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POTENZA – Gli studenti uniscono tre regioni e riescono ad arrivare dove la politica, troppo attenta ai campanili, non riesce. Con la premiazione dell’istituto primo classificato – il “Pertini” di Crotone – il progetto “Adottiamo la via Annia Popilia” del Lions Club Potenza Pretoria ha celebrato ieri la sua fase conclusiva, che in realtà, secondo i promotori, sarà il primo passo di un progetto che spera di intercettare i fondi europei e, nella prossima tappa, si sposterà a Salerno per il “Popilia day”: in quell’occasione sarà scoperta una targa in via Torquato Tasso con il logo realizzato dalla scuola vincitrice, e in particolare dall’alunna Debora Rossi con la supervisione dell’insegnante Annarita Libonati. L’istituto calabrese ha battuto in finale il liceo artistico statale di Matera (docente Patrizia Di Franco, alunno Dario Di Cuia), scuole finaliste sulle 10 partecipanti. In tutto le proposte pervenute sono state 57: a essere premiato, il logo che abbraccia i simboli delle tre regioni (il rosso della Campania, le colonne magnogreche della Calabria e i 4 corsi d’acqua della Basilicata). Il logo segnalerà l’itinerario storico che è stato ricostruito da un gruppo di studiosi dopo una ricognizione sulle fonti e, dove possibile, sul campo: la strada consolare romana costruita nel II sec. a. C. dal console Publio Popilio Lenate, in 26 miglia univa Capua a Reggio Calabria e in molti tratta ricalca il tracciato dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria; lo storico Strabone scrisse che, a causa dei tanti dislivelli, per percorrerla s’impiegavano 4 giorni in più rispetto alle strade pianeggianti. Il progetto del Lions – forte dell’appoggio di Soprintendenza per i Beni archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, consiglio regionale della Basilicata, Basilicata Turistica, Provincia e Comune di Potenza oltre che Ufficio scolastico regionale della Calabria – è in gergo un “service”, ovvero uno strumento conoscitivo cui hanno dato un loro apporto anche il Cnr e l’Università della Calabria, con il docente Giuseppe Roma, e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Maurizio Lazzari, che del service è responsabile e coordinatore, ha illustrato il bando e l’anno di lavoro che ha portato al convegno di ieri al Teatro Stabile, con Giuseppe Tancredi, presidente del Lions Club Potenza Pretoria, e Liliana Caruso, governatore del Distretto 108Ya Basilicata Calabria Campania. Entro giugno sarà pubblicato un libro che documenta l’attività di ricerca e si pensa anche a un documentario. Ma al progetto – è stato ribadito dal tavolo dei lavori moderati dal giornalista Mimmo Sammartino, caporedattore della Gazzetta di Basilicata – si vuole dare continuità soprattutto dopo questa prima fase esecutiva. In un messaggio letto ai presenti, il presidente del consiglio regionale Piero Lacorazza ha ricordato l’iniziativa “Basilicata2019 Scaviamo il futuro” che coinvolge anche Campania e Puglia tra archeologia e ambiente, storia e natura, e con lo sguardo anche all’importante scadenza di Matera Capitale della Cultura. Un altro segnale incoraggiante che va nella direzione di una «macroregione nata da un’intuizione – ha commentato Sammartino – e non a tavolino. L’idea di un museo all’aperto che valorizzi un’opera di oltre duemila anni fa è un’ipotesi di economia reale attorno alla rete della bellezza, un patrimonio che nessun imprenditore cinese può copiare».
Pur nella nebulosità della ricostruzione del tracciato della via consolare nell’attuale Basilicata (a fronte del tratto calabrese ben studiato da Vincenzo Spanò, il cui libro è imprescindibile per chiunque si avvicini alla via Annia Popilia), il progetto ha permesso di censire i siti offrendo – ha spiegato Lazzari – uno spunto per qualsiasi iniziativa di turismo culturale legata alla programmazione europea 2014-2020.
