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In un incontro coi liceali del “Pasolini”, ieri mattina Marcello Pittella ha dovuto rispondere a una prima domanda: una 17enne chiedeva come uscire dalla crisi, psicologica oltre che materiale, che vede suo padre cassintegrato nella categoria – purtroppo comune – del “troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per trovare un altro lavoro”. Serve qualcosa in più degli ammortizzatori sociali. Su scala nazionale tiene banco il tesoretto annunciato da Renzi nei giorni scorsi. L’Europa mette i paletti (prima bisogna centrare gli obiettivi di bilancio) ma il governo vuole dare un segnale sul Welfare. La Stampa pubblica un interessante grafico che traduce in numeri le storie di povertà con le quali noi tutti conviviamo: oltre 10 milioni sono gli italiani che vivono in condizioni di povertà relativa e oltre 6 milioni in stato di povertà assoluta (tra questi, al Sud ce n’erano 3 milioni nel 2013 e 2,3 nel 2012). Tramonta l’ipotesi di un bonus a tutti sotto gli 8mila euro ma ci sono 7 miliardi per i poveri, di cui 6 a disposizione dei sindaci: il nuovo piano dovrebbe essere pronto per fine maggio. Intanto, non è del tutto peregrina l’ipotesi di un ampliamento della platea dei beneficiari dello sgravio da 80 euro.
Sono temi che forse interessano più dell’Italicum – in queste ore si decide il destino da capogruppo alla Camera del lucano Roberto Speranza, impegnato sul fronte critico col conterraneo Alfredo d’Attorre nella battaglia finalizzata a diminuire i “nominati” – nella percezione di un Paese, e un Mezzogiorno in particolare, che crolla (pezzi di autostrada in Calabria e Sicilia, soffitti di scuola a Ostuni). I segnali incoraggianti non mancano: le Piccole e medie imprese italiane impegnate in innovazione, qualità, bellezza e green economy sono le prime in Europa, e l’Italia vanta nella Ue il maggior numero di prodotti con il più alto valore medio unitario, 255 contro i 196 della Germania, i 193 della Francia e i 188 del regno Unito (dati da una ricerca condotta da Cna-Symbola).
Repubblica dà una bussola (doppia) intervistando il direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, e il presidente dell’Inps, Tito Boeri: ottimo strumento per chi volesse capire qualcosa in più su nuovo 730 e pensioni.
E’ un Paese sospeso, e l’immagine che lo racconta meglio in questi giorni è la fila di decine e decine di metri davanti al Tribunale di Napoli: l’ha postata Luca Watson su twitter e mostra avvocati in fila per un’ora causa controlli (l’immagine fa il paio con scatti simili un po’ in tutta Italia, dopo la strage nel Palazzo di giustizia di Milano). Nel marasma di proiezioni sugli annunci di tagli previsti dal Def, il Mattino si spinge in un calcolo che vede in Napoli la città più penalizzata: rischia oltre il 16% di sforbiciata a fronte del 6,6 di Torino. È qualcosa in più di una riedizione di antiche fratture tra l’Italia sabauda e quella borbonica, semmai è un altro aspetto della forbice che disegna due Paesi.
Sempre il Mattino, nella sezione Macro, segnala il nuovo libro di Lorenzo Salvia il cui senso è uscire dalla crisi facendo leva sul patrimonio artistico del Belpaese: il brand esiste già e nell’anno dell’Expo la platea sarà planetaria, bisogna solo “monetizzarlo” sotto forma di turismo. È un’altra delle cose ripetute ieri dal governatore Pittella ai ragazzi dello scientifico. Ottime menti possono evitare la triste fuga di intelligenze e farle convergere in progetti innovativi da spendere in settori che sono eccellenze al Sud, dall’enogastronomia alla cultura. E Matera2019 può fare da traino. Il dato ripetuto è quel +8,7% del Pil regionale frutto delle entrate legate al turismo.
Il Quotidiano della Basilicata riporta i numeri da record della mostra su Pasolini chiusa ieri a Palazzo Lanfranchi dopo boom di visitatori che hanno richiesto più di una proroga.
Mentre, fra le testate locali, si segnala l’apertura della Nuova: l’Eni trasferisce a Viggiano 250 lavoratori siciliani, beffa per i tanti disoccupati lucani. Il titolo a tutta pagina – «Vengono a “rubarci” il lavoro» – racconta, aggiornandola, una guerra tra poveri in cui la controparte, un tempo, era composta dai migranti.
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