Il senatore Antonio Razzi
3 minuti per la letturaCOSENZA – «Dissociandoci dal mondo accademico, evitando sterili ed inutili polemiche vi aspettiamo giovedì alle 16 e 30 presso la sala convegni dell’hotel Majorana». Democrazia culturale, l’associazione studentesca che ha organizzato per domani, 25 maggio (LEGGI), il seminario su Usa e Corea del Nord, al quale prenderà parte il senatore Antonio Razzi, fa un passo indietro e cambia la sede dell’iniziativa. La decisione è arrivata dopo giorni di polemiche accese e di prese di distanza da parte del mondo accademico. Dal direttore del dipartimento di Scienze politiche Francesco Raniolo al rettore Gino Crisci, buona parte dei relatori annunciati ha fatto sapere di non essere a conoscenza della presenza del senatore Antonio Razzi. Gli organizzatori avrebbero chiesto la disponibilità della sala, comunicato il tema, al più avrebbero anticipato a qualcuno di aver chiesto la presenza di un parlamentare.
L’Unical prende le distanze
Francesco Raniolo è stato il primo a chiarire l’estraneità del proprio dipartimento (LEGGI), che ha solo autorizzato l’utilizzo della sala seminari del cubo 0b. Il direttore ha espresso «disappunto» per non essere stato informato della lista dei relatori. Anche il rettore Gino Crisci, nella giornata di ieri, ha precisato che l’amministrazione centrale dell’ateneo, il rettorato e le strutture dipartimentali non andavano messe in relazione con il seminario (LEGGI LE DICHIARAZIONI).
Lui, peraltro, dice che domani sarà a Matera, per un workshop sulla tutela del patrimonio monumentale organizzato dall’Università della Basilicata. Il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche e aziendali, Franco Rubino, anche lui presente sul manifesto tra i saluti istituzionali, non ha diffuso una nota, ma al telefono spiega che a quell’ora sarà a lezione. Aveva ricevuto un invito quindici giorni fa, conosceva per grandi linee il tema, sapeva che era stato invitato un parlamentare, ma ha scoperto che si trattava di Razzi quando è apparso il manifesto. Sul web, poi, il professor Giampietro Calabrò ha tenuto a precisare che Luigi Caravita, avvocato che collabora con la sua cattedra, avrebbe partecipato al seminario «a titolo personale».
Razzi commenta su twitter
E il senatore? Non sembra turbato dalle polemiche, come dimostrano i suoi cinguettii. Ai follower che nelle scorse ore gli hanno chiesto di commentare le prese di distanza dei professori dell’Unical, lui ha replicato: «Sono “parrucconi”». Verrà in Calabria, ha assicurato, e parlerà «di democrazia».
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Il ritiro di relatori e loghi
Anche chi, sulle prime, aveva confermato la propria presenza al seminario, cercando anche sui social di placare le polemiche, ha deciso di annullare la propria partecipazione. Il sociologo Walter Greco, che aveva chiesto ai colleghi di uscire «dalle caricature alla Crozza», dopo la nota di Raniolo ha fatto un passo indietro perché il direttore aveva chiarito che l’evento non faceva parte dell’attività scientifica del dipartimento di Scienze politiche.
«Vorrei evidenziare come per me e per la mia storia esistano distanze siderali verso i sistemi autoritari e tirannici e chi li elogia. Inoltre sono assolutamente agli antipodi da chi intende la politica come qualcosa di riconducibile a forme anche minime di tornaconto personale», ha scritto sui social. Ha comunicato agli organizzatori che non sarà presente anche il presidente del Consiglio degli Studenti, Domenico Tulino. Pure lui sulle prime aveva cercato, invano, di gettare acqua sul fuoco.
«Dirò ciò che penso – aveva scritto sabato su Facebook – Contro ogni guerra, contro la corsa al riarmo, contro la cattiva politica. E, parte i pregiudizi, tutti condivisibili, un fatto è innegabile: Razzi è il segretario della Commissione Affari Esteri ed ha partecipato a missioni in Corea del Nord e non possiamo dire che non sia legittimato a parlare». Dopo la defezione della maggior parte dei relatori annunciati e il ritiro dei loghi del Consiglio degli Studenti e dell’associazione Università futura, che campeggiavano sulla prima versione del manifesto, gli organizzatori hanno rivisto la sede e anche la locandina: oggi resiste solo il simbolo di “Democrazia Culturale” e il nome di Antonio Razzi.
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