È toccato a Stefano Del Lungo e Annarita Sannazzaro, archeologi del Cnr-Ibam che hanno lavorato in team con Marcella Cianciola, illustrare i risultati della mappatura del tracciato in Basilicata. Del Lungo ha spiegato che il tema ha permesso di affrontare la ricerca in modo interdisciplinare: partendo dall’epigrafia (il Lapis Pollae, la stele rinvenuta a Polla coeva alla costruzione e riportante le stazioni di sosta) e dalla cartografia (la Tabula Peutingeriana, mappa istoriata risalente al IV sec. d. C.) ha effettuato una ricognizione fotografica sul posto, senza tralasciare gli aspetti antropologici raccolti parlando con la gente del luogo, visto che «quelle due fonti, più che chiarire e semplificare, confondono le idee». Dai toponimi alla cartellonistica (c’è persino un’indicazione “Via Popilia” che conduce a una proprietà privata…) fino alle insegne degli agriturismi della zona, lo studioso ha cercato conferma alle sue ipotesi sul tragitto della Annia, difficile da ricostruire tanto più in un territorio interessato da frane, esondazioni come quella recentissima del Calore, sbancamenti e crolli. L’antica via romana in molti tratti si trovava a cavallo tra l’attuale A3 e la statale Tirrenica, quando non sia del tutto sovrapponibile ai due tracciati. Curioso il caso di “Vico Mendicoleo”, letteralmente “villaggio abitato da poveri”, oggi nel territorio di Casalbuono (già Casalnuovo). Del Lungo si è imbattuto in una ex caserma adibita a gendarmeria nel periodo borbonico, costruita – stando alle fonti orali del luogo – su una vecchia strada rettilinea che potrebbe essere la Annia. È una zona in cui muretti a secco che definiscono strade accanto ad antiche costruzioni come un ospedale medievale permettono di ricostruire la stratigrafia sedimentata sul manufatto viario oggetto di studio. Altrove, un tracciato roccioso particolarmente consumato segnala una sede stradale di due metri e mezzo all’interno di un bosco: che sia anche quella la vecchia Annia? Quello di Del Lungo è un percorso sentimentale a metà fra il Proust che suggerisce di non visitare posti nuovi quanto di osservare con occhi nuovi e il Pasolini che annota come spesso il bello ci passa davanti agli occhi ma non lo vediamo.
Alla Sannazzaro il compito di ricostruire la presenza antropica del Lagonegrese-Valle del Noce, dove le popolazioni autoctone, nel II sec. a. C. si schierarono con Annibale: spesso è possibile appoggiarsi alla diffusione del culto della Mefite lucana, cui sono dedicati santuari in tutta la Basilicata (il più importante a Rossano di Vaglio), o al rinvenimento di necropoli, fortificazioni (a Rivello una del IV a. C.), centri abitati già un paio di secoli prima della costruzione della strada, fornaci e ville rustiche, come quella romana emersa a Nemoli durante i lavori per la costruzione del campo sportivo. A Lauria sono state rinvenute mulattiere e una fattoria del periodo ellenistico lucano (IV-III sec. a. C.), mentre a Castelluccio inferiore, sede della “statio” o “mansio” di Nerulos-Nerulum – un luogo di sosta da cui partiva la via Herculea che portava a Venosa passando per Grumentum, Potentia e Anxia, oggi Anzi – c’era un vero e proprio distretto del vasellame con una grande fornace che produceva tegole per tutto il comprensorio.
Gianpiero Perri, dg dell’Apt Basilicata, elogiando lo spirito unitario e cooperativo dell’iniziativa definita «ambiziosa» ha notato come «la Annia Popilia è un vero e proprio itinerario del Mezzogiorno: la reputazione di un itinerario è la sua storia, e in questo caso parliamo di una storia bimillenaria». Resta solo da metterla a valore: gli studenti hanno fatto la loro parte.

e.furia@luedi.it

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