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La premier finlandese Sanna Marin ricevuta a Kiev dal presidente Zelensky

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È possibile un cessate il fuoco nel conflitto tra Ucraina e Russia? Già sugli attori che dovrebbero decidere una tregua ci sono seri interrogativi. Certamente russi e ucraini, ma determinanti sono anche Stati Uniti e Gran Bretagna. I primi hanno investito oltre 50 miliardi di dollari nella difesa dell’Ucraina, la seconda appare la potenza più determinata nel puntare a una sconfitta di Mosca con l’appoggio della Polonia e dei Paesi baltici.

La verità è che c’è una spaccatura in Europa tra chi non è disposto a concedere nulla a Putin e chi invece è più incline a un compromesso.

Si spiegano così le ultime dichiarazioni di alcuni protagonisti. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha accusato la Nato di “non fare letteralmente nulla” per far fronte all’aggressione russa. Mentre la ministra inglese degli affari esteri Liz Truss proclama che: “L’aggressione russa non può essere condonata”. Kuleba sa di mentire ma anche di affermare una mezza verità. Senza gli aiuti militari americani e inglesi e lo scudo elettronico della Nato fornito da Usa e Gran Bretagna l’Ucraina sarebbe già stata presa per la gola da Putin. Ma è anche vero che l’élite ucraina si è convinta che nei palazzi del potere in Germania e in Francia ben pochi si augurano la sconfitta di Mosca. I ritardi sulle sanzioni e sulle armi da inviare hanno ormai scavato un fossato politico.

Germania, Francia e Italia, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non vedono l’ora che la guerra finisca, anche con un cessate il fuoco che potrebbe durare anni, come quello a Cipro tra turchi e greci oppure tra Israele e il Libano. Da decenni su queste frontiere esiste una tregua che non è mai stata seguita da un accordo di pace. Questo tipo di intesa del resto è l’unico accordo possibile, al momento, per mettere fine, almeno temporaneamente, al conflitto. Gli ucraini, anche solo per ragioni di principio e di politica interna, non rinunceranno mai alla sovranità su tutta l’Ucraina e Putin non ha alcuna intenzione di restituire le terre occupate finora. Le discussioni sullo status delle regioni contese potrebbero durare decenni o forse neppure iniziare.

“Le truppe russe resteranno per anni”, dice il generale Salvatore Farina, ex capo di stato maggiore, comandante in Bosnia e Kosovo, oggi docente di peacekeeping al corso di laurea (l’unico in Italia) in Scienza della Pace dell’Università Lateranense. “Certo – aggiunge – se ogni giorno dobbiamo sentire affermazioni roboanti dai leader occidentali come “l’Ucraina deve assolutamente vincere”, è difficile coltivare speranze. Eppure Farina davanti al pubblico di studenti della Lateranense è in un certo senso ottimista. “Nelle prossime settimane è probabile una svolta e se i russi assumeranno qualche posizione di vantaggio, consolidando l’obiettivo minimo del Donbas e Mariupol, potrebbero anche negoziare”.

Il piano di pace italiano è stato impallinato dai russi, ancora prima di leggerlo. Il 25 maggio la portavoce del ministero degli esteri russo lo ha respinto senza neppure conoscerlo nei dettagli. Il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio lo aveva illustrato a grandi linee qualche giorno fa e ne aveva discusso con il segretario generale della Nazioni unite Antonio Guterres.

Più o meno le stesse reazioni, con toni ovviamente diversi, le hanno avute gli ucraini. “Qualsiasi tentativo internazionale di riportare la pace sul territorio ucraino e in Europa è benvenuto”, ha detto il ministro degli Esteri ucraino Kuleba. Il quale però ha aggiunto: “Bene l’iniziativa italiana ma l’integrità territoriale dell’Ucraina va rispettata”. E si vede che questo benedetto piano Kuleba non l’ha letto perché si parla di conservare la sovranità ucraina anche su eventuali territori autonomi.

Ma peggio va con gli alleati (presunti) dell’Italia. La portavoce del governo di Berlino, Christiane Hoffmann, afferma di non conoscerlo ancora e che comunque “spetta all’Ucraina decidere se il piano sia accettabile”. Insomma pure i tedeschi non ne sanno nulla o dicono di non averlo visto. Sembra quasi incredibile – e comunque assai improvvisato – che su un’iniziativa del genere la diplomazia italiana non abbia consultato anche i suoi partner o per lo meno provveduto a recapitare il documento. L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, è apparso persino piccato: “abbiamo preso nota del piano di pace dell’Italia…ma dal punto di vista europeo tutto questo deve passare dall’immediata cessazione dell’aggressione e dal ritiro senza condizioni dell’esercito russo”.

Una porta in faccia al negoziato. Ma come mai il piano di pace italiano non piace? Forse non è stato “comunicato” nel modo giusto. L’impressione, soprattutto, è che il piano sia stato elaborato all’interno della Farnesina e che la sua esistenza sia stata resa pubblica – in maniera maldestra – senza consultare le parti in conflitto né gli alleati.

L’idea prevalente tra gli esperti comunque è che una tregua sarà possibile quando i due contendenti decideranno di averne abbastanza: i russi sanno di non potere contare su grandi risorse umane e materiali (soldati e armamenti) per occupare una parte del territorio ucraino, gli ucraini dovranno scontrarsi con il principio di realtà, ovvero che una sconfitta di Putin al momento non è possibile o avrebbe costi altissimi e un probabile allargamento del conflitto finora escluso dalla Nato. Oltre a questo si va nell’imprevedibile che qui nessuno si augura.


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