X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

IL 12 giugno si vota per le amministrative anche a Lampedusa e Linosa. La campagna elettorale è in pieno svolgimento e i due candidati si confrontano per amministrare nei prossimi anni l’Isola dell’accoglienza.

Ma i temi che i candidati affrontano riguardano le fogne, la destagionalizzazione del turismo, la possibilità di ampliare le possibili opzioni per nuovi posti mare, il porto turistico, i trasporti, la pulizia dell’isola, l’abusivismo edilizio, l’asilo nido, le scuole, la possibilità di accogliere le navi crociere, come Santorini, il modo per smaltire le tante barche, e barchini e liberare il porto dai mezzi che arrivano a portare il carico umano degli extracomunitari e meno della tematica dell’accoglienza.

La sinistra insorge perché ritiene che il tema fondamentale, quello dell’accoglienza, che è stato il cavallo di battaglia della pasionaria dell’immigrazione, quella sindaca Giusy Nicolini scelta da Renzi per essere portata da Obama, e che ha portato Papa Francesco nella sua prima visita pastorale sull’isolotto del Mediterraneo, o di Pietro Bartolo, ora deputato europeo, non venga adeguatamente trattato.

È legittima la lamentela o è corretto che i candidati a gestire i 6300 abitanti dell’Isola, unica tra quelle siciliane a vedere aumentati i propri residenti, grazie alla capacità imprenditoriale degli isolani a gestire un flusso turistico interessante e a consentire ai propri figli di non dover emigrare, come succede anche in quella iconica Pantelleria, con un’immagine tanto importante quanto poco corrispondente alla capacità di creare reddito, si occupino di proporre la loro idea di gestire il futuro dei propri abitanti e meno della problematica dell’immigrazione?

In realtà il sindaco di Lampedusa e Linosa, ma anche quello di Pozzallo piuttosto che di Porto Empedocle o di Augusta, devono dedicare la maggior parte del proprio tempo ad occuparsi delle problematiche attinenti al processo immigratorio visto che, oltre agli arrivi spontanei che devono gestire, spesso vengono scelti come porti sicuri.

Lo Stato si ricorda del Sud e della Sicilia in particolare quando richiama l’esigenza che esso sia la batteria della locomotiva, con una definizione tanto infelice quanto espressione di una visione coloniale dell’area, oppure che si attivi scoprendo la vicinanza dei suoi porti al Nord Africa, cosa che dimentica totalmente quando si tratta del traffico merci, che invece trova in Trieste e Genova i porti di riferimento italiani.

E pretende nel suo immaginario che anche gli amministratori, invece di occuparsi dei problemi della cittadinanza che li elegge, si occupino dei massimi sistemi, tra i quali ovviamente per primo quello dell’accoglienza agli emigranti, dimenticando che il problema, che esiste, è del Paese e dell’Europa e non delle piccole comunità che invece vengono caricate di un peso che non li riguarda affatto.

Non li riguarderebbe ma in realtà condiziona pesantemente la loro vita, a cominciare dai mezzi di trasporto, come le navi traghetto, che per esempio a Lampedusa vengono utilizzate per trasportare gli extracomunitari a Porto Empedocle, con una commistione tra turismo e flussi migratori che certo non fa bene e non aiuta coloro che del turismo hanno fatto la loro attività per la sopravvivenza.

Sono problematiche che evidentemente né l’Isola d’Elba, né Capri, ma nemmeno le Eolie e, stupore di tutti, nemmeno quella Pantelleria, che ha più vicine le coste tunisine, soffre, visto che è stata totalmente esentata grazie alla sua condizione di isola dei VIP, dall’avere l’hotspot che invece Lampedusa, malgrado abbia il flusso turistico più importante tra tutte le isole del Mediterraneo, deve ospitare.

Forse il dibattito tra i due candidati dovrebbe prevedere anche – ma visto l’argomento come unpolitically correct viene evitato – di come impedire che l’Isola debba soffrire e sopportare il peso di un’accoglienza, dovuta a chi arriva dal Nordafrica, ma che spetterebbe all’Italia e all’Unione e certo non debba essere caricata su un isolotto di 22 km quadrati.

L’idea che possa essere utilizzato come hotspot, adeguatamente attrezzato, l’isolotto di Lampione, non viene presa in considerazione nemmeno dai locali che vogliono giustamente forse che il piccolo “scoglio“ di meno di 4 ettari non venga violato da strutture portuali e residenziali che lo rendano adatto ad ospitare temporaneamente chi arriva dalla costa sud e che salvi la più grande delle Pelagie dal destino, che sembra ineluttabile, di diventare la Lesbo italiana.

Dagli isolani perché è un’idea troppo balzana per alcuni aspetti ed avveniristica, quasi inimmaginabile nella sua attuazione pratica; dallo Stato italiano perché comporterebbe costi talmente rilevanti che preferisce non affrontare e lasciare sulle spalle della maggiore Isola di frontiera, occupando, con il suo complesso militare necessario, il porto e militarizzando in qualche modo il territorio di confine. Vecchio vizio visto che durante il fascismo, dopo l’abbandono totale avvenuto dopo l’unificazione, contrariamente all’attenzione dedicata da Ferdinando II, che la fece abitare nel 1843, la utilizzò come colonia penale per i confinati politici.

D’altra parte a qualche isolano fa anche comodo che vi sia questa struttura di accoglienza, che prevede l’ospitalità a pagamento dei militari così come un po’ di lavoro per coloro che sono impiegati nell’hotspot.

Giustamente i candidati provano ad evitare di occuparsi di temi che non dovrebbero riguardarli, ma che invece impattano pesantemente sul futuro dell’Isola, che non potrà diventare in modo completo Isola turistica fino a quando sarà individuata per la prima accoglienza del flusso, Destinato, peraltro, ad aumentare anche in considerazione della probabile crisi alimentare che riguarderà molti dei paesi del Nord Africa per Il blocco del grano ucraino e di quello russo. Tale aumento certamente non potrà che confliggere con un’attività che prevede l’assicurazione per chi arriva e la garanzia di accoglienza tranquilla senza altre problematiche, che, anche se tenute sotto controllo operativamente, da un punto di vista mediatico, non incoraggiano chi vuole usufruire delle bellezze ineguagliabili di quel mare cristallino a sceglierla come meta vacanziera.

E sempre meno man mano che lo standard qualitativo richiesto diventa più alto finendo invece con l’ospitare un turismo straccione del mordi e fuggi o campeggiatore abusivo delle coste meridionali della Sicilia.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE