassino eseguita dai Ris di Messina (LEGGI) e che non sarebbe compatibile col suo.

Un Dna che è stato isolato e classificato come “Ignoto 1” e per il quale indagini sarebbero in corso (LEGGI) per cercare di arrivare finalmente all’assassino della donna.

E’ stato proprio l’esito degli accertamenti sul Dna a fare cadere l’intero impianto accusatorio sul quale si è concentrata la riapertura dell’inchiesta sulla barbara uccisione della studentessa di Rende Roberta Lanzino. Infatti, secondo tale accusa, la giovane, fu violentata e uccisa da Franco Sansone insieme a Luigi Carbone. Quest’ultimo un paio di mesi dopo sarebbe stato ucciso dallo stesso Sansone con la collaborazione del padre Alfredo e del fratello Remo, attuali imputati in un processo in corso in Corte d’Assise. Alla comparazione del Dna si è arrivati solo adesso esaminando le tracce di sperma confuse al sangue di Roberta Lanzino trovate dai militari del Ris di Messina sui campioni di terra sulla quale fu trovato il cadavere di Roberta Lanzino.

L’avvocato Enzo Belvedere, difensore di Franco Sansone, ha commentato la sentenza per il suo assistito: «Una sentenza favorevole, che era attesa da tempo, e sapevo che questa era la giusta conclusione». Per le parti civili, invece, il lega della famiglia Lanzino, Ornella Nucci, ha detto: «Bisogna prendere atto di quelli che sono gli esiti di un processo. Mi auguro che qualcuno più avveduto, più desideroso di leggere meglio nelle carte, dica che non è finita così». 

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