Personale della Dia
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, a Roma e provincia, nella regione Lazio, a Reggio Calabria e nella regione Calabria, la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia – che dispone misure cautelari nei confronti di 43 persone. Nell’ambito di questa inchiesta c’è anche un filone calabrese con 29 persone in carcere e 5 ai domiciliari.
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Completamente sono 77 gli arresti nell’ambito dell’operazione che ha portato Dia e Carabinieri a colpire la cosca di ‘ndrangheta Alvaro che aveva collegamenti a Roma. La Dia della capitale, su mandato della locale Dda, ha eseguito 43 arresti, mentre 34 (29 in carcere e altri 5 ai domiciliari) sono stati eseguiti dai carabinieri di Reggio Calabria su disposizione della Dda della città calabrese.
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Tra i reati contestati nell’operazione denominata “Propaggine”, a vario titolo, anche quello di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso (416bis ), che avrebbe portato alla costituzione di una locale di ‘ndrangheta, radicata sul territorio della Capitale, finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori (tra i quali ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti), facendo poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività.
L’arresto del sindaco
Nell’inchiesta è coinvolto il sindaco di Cosoleto, Comune del Reggino, Antonino Gioffré il quale è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta. Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa dal gip su richiesta della Dda reggina contro la cosca Alvaro-Penna di Sinopoli.
L’indagine è collegata a quella della Dda di Roma. Nel filone calabrese, 29 persone sono finite in carcere e 5 ai domiciliari. Gioffré è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato.
Secondo gli inquirenti, l’organizzazione ‘ndranghetista avrebbe commesso delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe.
Il legame tra la Calabria e Roma
La cosca Alvaro di Sinopoli aveva dato vita a Roma a un vero e proprio “Locale” di ‘ndrangheta, una vera e propria articolazione del clan, che rappresenta un distaccamento autonomo, del sodalizio radicato a Sinopoli e Cosoleto. Secondo gli inquirenti è emersa «un’immagine nitida dell’esistenza di una propaggine romana» oggetto di indagine da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, connotata da un’ampia autonomia nella gestione delle attività illecite, pur nella permanenza di uno stretto legame con la casa madre sinopolese, interpellata per la soluzione di situazioni di frizione tra i sodali romani o per l’adozione di decisioni concernenti l’assetto della gerarchia criminosa della capitale. La stessa costituzione del distaccamento romano sarebbe stata autorizzata dai massimi vertici della ‘ndrangheta, operanti in Calabria.
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