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DELUSI da una classe politica ritenuta incompetente ed esibizionista, con il 72,4% che non si sente affatto ascoltato dalla politica, vedono nella democrazia diretta la soluzione all’attuale crisi di rappresentanza. Orgogliosi nel 74,9% dei casi di essere italiani, solo il 35,9% è orgoglioso invece dell’Italia, a causa dei pregiudizi e gli stereotipi che ancora resistono, come ad esempio è accaduto con la bocciatura del Ddl Zan, una “mancata conquista di civiltà” per un giovane su tre (33,5%). Sono aperti e inclusivi, vedono l’altruismo e il volontariato parti essenziali del loro stile di vita (70%) e guai a prospettare loro il “posto fisso”, a cui aspira soltanto uno su dieci, perché il lavoro “è da creare”, non da cercare, per il 59,5% degli intervistati.
È l’istantanea del decimo Rapporto di ricerca sui giovani italiani dell’Osservatorio “Generazione Proteo” della Link Campus University, condotto in partnership con Grandi Scuole fra 5mila studenti italiani 16-19enni rappresentativi dell’intero territorio nazionale.
I giovani sono desiderosi di mettersi alla prova: uno su tre vuole lavorare e studiare contemporaneamente. Consumatori consapevoli, attenti al rapporto qualità prezzo in un caso su due (49%), nel 36,8% dei casi vedono il co-living, ovvero la condivisione dell’abitazione, come modello abitativo del futuro, idoneo a contenere le spese (36,8%) e a costruire nuovi legami sociali (31,1%). La tutela dell’ambiente è una priorità per il 90% degli intervistati.
“È una generazione che rompe definitivamente gli indugi e, dinanzi a una società destrutturata, ormai sempre più povera di slanci, valori, relazioni e alla ricerca di un’identità, prende in mano le redini della situazione”. Sono “giovani consapevoli e risoluti che si auto-legittimano a protagonisti del presente”, afferma Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio.
Ragazzi che vogliono rigenerare la società, ammettendo tuttavia le proprie vulnerabilità: come il fatto di sentirsi molto meno preparati dopo due anni di Dad; di vivere un forte disagio psicosociale in un caso su tre (il 32,1%); e di temere di essere vittima di una baby gang (36,5%).
Un campanello d’allarme per la politica. E non solo
“L’interesse di questi giovani per la politica al suo “minimo storico” – sottolinea il condirettore della ricerca, Marica Spalletta – conferma una drammatica crisi della fiducia”. La curva ascendente del disinteresse, già registrata negli scorsi anni, tocca quest’anno il proprio picco: il 63,6% dei giovani si dichiarano “poco” (42,2%) o “per nulla” (21,4%) interessati alla politica, con un incremento complessivo di oltre 7 punti percentuali in tre anni”. Si sentono “poco” (23,3%) o “per nulla” (72,4%) ascoltati dalla politica. È proprio la classe politica, ritenuta incompetente (per il 28,6%), esibizionista (per il 25,2%), disonesta (per il 22%) e distante dai cittadini (per il 17,5%), ad averli allontanati, con un calo sensibile della loro fiducia rispetto a un anno fa. Il 67,5% dei giovani dichiara infatti che è peggiorata. Per il 52,4% la crisi della rappresentanza è alla base del sempre più diffuso astensionismo. Propensi a recarsi alle urne, con il 55,6% che ritiene il voto un dovere civico, il 34,2% auspica tuttavia un più ampio ricorso a strumenti di democrazia diretta, quale il referendum.
Lavoro flessibile il “must”
Le distanze non vengono prese soltanto dalla classe politica, ma da una società che va ripensata su tutta la linea: scuola, lavoro, inclusione. Sul banco degli imputati anche la mancanza di un’adeguata informazione, per un giovane su 4, il 24,2%, su temi delicati come il nucleare. Per circa sei giovani su dieci, il 59,5%, il lavoro va creato piuttosto che cercato, guardando alla professione autonoma (34,5%) e alle piattaforme digitali (33,6%). Distanti anni luce dal “posto fisso” difeso ad ogni costo nel celebre film di Checco Zalone, il 41,6% aspira a un modello di lavoro “continuamente rinnovato”. Soltanto uno su cinque (il 19,6%) vorrebbe un lavoro “unico per tutta la vita”.
La flessibilità contrattuale è l’obbiettivo per il 49,3%, elemento che per il 50,6% indica la possibilità di gestire in autonomia il rapporto tra tempo e guadagno, per il 30,5% la possibilità di preservare la propria autonomia e per l’11,8% l’assenza di vincoli.
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