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Il tribunale di Cosenza

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CASALI DEL MANCO (COSENZA) – Lo scherzo telefonico di un dodicenne a un suo coetaneo innesca la ritorsione di quest’ultimo, ma a guidare la spedizione punitiva sono gli adulti. È la brutta storia, brutta e triste, accaduta domenica scorsa a Casali del Manco.

Tutto ha inizio quando il ragazzino, insieme a un gruppo di amici, decide di impegnare la mattinata con quella burla tutto sommato innocua: si spaccia per operatore della Tim e impegna per un po’ l’interlocutore in una conversazione strampalata finché l’altro riconosce la sua voce, borbotta qualcosa e interrompe la chiamata. Gli autori dello scherzo se la ridono, ma nessuno di loro immagina ciò che sarebbe accaduto nel pomeriggio.

Il gruppetto di adolescenti si ritrova come al solito in una villetta del paese quando intorno alle 17,30, arriva il dodicenne in questione accompagnato dai genitori. “Avvicinati che dobbiamo parlare” avrebbe detto rivolgendosi all’autore dello scherzetto, e lui si avvicina, ignaro di ciò che lo attende. Quello scherzo, infatti, non è andato giù al papà del ragazzo, un cinquantenne che, a un certo punto, avrebbe escogitato un modo tutto suo per pareggiare i conti: dapprima immobilizza il reo, afferrandolo per il collo, e poi si rivolge al figlio con parole ultratuonanti: “Se non lo picchi tu, appena torniamo a casa ti picchio io”.

Brutta storia, lo dicevamo. Perché il dodicenne offeso nell’orgoglio avrebbe poi eseguito per davvero quell’ordine, colpendo il suo coetaneo al volto, una e più volte. Bruttissima sì, ma non finisce qui. A un certo punto, infatti, la giovane vittima riesce a divincolarsi e ad abbozzare una fuga, ma il cinquantenne lo afferra nuovamente e lo riporta al cospetto del figlio, incitandolo a colpirlo ancora. Dopo aver ricevuto la seconda passata di botte il malcapitato riesce a darsela a gambe, si infila nei vicoli del paesino, bussa a una porta qualunque in cerca d’aiuto e trova infine riparo. Anche i quattro amichetti rimasti sul posto, testimoni silenziosi della scena, si disperdono e contattano i rispettivi genitori. In poche ore, la notizia fa il giro del piccolo centro casalino: la comunità è sconvolta, nessuno avrebbe mai immaginato che la violenza potesse esplodere così improvvisa, diventando addirittura sopraffazione.

Il ragazzino viene portato in ospedale, ha la faccia dolorante e i medici gli daranno poi otto giorni di prognosi. “Mi hanno picchiato”, in un primo momento sintetizza così la disavventura in cui è incappato, ma con il passare delle ore la sua lingua si scioglie e diventa molto più prodigo di dettagli. A quel punto i suoi familiari decidono di passare all’azione, e affidandosi all’avvocato Giuseppe Lanzino, presentano una denuncia in Procura, non a carico del ragazzino (minore di quattordici anni, dunque, non perseguibile), bensì contro i suoi genitori, tutti e due.

Nella querela, infatti, si chiede di valutare anche la condotta della moglie che, stando al racconto della parte offesa, non ha preso parte all’aggressione, ma inveiva contro di lui mentre gli “uomini” della famiglia passavano alle vie di fatto. Il pallino passa ora all’ufficio di Mario Spagnuolo chiamato ad approfondire fatti e circostanze, nella speranza che ci sia ancora spazio per un lieto fine. Nessuno dovrebbe mai dire a un padre come educare il proprio figlio, ma qualora i fatti fossero andati davvero così come li racconta quel ragazzino, un ripensamento da parte degli adulti coinvolti in questa vicenda sarebbe più che auspicabile.

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