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REGGIO CALABRIA – Uno dei meriti del videoclip di Jovanotti è aver immortalato i simboli di tradizioni antichissime del nostro territorio. Il folklore calabrese – quello vero, quello della cultura etnica – non è coppole e tovaglie a quadretti, mentre esiste nella nostra storia un’iconografia popolare sconosciuta spesso agli stessi calabresi.
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Nel video di “Alla salute” saltano subito all’occhio i grandi fantocci di cartapesta protagonisti di processioni profane nelle due città dello Stretto, u Giganti e ‘a Gigantissa, che hanno fattezze simili ai pupi siciliani e rappresentano i cinquecenteschi mori dominatori.
Familiari anche nella provincia cosentina (citiamo appena una variante, Mastru Rafele, di aspetto spaventoso e battezzato come il patrono, che ogni notte del 7 settembre sfila nel centro storico di Castrolibero fino all’orario esatto del terribile terremoto del 1905, in onore della Madonna della Stella, salvatrice della città dalla devastazione del sisma), questi grandi personaggi antropomorfi e zoomorfi sono diffusi in molte aree dell’Italia meridionale e centrale.
Molti di essi sono Guy Fawkes nostrani dati alle fiamme per propiziare prosperità e tenere lontane le disgrazie. Di certo i natali reggini del regista Giacomo Triglia avranno pesato sulla scelta di inserirli nello storytelling musicale dove Jovanotti brinda a una rinascita dell’umanità dopo la pandemia.
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Ma se le effigi di vari giganti, re e regine in corteo sono abbastanza noti nelle varie province calabresi, un attimo prima dei titoli di coda il video si conclude con l’apparizione di un’altra strana figura, un quadrupede di cartapesta che ruota sprizzando scintille.
Si tratta del “camiddhu”, protagonista di un ballo folklorico di origine medievale in molti centri principalmente dell’area grecanica reggina, ma non solo. Realizzato con una struttura di canne e rivestito di cartapesta colorata, il camiddhu (ovvero un cammello, ma esiste anche la versione dell’asino, “u sceccu” o ”sceccareddu i focu”) viene indossato da un danzatore che si esibisce in una vorticosa tarantella al ritmo di tamburi, culminante nello scoppio di alcuni petardi dalla pancia dell’animale. Alla fine il fantoccio rimane a girare da solo grazie a un petardo nella coda, che provoca il botto finale e la sua distruzione.
Il significato della danza con il camiddhu è di protezione e buon augurio, festeggiando il ricordo della cacciata dei Turchi tiranni delle antiche Calabrie. Una tradizione rimasta a lungo come patrimonio orale di nicchia tra gli anziani e gli artigiani dei borghi grecanici, recuperata alla fine degli anni Novanta grazie al festival di musica etnica “Paleariza”. Una danza tribale e sacra, che allontana i diavoli con un ideale sacrificio agli dei magnogreci della buona sorte, le divinità mediterranee da evocare bevendo “Alla Salute” di un mondo nuovo.
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